I rappresentanti permanenti presso il Consiglio dell’Unione Europea (Coreper) hanno dato il primo via libera alla posizione negoziale sul regolamento noto come Chat Control, pensato per contrastare gli abusi sessuali su minori online. Il voto, svoltosi a Bruxelles il 26 novembre 2025, ha registrato l’astensione dell’Italia, che ha espresso preoccupazioni sulla tutela della privacy e sulla sicurezza delle comunicazioni cifrate. La prossima tappa è il voto decisivo del Consiglio UE l’8 e 9 dicembre.
Il regolamento [1] – formalmente chiamato Regulation to Prevent and Combat Child Sexual Abuse (CSAR) – aveva suscitato sin da subito polemiche per la parte più controversa: la scansione automatica di messaggi, foto, video e allegati nei servizi di messaggistica, anche quando protetti da crittografia end-to-end. Il meccanismo avrebbe comportato l’impiego di un software incaricato di analizzare i messaggi di tutti i cittadini europei, aggirando le garanzie della crittografia e segnalando automaticamente alle autorità i contenuti ritenuti sospetti in materia di abusi sui minori. Da anni, le agenzie di sicurezza chiedono un accesso esteso alle comunicazioni digitali per contrastare la criminalità e questa impostazione comprimerebbe in modo strutturale il diritto alla privacy. Lo stallo, in atto da oltre due anni dalla presentazione della proposta della Commissione europea nel maggio 2022, è stato superato grazie alla scelta [2] della presidenza danese di attenuare l’impianto normativo, eliminando dal testo l’obbligo di scansione generalizzata dei messaggi, uno dei passaggi più contestati. La modifica ha evitato la ricostituzione della minoranza di Paesi contrari, che il 9 ottobre 2025 aveva già determinato il rinvio del voto. La Germania aveva guidato il fronte del “no”. Insieme a Berlino si erano schierati anche Austria, Olanda, Finlandia, Polonia e Repubblica Ceca, mentre altri Paesi, incerti o divisi al loro interno, avevano preferito non esporsi.
Nella nuova bozza i controlli non sarebbero più imposti in maniera indiscriminata, ma lasciati alla discrezionalità dei singoli fornitori di servizi nella progettazione e nell’attuazione delle difese digitali a tutela dei minori, introducendo una “facoltatività”. L’articolo 4 del nuovo impianto normativo impone alle piattaforme l’adozione di «misure appropriate di mitigazione del rischio», senza però definire un elenco puntuale e vincolante degli strumenti da utilizzare. La revisione della norma non ha dissipato tutte le perplessità: secondo chi critica il provvedimento, questo compromesso rappresenta solo un adeguamento formale, destinato a rendere legittima una forma di sorveglianza di massa. Tra le ipotesi più controverse figura l’introduzione dell’obbligo di verifica dell’età: qualora il Chat Control venisse approvato, sarà probabile dover trasmettere i propri documenti alle piattaforme per aprire un profilo di messaggistica, un account di posta o accedere a servizi cloud. Una misura che di fatto sancirebbe la fine dell’anonimato online, seguendo un modello già previsto da febbraio per l’accesso ai siti pornografici [3].
L’astensione dell’Italia indica una riserva circa qualsiasi forma di controllo generalizzato delle comunicazioni private, sia da parte dello Stato sia dei soggetti privati. Roma ha chiesto garanzie concrete: secondo Palazzo Chigi, la presidenza danese dovrebbe garantire un approfondimento serio sulle conseguenze per la privacy e la protezione delle comunicazioni cifrate. Con l’astensione, l’Italia sembra voler salvaguardare il principio della segretezza delle comunicazioni e la tutela dei diritti digitali, senza però bloccare del tutto l’avanzamento del dossier, scelta che in ambienti politici e tecnici viene letta come un equilibrio precario tra sicurezza e libertà. Il via libera non rende immediatamente operativo il Chat Control, ma apre la strada alla fase finale dei negoziati tra Parlamento Europeo, Commissione e Consiglio. Durante il cosiddetto trilogo, le parti tenteranno di trovare un compromesso definitivo sui punti ancora oscuri: le modalità di scansione, la tutela delle comunicazioni criptate, la reale portata del potere delle piattaforme e le garanzie per la privacy di cittadini e utenti. Se il testo dovesse essere approvato, le conseguenze sarebbero rilevanti: milioni di utenti rischierebbero di vedere le proprie chat sottoposte a verifica preventiva, indipendentemente da sospetti concreti.