TUBAS, CISGIORDANIA OCCUPATA – È ricominciato domenica mattina l’assedio a Tubas e Aqaba, nel nord della Cisgiordania occupata. Il rumore dei droni è continuo, le strade sono vuote, i negozi chiusi. I militari hanno occupato alcune case e le hanno trasformate in caserme, mentre continuano a perquisire abitazioni in varie parti della città. Il coprifuoco è nuovamente in vigore. La popolazione aveva appena ricominciato a vivere normalmente, dopo quattro giorni di occupazione [1] militare che aveva comportato la detenzione di almeno 200 persone, il ferimento di 70, la perquisizione di circa 500 abitazioni e il danneggiamento di infrastrutture civili, soprattutto nella cittadina di Tamun. Nel frattempo, attacchi contro la popolazione sono in corso in tutta la Cisgiordania, tra arresti, perquisizioni e detenzioni di civili.
La nuova aggressione israeliana è la seconda parte dell’Operazione Five Stones, le Cinque Pietre, che rappresentano i villaggi presi di mira: Tamun, Tayasir, il campo profughi di al-Faraa e le città di Aqaba e Tubas. Luoghi dove, per Israele, rischia di insediarsi il “terrorismo”, ossia la resistenza armata palestinese. Un’operazione “preventiva”, secondo il comunicato rilasciato dalle IDF e dallo Shin Bet. I palestinesi, invece, la identificano come una scusa per continuare il loro progetto di annessione territoriale, partendo dal nord e dal sud della Cisgiordania. Tubas è la porta d’accesso alla Valle del Giordano, una delle zone più ambite dagli israeliani, dove la pulizia etnica è già in uno stadio molto avanzato. Solo dal 7 ottobre 2023 sono quasi 100 le comunità beduine palestinesi che sono state forzate a lasciare la propria terra nell’area, che rappresenta circa il 30% della Cisgiordania.
Ieri, lunedì 1° dicembre, i militari hanno lasciato dei volantini agli abitanti di Tubas, con un testo che è una chiara minaccia nei confronti della popolazione. All’interno esplicitano infatti i loro piani i causare danni alla popolazione della città: “La vostra zona è diventata un rifugio per il terrorismo. Le forze di sicurezza israeliane non accetteranno in alcun modo questa situazione e agiranno con forza e determinazione contro il terrorismo. E se non prenderete l’iniziativa di cambiare questa realtà, allora agiremo con determinazione, come abbiamo fatto a Jenin e Tulkarem“. Il riferimento è alle due città del nord i cui campi profughi sono chiamati “le piccole Gaza [2]della Cisgiordania”, per via della distruzione massiva di migliaia di case, strade, infrastrutture. Almeno 40 mila le persone sfollate [3] da ormai dieci mesi dai campi profughi di Tulkarem e Jenin, tuttora occupati dalle IDF. Le quali continuano, “invitando” alla delazione, “chiunque trasporti, nasconda o conosca la posizione di armi e non lo segnali è considerato un diretto partecipante in azioni terroristiche, anche se le armi non appartengono a lui. Per la sicurezza vostra e della regione, segnalate immediatamente eventuali armi nascoste o terroristi che si muovono nelle vostre vicinanze.”

Nella mattina di oggi, la casa del prigioniero Ayman Ghanem, nella città di Aqaba, è stata distrutta dai bulldozer israeliani, in una chiara azione di vendetta verso la famiglia del detenuto. Intanto, nel resto deti territori occupati, due [4] ragazzi sono stati uccisi dai militari israeliani nel giro di poche ore questa mattina. Si tratta del 18enne Mahmoud Asmar, morto a seguito delle ferite da arma da fuoco riportate a Umm Safa (nord di Ramallah) e del 17enne Muhammad al-Zughai, ucciso a Hebron. Il corpo del giovane Asmar è stato sequestrato dall’IDF.
Attacchi in tutto il territorio
Mentre l’attenzione sulla Palestina cala in tutto il mondo, la violenza d’Israele sembra dunque colpire con sempre più forza in Cisgiordania occupata: solo ieri, oltre l’operazione in corso a Tubas e Aqaba, i militari di Tel Aviv hanno occupato alcune case a Jenin [5] e a Al-Zawiya (ovest di Salfit), sfollando [6] gli abitanti per renderle postazioni militari, e ha perquisito le abitazioni. Nella mattinata, forze dell’IDF hanno invaso in gran numero i villaggi di Beit Fajjar e al-Ubeidiya nel governatorato di Betlemme, detenendo 44 palestinesi [7] e interrogandoli prima di rilasciarli. Altri 11 i palestinesi rapiti [8] dalle loro case e interrogati in due villaggi nella periferia di Ramallah. WAFA riporta inoltre di danneggiamenti e furti all’interno delle abitazioni. Nella stessa giornata le IDF hanno fatto irruzione [9] nella sede dell’Unione dei Comitati di Lavoro Agricolo ad al-Bireh e di Hebron, hanno danneggiato le sedi e sequestrato diversi computer e documenti prima di imporre ordini di chiusura militare sul cancello. Almeno 5 feriti nei tafferugli scoppiati nel quartiere a causa del grosso dispiegamento dei militari, tra cui due bambini colpiti da proiettili di gomma. Questa misura arriva nel mezzo di una continua escalation contro le istituzioni che operano nel settore agricolo e nei servizi alla comunità, che svolgono un ruolo fondamentale nel rafforzare la resistenza degli agricoltori e delle comunità rurali in tutte le province. Le autorità israeliane ieri hanno poi emesso un ordine di demolizione contro la scuola Khallat Umayra a est di Yatta, che ospita 54 studenti dalla scuola materna alla quarta elementare, e a una casa nella stessa zona.
Ma non è finita qui: sempre lunedì, alcuni coloni israeliani hanno rubato [10] un trattore agricolo a un agricoltore palestinese a ovest di Gerico, mentre stava arando la sua terra. Il furto è avvenuto sotto la protezione dell’esercito israeliano e il mezzo è stato trasferito in un avamposto illegale vicino al monte Quruntul. Nelle stesse ore, a sud di Yatta altro coloni armati provenienti dall’illegale settlement di Susiya, protetti dall’esercito hanno sradicato 850 olivi e viti [11], distrutto il contenuto di un locale agricolo e vandalizzato recinzioni di filo spinato. infine altri coloni hanno fondato un nuovo avamposto illegale a est di Mikhmas, nei pressi di Gerusalemme, installando [12] case mobili sui terreni appena occupati. Le forze armate israeliane hanno protetto l’azione, dispiegandosi nele strade e nei quartieri per impedire ai palestinesi di protestare contro il nuovo furto di terre.
Queste forme di repressione sono usuali in Cisgiordania, dove esercito e coloni continuano con la loro studiata violenza per forzare i palestinesi ad andarsene minando a tutte le loro forme di sostentamento e di organizzazione sociale. A coronare il tutto, la notizia recente della promozione a ruolo di vice-commissario del comandante dell’Unità speciale della polizia di frontiera responsabile dell’esecuzione dei due palestinesi a Jenin pochi giorni fa. Il video [1] dei due uomini giustiziati nonostante le mani in alto in segno di resa, ha fatto il giro del mondo. È stato Ben Gvir in persona a consegnargli la promozione, che sembra essere stata consigliata dai vertici militari. Un chiaro gesto che certifica non solo l’impunità che le classi dirigenti israeliane assicurano ai propri bracci armati, ma un diretto sostegno ad azioni che violano apertamente il diritto internazionale.