Sabato 15 novembre è comparso a Cesena, per la prima volta in Italia, uno strano autobus. È un mezzo più piccolo del solito, con appena otto posti a sedere, e ha una forma curiosamente arrotondata: si fa quasi fatica a distinguere la parte anteriore da quella posteriore, visto che non esiste un vero posto di guida. Sulla fiancata campeggia la scritta: «Qui viaggia il futuro». Si tratta del primo mezzo pubblico a guida autonoma arrivato in città, realizzato grazie al progetto [1] europeo Ginevra, un programma che punta a sviluppare nuove forme di mobilità intelligente nei comuni medio-piccoli di tutta Europa. L’autobus “robot” sta portando avanti una sorta di tournée dimostrativa nel continente: prima di Cesena ha fatto tappa a Varaždin, in Croazia, e tra poche settimane proseguirà verso la Germania. Durante il fine settimana, gli abitanti della città romagnola sono stati invitati a salire a bordo e a provare un breve giro all’interno di un parcheggio completamente chiuso al traffico.
Nel resto del mondo

Premessa necessaria: quando si parla di guida autonoma è sempre meglio maneggiare i numeri con grande cautela. Le aziende che sviluppano sistemi di self-driving sono costantemente alla ricerca di investimenti e non è raro che i loro report assumano toni ottimistici, spesso più vicini al marketing che alla cronaca tecnica, allo scopo di attrarre nuovi capitali e finanziamenti pubblici. Nonostante ciò, un dato resta evidente: negli Stati Uniti e in Cina le auto a guida autonoma circolano davvero, da anni, mentre in Europa siamo ancora fermi ai progetti pilota. I numeri sono ancora contenuti, ma stanno crescendo rapidamente. È importante chiarire che non parliamo di auto private a disposizione dei cittadini, bensì di robotaxi: veicoli a guida autonoma gestiti da aziende private. Negli Stati Uniti a farla da padrone nella messa in strada è Waymo, la società di Alphabet (Google). Il servizio ha superato i duemila veicoli autonomi in circolazione in città come Phoenix, San Francisco, Las Vegas e Miami, con piani di espansione che coinvolgono una ventina di nuove aree urbane. Negli ultimi anni, l’azienda ha dichiarato [2] di aver completato oltre quattro milioni di corse senza conducente, arrivando a gestire centinaia di migliaia di viaggi ogni settimana.
Sul fronte Tesla, invece, la scommessa riguarda il futuro. Il consiglio di amministrazione ha approvato un pacchetto di compensi potenzialmente colossale per Elon Musk: una cifra che potrebbe arrivare fino a mille miliardi di dollari subordinata al raggiungimento di obiettivi estremamente ambiziosi. Tra questi, figura anche la vendita di un milione [3] di robotaxi.
Anche la Cina non resta indietro. Qui il governo, oltre a investire nella ricerca e nello sviluppo delle tecnologie “in laboratorio”, ha finanziato la creazione di aree pilota: interi distretti urbani che sono stati riconvertiti con segnaletica, strade e sensori pensati apposta per la guida autonoma. Il risultato è che l’azienda Baidu, con la sua piattaforma Apollo Go, la principale nel Paese, ha già messo in strada circa mille robotaxi, operativi in oltre venti città, fra cui Pechino, Wuhan e Shenzhen con centinaia di migliaia di corse [4]effettuate ogni settimana e oltre 17 milioni di viaggi complessivi.
Sul fronte degli incidenti con i veicoli a guida autonoma, il quadro è complesso e ancora in piena evoluzione, ma alcuni elementi critici cominciano a delinearsi. Dal 2019 al 2024, negli Stati Uniti, sono stati registrati circa quattromila incidenti che coinvolgono auto robot; i dati [5]più recenti indicano un tasso di circa 9,1 incidenti per milione di miglia percorse, contro i 4,1 per milione della guida umana. Tra gli aspetti positivi, invece, c’è la lieve entità degli incidenti a guida autonoma (si tratta in molti casi di piccoli tamponamenti o uscite di strada a bassa velocità) e il fatto che, col progredire della tecnologia, la situazione non possa che migliorare.
Annunci Europei

Cosa succede invece in Europa? Qui non si è ancora andati oltre la guida autonoma di livello 3: quella in cui il veicolo utilizza i sensori per aiutare il conducente a mantenere la velocità corretta, restare nella corsia o effettuare alcune manovre in autonomia, ma sempre richiedendo che il guidatore resti vigile e pronto a riprendere il controllo. È una tecnologia avanzata, ma molto diversa dalla guida autonoma di livello 4 (che in Europa ancora non esiste in forma commerciale), in cui il passeggero può davvero lasciare totalmente il comando al veicolo all’interno di aree operative predefinite.
A dominare la scena, per ora, sono soprattutto gli annunci. Waymo (Google) ha annunciato [6] l’intenzione di sbarcare nel Regno Unito nel 2026, iniziando con una fase pilota e puntando a lanciare un servizio di robotaxi nei mesi successivi. Stellantis ha annunciato [7] nuovi investimenti per sviluppare veicoli in grado di operare al livello 4. In Italia, 60 sindaci di diversi comuni hanno annunciato [8] di voler partecipare a una rete nazionale di sperimentazione della mobilità autonoma, immaginando i propri territori come laboratori dove testare futuri servizi robotaxi o navette senza conducente.
Tutto questo entusiasmo, però, si scontra con una realtà ben più rigida: l’Europa non ha ancora un quadro normativo uniforme per autorizzare servizi di livello 4 su strada pubblica. Le infrastrutture intelligenti sono diffuse solo in casi isolati e i test sono limitati e frammentati Paese per Paese. Così, mentre Cina e Stati Uniti mettono in strada migliaia di robotaxi, in Europa la guida autonoma resta confinata ai comunicati stampa, ai progetti pilota e a pulmini da otto posti da provare nei parcheggi durante il fine settimana.