Da quando è iniziato il cessate il fuoco a Gaza, il 10 ottobre [1] scorso, Israele ha compiuto 497 attacchi, violando la tregua e uccidendo almeno 342 palestinesi. È quanto afferma l’Ufficio Stampa del governo di Gaza, che ricorda come questi atti costituiscano una violazione delle norme del diritto internazionale e umanitario. Il rapporto non tiene conto delle violazioni commesse tra ieri e oggi, 24 novembre, perché pubblicato nella giornata di sabato. Israele insiste nell’attribuire la colpa dei suoi attacchi a presunte violazioni di Hamas, che avrebbe attaccato i soldati israeliani nella Striscia o attraversato la cosiddetta “Linea Gialla”, la linea di demarcazione dietro la quale i soldati israeliani dovrebbero rimanere stazionati. Hamas ha negato che tali violazioni siano mai accadute.
I numeri forniti dall’Ufficio si basano sulle ricostruzioni giornaliere di ospedali, giornalisti, e Protezione Civile gazawi, ma anche sulle testimonianze di civili, organizzazioni umanitarie, uffici di monitoraggio, e programmi di aiuto presenti a Gaza. Con il rapporto di sabato, l’Ufficio documenta le 497 violazioni che Israele avrebbe commesso nell’ultimo mese e mezzo di tregua classificandole per categoria: in 142 casi, scrive l’Ufficio, i soldati israeliani avrebbero sparato «direttamente» contro i civili palestinesi; in 21 casi i veicoli militari israeliani avrebbero oltrepassato la linea gialla; 100 sarebbero attacchi contro abitazioni e strutture civili; infine 228 sarebbero operazioni di bombardamento aereo o terrestre – mediante colpi di artiglieria o carri armati. Delle 497 violazioni, 27 sarebbero avvenute nella sola giornata di sabato, quando 24 palestinesi (inclusi numerosi bambini) sarebbero stati uccisi e altri 87 feriti. Nel suo comunicato, l’Ufficio condanna «fermamente le violazioni che l’occupazione israeliana continua a perpetrare contro i civili e le infrastrutture civili, in palese violazione di tutti gli obblighi legali e morali», e chiede al presidente Trump, ai Paesi mediatori, ai garanti dell’accordo e al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di «adottare misure serie ed efficaci per fermare questi attacchi, porre fine all’assedio in corso e far rispettare il cessate il fuoco e il protocollo umanitario».
Gli attacchi sono continuati sia domenica che oggi. Ieri, gli ospedali hanno affermato di avere ricevuto 23 corpi di palestinesi, 2 dei quali recuperati dalle macerie; a questi ultimi se ne sono aggiunti altri 8 nella giornata di oggi, trovati presso il campo di Maghazi, nel Governatorato di Deir al Balah, che hanno portato a 582 le salme di palestinesi rinvenute sotto i detriti. Sempre oggi sono stati segnalati casi di violenza in tutta la Striscia: nel Governatorato di Nord Gaza, Israele avrebbe scagliato attacchi aerei e colpi di artiglieria oltre la linea gialla della città di Beit Lahia, e ferito due civili a Jabaliya, colpendoli con colpi di arma da fuoco; a Gaza City, le Forze di Difesa Israeliane avrebbero ucciso un palestinese nei pressi del quartiere di Tuffah, a est della città, e fatto levare in aria i droni nell’area orientale della capitale; droni anche nel Governatorato di Khan Younis, nella città orientale di Bani Suheila, dove sarebbe stato ucciso un palestinese; sempre a est di Khan Younis sono stati segnalati colpi di artiglieria che avrebbero ucciso un’altra persona, mentre a sud del Governatorato i mortai non avrebbero fatto vittime. Attacchi, infine, anche a nordest di Rafah, il governatorato più a sud della Striscia, dove Israele avrebbe utilizzato elicotteri e carri armati.
Agli attacchi si aggiunge la situazione umanitaria che, nonostante il cessate il fuoco, rimane ancora critica. Nel fine settimana le varie agenzie dell’ONU come il Programma Alimentare Mondiale e l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente (nota come UNRWA) hanno lanciato diversi appelli, rimarcando la necessità di fare ripartire il sistema scolastico [2] per far fronte alla ormai incombente crisi educativa; le agenzie hanno poi sottolineato come, nonostante gli oltre 40 giorni di cessate il fuoco, l’accesso sicuro all’acqua [3] potabile rimanga ben lontano dall’essere garantito, e affermato che i cittadini soffrano ancora la mancanza [4] di cibo.