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Israele: nuova violenta invasione nella Cisgiordania occupata, palestinesi giustiziati

TULKAREM, PALESTINA OCCUPATA – Nella notte tra il 25 e il 26 novembre scorso è iniziata una nuova, massiccia e violenta operazione militare nel nord della Cisgiordania occupata. Le città di Tubas, Tamun e Aqaba sono state isolate, le strade bloccate con quintali di terra portati dai bulldozer israeliani. Droni ed elicotteri Apache sorvolano la zona, mentre i soldati di Tel Aviv perquisiscono decine di case e interrogano uomini, donne e minori. Almeno 30 famiglie sono state mandate via dalle proprie case, occupate e vandalizzate dai soldati d’Israele che le stanno utilizzando come caserme militari. Mentre arrivano le immagini di civili palestinesi uccisi a sangue freddo dai soldati israeliani dopo essere stati fatti inginocchiare. In un comunicato congiunto, lo Shin Bet e l’esercito israliano (IDF) lo definiscono un attacco preventivo, come sempre giustificato come una «risposta alla volontà dei gruppi armati palestinesi di stabilire una presenza nell’area». Il governatore di Tubas, Ahmad Al-Assad, ritiene che in realtà Israele usi i raid «per forzare più palestinesi ad andarsene» impiegando la scusa dell’antiterrorismo, sottolineando [1] anche come la città sia la porta d’accesso alla Valle del Giordano, una delle zone più colpite dalla pulizia etnica israeliana negli ultimi decenni.

Durante l’invasione della città, i soldati israeliani di occupazione hanno aggredito un palestinese nella città di Tammun, a sud di Tubas, nella Cisgiordania occupata.

Sarebbero almeno [2] 162 i palestinesi portati in carcere (tra loro anche Samir Basharat, il sindaco di Tamun, poi rilasciato) e 70 i feriti. L’operazione si è estesa al campo profughi di Al Faraa all’alba di oggi, 28 novembre. Fonti sul campo riportano che le truppe israeliane si sarebbero ritirate dalla cittadina di Tamun, lasciando una grossa distruzione alle infrastrutture e alle proprietà. Continua invece l’incursione nelle città di Tubas e Tayasir, dove molte famiglie palestinesi sono state sfollate dalla proprie abitazioni, occupate dell’IDF per essere utilizzate come basi.

È stato imposto il coprifuoco, mentre decine di cecchini sono tuttora appostati sui tetti delle abitazioni più alte. Il sindaco di Tubas, Mahmoud Daraghmah, ha denunciato [3] anche che nella giornata di mercoledì le IDF hanno sparato contro la popolazione dagli elicotteri militari e le stesse IDF hanno confermato che le loro forze aree hanno colpito più volte per isolare la zona prima dell’ingresso delle truppe di terra. «Sembra che si tratterà di una lunga incursione» ha detto Ahmed Al-Assad, giudicando il grosso dispiegamento di forze sul campo e l’occupazione di molte abitazioni.

Già lo scorso febbraio i militari israeliani avevano condotto un’operazione su larga scala nel campo profughi di Faraa, a sud di Tubas, distruggendo decine di case, strade, infrastrutture idriche ed elettriche e sfollando centinaia di abitanti. A differenza dei campi profughi di Tulkarem e di Jenin, occupati da ormai quasi 10 mesi e con oltre 40 mila persone sfollate, il campo rifugiati di Faraa era poi stato abbandonato dall’IDF dopo 10 giorni. Sempre in nome dell’antiterrorismo, Israele continua a emettere ordini di demolizioni di case e strutture palestinesi nei campi profughi deserti di Jenin e Tulkarem: l’ultimo è stato un ordine di demolizione per 12 strutture nel campo [4] rifugiati di Jenin, insieme a un ordine di parziale demolizione di altre 11 case. Motivi militari, dicono. Questi ordini dovrebbero essere eseguiti a partire da oggi, 28 novembre, e rappresentano una nuova svolta negli sforzi volti a rimodellare la topografia all’interno dei campi, già semi-distrutti dalla lunga invasione israeliana.

Intanto da Jenin arriva un video che testimonia l’ordinaria brutalità dell’esercito di occupazione israeliano. Nel video si vede una ruspa che sfonda una saracinesca, i militari di Tel Aviv intorno. Due uomini escono, le mani alzate, e sollevano la maglietta per mostrare che non hanno armi. I soldati israeliani li fanno inginocchiare, rientrare nella specie di garage dove si trovavano, e aprono il fuoco. Una esecuzione a sangue freddo, per la quale Ben Gvir, il ministro della sicurezza di estrema destra israeliana, si congratula, mostrando ancora una volta il pensiero della politica israeliana. «Hanno agito (le IDF, ndr) esattamente come ci si aspettava da loro: i terroristi devono morire!». I due palestinesi uccisi si chiamavano Al-Muntasir Billah Abdullah, di 26 anni, e Youssef Asasa, di anni 37.

Non sono le uniche vittime. Almeno altri due giovani uomini sono stati uccisi a Nablus e a Jenin, l’uno a poche ore di distanza dall’altro tra il 24 e il 25 novembre. Entrambi erano ricercati dall’antiterrorismo, ed entrambi i corpi sono stati sequestrati dai militari israeliani. Nonostante – sembra – fossero le ultime due persone ricercate dall’intelligence israeliana, Tel Aviv continua ad arrestare, sfollare e uccidere palestinesi in nome della guerra alla violenza armata. Mentre il numero di palestinesi uccisi in Cisgiordania dal 7 di ottobre continua a crescere, non si fermano nemmeno gli assalti dei coloni, che attaccano quotidianamente i villaggi palestinesi da nord a sud della Cisgiordania.

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Moira Amargi

Moira Amargi esiste ed è una persona specifica, ma il nome è uno pseudonimo, usato quando pubblica report sulla Palestina o dall'interno di cortei e momenti di conflitto sociale a rischio repressione. È corrispondente per L'Indipendente dal Medio Oriente e dai Territori Palestinesi occupati.