Washington alza il livello dello scontro con Caracas. Per l’amministrazione Trump, Nicolás Maduro non è più soltanto un leader autoritario, ma il vertice di un’organizzazione terroristica straniera (FTO) legata al narcotraffico, il Cartel de los Soles che, secondo la Casa Bianca, funge da cerniera tra apparati statali venezuelani e reti criminali che convogliano cocaina verso Nord America ed Europa. La designazione è entrata ufficialmente in vigore lunedì e trasforma il dossier venezuelano in una questione di sicurezza nazionale, aprendo a sanzioni rafforzate e a un isolamento multilaterale più rigido, mentre l’opzione militare viene, per ora, formalmente rinviata, in attesa di un confronto telefonico tra il presidente americano e il leader venezuelano.
Le accuse della Casa Bianca [1] delineano un sistema integrato che coinvolgerebbe alte sfere militari, intelligence e funzionari del governo di Caracas, in un modello di potere che farebbe del narcotraffico una leva di controllo interno e di finanziamento esterno. Il 16 novembre, il Segretario di Stato, Marco Rubio [2], ha dichiarato su X che il Cartel de los Soles sarebbe «responsabile di atti terroristici» nell’emisfero occidentale. Secondo diversi esperti, però, la formula usata non può essere paragonata ai tradizionali cartelli criminali, come quelli in Colombia e Messico, ed è azzardato affermare che il presunto cartello sia guidato proprio da Maduro, perché manca di una gerarchia e di una struttura. «La decisione dell’amministrazione Trump di etichettare il cosiddetto “Cartel de los Soles” come organizzazione terroristica è profondamente problematica», ha spiegato Jenaro Abraham, politologo e professore di politica latino-americana alla Gonzaga University, in quanto «non funziona effettivamente come un cartello in alcun senso analitico significativo». Secondo altri analisti, tecnicamente, il cartello non esiste neppure nel senso convenzionale del termine. Per Phil Gunson [3], analista senior dell’International Crisis Group che vive a Caracas, il Cartel de los Soles è un’etichetta inventata dai giornalisti venezuelani. Della stessa idea, l’ex vicesegretario generale dell’ONU, Pino Arlacchi [4], che ha derubricato a «una grande bufala geopolitica» l’impostazione secondo la quale il Venezuela sarebbe un narco-Stato. «Stanno designando una cosa che non esiste e che non è un’organizzazione terroristica come tale», gli fa eco Brian Finucane [5], ex avvocato del Dipartimento di Stato specializzato nella questione dei poteri di guerra.
La nuova qualificazione di organizzazione terroristica straniera è una delle più gravi misure antiterrorismo del Dipartimento di Stato e consente agli Stati Uniti di colpire un perimetro più ampio, dando al presidente l’autorità di imporre nuove sanzioni su beni e infrastrutture di Maduro, anche se, sottolineano gli esperti legali, questa da sola non autorizza esplicitamente il ricorso alla forza letale. Parallelamente, la postura militare statunitense nei Caraibi segnala un innalzamento della soglia di deterrenza. Due bombardieri strategici B-52 Stratofortress (callname PAPPY11 e PAPPY12) sono decollati rispettivamente dalle basi di Barksdale, in Louisiana, e Minot, nel Nord Dakota, dirigendosi verso il bacino caraibico con transponder disattivati. Il dispiegamento è supportato da due tanker KC-135 Stratotanker partiti dalla Florida, a conferma di un’operazione pianificata e prolungata contro Caracas.
La strategia americana [6] si compone così di tre livelli: criminalizzazione del vertice politico venezuelano, compressione economico-finanziaria e pressione militare [7] calibrata. Sul piano interno, Caracas respinge le accuse e denuncia un tentativo di delegittimazione volto a giustificare nuove misure coercitive e a indebolire il consenso attorno a Maduro. Nell’area, governi e organismi multilaterali procedono con prudenza, timorosi di ricadute su rotte commerciali, sicurezza marittima e stabilità energetica. Il quadro resta fluido: secondo fonti dell’amministrazione statunitense citate da Axios [8], non sarebbe imminente un intervento militare diretto e sarebbe in fase di pianificazione una telefonata tra Trump e Maduro. «Nessuno ha intenzione di sparargli o di rapirlo, a questo punto» ha dichiarato un funzionario vicino al tycoon. «Non direi mai, ma non è questo il piano al momento».