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L’Iran è alle prese con la peggiore siccità degli ultimi decenni

L’Iran è senz’acqua. Da settimane il Paese sta affrontando una siccità senza precedenti, che analisti e commentatori descrivono come la peggiore degli ultimi sessant’anni. La situazione risulta particolarmente critica nella capitale Teheran, ma la scarsità di piogge e le difficoltà nell’approvvigionamento di acqua stanno interessando pressoché tutte le province. In generale, dall’inizio dell’autunno, le precipitazioni nel Paese sono diminuite dell’82,8%; a Teheran sono caduti solo 1,1 millimetri di pioggia. Per far fronte all’emergenza, le autorità stanno adottando diverse misure, dal razionamento dell’acqua all’inseminazione delle nuvole, ma per ora hanno ottenuto scarsi risultati. La situazione risulta talmente critica che sui social è iniziata a emergere la teoria che i Paesi vicini “ruberebbero le nuvoledall’Iran, ipotesi che i media ufficiali sono stati costretti a smentire pubblicamente. C’è chi invece propone misure drastiche, come l’evacuazione dell’intera Teheran e lo spostamento provvisorio della capitale.

Salvo qualche caso sporadico, da ormai inizio autunno, le sole province iraniane a ospitare precipitazioni sono quelle settentrionali e nordorientali; le altre province hanno registrato picchi di riduzione delle precipitazioni superiori al 100%, tanto che, fino al 7 novembre, 20 delle 31 province iraniane non avevano ancora visto una goccia d’acqua. Le prime piogge diffuse sono arrivate solo lo scorso 10 novembre, per poi ripetersi tra il 15 e il 17 novembre. Nonostante ciò, l’Istituto Meteorologico iraniano ha precisato ai media governativi [1] iraniani che non avrebbero avuto «un impatto significativo sull’approvvigionamento idrico», stimando che il recupero delle risorse perse avrebbe richiesto un periodo «anche superiore a una stagione o un anno». Come anticipato, le precipitazioni novembrine non hanno realmente mitigato la situazione: secondo l’ultimo bollettino generale dell’Istituto Meteorologico Nazionale iraniano, ripreso da media ufficiali e semi-ufficiali [2], al 17 novembre, 18 province registravano una riduzione delle precipitazioni superiore al 95%; quelle in cui la situazione risulta più sotto il controllo registravano cali tra il 40% e il 65%, mentre nella provincia di Teheran la diminuzione si attestava al 96,9%. Nei dieci giorni successivi, non è piovuto.

La mancanza di piogge ha causato in primo luogo una crisi nell’approvvigionamento di acqua, portando allo svuotamento delle risorse disponibili. Secondo l’Istituto [3] meteorologico 28 tra le maggiori dighe del Paese hanno meno di 30 milioni di metri cubi d’acqua, e pare ormai inevitabile diminuirne l’erogazione nelle case. A Teheran i cittadini lamentano tagli improvvisi alla rete idrica, fenomeno che già a inizio novembre veniva descritto dagli stessi media governativi [4] come all’ordine del giorno. Sempre nella capitale, luogo dove la crisi idrica risulta più marcata, le risorse disponibili sono diminuite di oltre la metà, mentre oltre il 40% delle zone umide del Paese ha subito fenomeni di essiccazione, e una parte significativa degli ecosistemi acquatici si trova ora in condizioni critiche. «L’essiccazione di queste aree ha portato all’espansione di centri attivi di polvere e sabbia nelle regioni centrali, orientali e meridionali del Paese, tanto che oltre 8 milioni di ettari di terreni in Iran sono esposti a erosione e desertificazione eolica grave», sostengono i rapporti [5] dell’Istituto per la Protezione dell’Ambiente iraniano.

La crisi idrica ha costretto le autorità a correre ai ripari, chiedendo aiuto a Paesi vicini come la Turchia, disponendo l’invio di scorte d’acqua a Teheran tramite autocisterne, riabilitando [6] pozzi, studiando [7] metodi per ridurre i consumi idrici nei settori domestico, industriale e agricolo, e tentando di applicare tecniche di inseminazione [8] delle nuvole per fare piovere artificialmente; pare tuttavia che la continua siccità abbia impedito [9] un uso diffuso di tali tecnologie. C’è chi addirittura ha affermato che potrebbe essere necessario evacuare Teheran; il presidente Pezeshkian [10] ha invece affermato che, se ci fossero le disponibilità economiche, risulterebbe più efficace spostare direttamente la capitale per un periodo limitato. Secondo Mohsen Ardakani [11], Amministratore delegato dell’Ufficio idrico e delle acque reflue di Teheran, per risolvere la crisi servirebbe implementare le infrastrutture per l’approvvigionamento idrico anche mediante l’uso di sistemi di controllo intelligenti, migliorare i bacini idrici per la sostenibilità e costruirne di nuovi, installare dispositivi di risparmio energetico nelle abitazioni e ridurre i consumi dei cittadini almeno del 20%.

In una situazione come quella iraniana, individuare le cause della siccità non è facile. Sui social si è diffusa quella che sui media ha preso il nome di “teoria del furto di nuvole”, secondo cui i Paesi vicini “devierebbero” le nuvole iraniane nel proprio territorio per “rubare la pioggia”. L’ipotesi è stata smentita dal capo dell’Istituto per lo sviluppo e lo sfruttamento delle tecnologie idriche iraniano, ma è finita per avere una tale risonanza mediatica da venire ripresa dai media governativi [12] e da commenti di analisti, per evidenziare la situazione critica in cui versa il Paese. Le spiegazioni delle cause della siccità da parte degli esperti sono molto più complesse, e prendono in analisi diversi fattori: in primo luogo il fatto che, in generale, l’Iran è un Paese soggetto a temperature alte e clima arido, con forti e ricorrenti variazioni; lo stesso caso di quest’anno, per quanto più grave di quello degli anni precedenti, è solo l’ultimo di una lunga serie di periodi di siccità. L’istituto meteorologico sostiene che questo sarebbe il sesto anno di siccità consecutivo.

Ai problemi geografici, si aggiungono gli elevati consumi di acqua da parte del settore agricolo e di quello energetico: secondo le varie stime, l’agricoltura consuma tra l’85% e il 90% delle risorse idriche, mentre gli impianti petrolchimici e di raffinazione – su cui il Paese punta da anni – risultano particolarmente idrovori. Già in passato [13], la costruzione di nuove raffinerie era stata rallentata a causa della scarsità d’acqua per i sistemi di raffreddamento. Oltre a ciò, ci sono i problemi degli impianti di approvvigionamento, spesso obsoleti e inefficienti: a Teheran il 60% dell’acqua è erogata da pozzi, e i sistemi di distribuzione perdono circa il 22% della quantità di acqua che erogano; i problemi della rete idrica sono stati accentuati dalla “Guerra dei Dodici Giorni [14]” con Israele, in cui alcune delle infrastrutture sono state danneggiate. Altri analisti, come Kaveh Madani [15], ex vice capoufficio del ministero dell’Ambiente iraniano ed esperto nello studio delle acque presso l’ONU, sostengono che il problema dell’acqua sia dovuto anche alla malagestione della politica, che avrebbe trattato la risorsa come un «bene illimitato», portando a quella che nel Paese viene definita «bancarotta idrica». In Iran, spiega Madani, i consumi sono superiori alle attività di recupero, e questo con gli anni ha comportato una perdita della risorsa.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.