Una dieta ricca di alimenti ultraprocessati – dalle bevande zuccherate agli snack confezionati, passando per i pasti pronti – potrebbe aumentare in modo significativo il rischio di sviluppare polipi intestinali precursori del tumore al colon-retto a esordio precoce, noto come EOCRC (Early Onset Colorectal Cancer). A lanciare l’allarme è uno studio pubblicato su JAMA Oncology e condotto dai ricercatori del Massachusetts General Brigham su circa 30mila persone, che mostra come il consumo abituale di questi prodotti sia associato a un incremento concreto del 45% del rischio già prima dei 50 anni, in una fascia d’età dove i casi sono in preoccupante crescita. I risultati indicano che contenere il consumo di alimenti ultra-processati potrebbe rappresentare una strategia chiave per contrastare la crescita dei casi di cancro del colon-retto a esordio precoce, mettendo in luce come la qualità della dieta contemporanea giochi un ruolo probabilmente più rilevante e finora sottovalutato nella prevenzione di questa patologia.
Lo studio in questione, pubblicato su JAMA Oncology [1] e intitolato Ultraprocessed Food Consumption and Risk of Early-Onset Colorectal Cancer Precursors Among Women, ha seguito per 24 anni 29.105 infermiere statunitensi della Nurses’ Health Study II, nate tra il 1947 e il 1964, tutte sottoposte ad almeno un’endoscopia inferiore prima dei 50 anni. Le partecipanti hanno compilato questionari alimentari ogni quattro anni, consentendo di stimare il consumo medio di alimenti definiti “ultraprocessati”, come snack confezionati, bevande zuccherate, piatti pronti industriali, prodotti da fast food. In media, il 34,8% delle calorie giornaliere proveniva da questi prodotti, corrispondenti a circa 5,7 porzioni al giorno. Il dato più significativo è il seguente: le donne che consumavano più alimenti ultraprocessati presentavano un rischio di sviluppare adenomi convenzionali superiore del 45% rispetto a quelle che ne consumavano meno, anche tenendo conto di altri fattori che possono influenzare la salute. Per quanto riguarda, invece, le lesioni seghettate, non è stata rilevata un’associazione significativa. Un aspetto interessante dello studio è che l’associazione risulta “lineare”: «Più ultraprocessati si consumano, maggiore è la probabilità che si formino polipi», osserva il professor Andrew Chan.
Il messaggio è chiaro: ridurre il consumo di alimenti ultra-processati può aiutare a prevenire il tumore colorettale nei più giovani, puntando su scelte alimentari più consapevoli e su una dieta che protegga l’equilibrio dell’intestino. Non si tratta, però, di una dimostrazione di causa-effetto, ma di una forte correlazione in uno scenario osservazionale. I ricercatori spiegano che, sebbene la dieta rappresenti un fattore importante, non è l’unica spiegazione del fenomeno del tumore del colon-retto a esordio precoce. Il contesto è allarmante: in molti Paesi ad alto reddito si registra un aumento delle diagnosi di tumore colorettale tra gli adulti sotto i 50 anni, un fenomeno che non trova spiegazione esclusivamente nel miglioramento della diagnostica o nella maggiore sorveglianza. Le possibili ragioni meccaniche includono l’effetto combinato degli additivi, l’infiammazione intestinale, alterazioni del microbiota e un più basso consumo di fibre nei regimi alimentari dominati da prodotti ultraprocessati. Questo suggerisce la possibilità che la riduzione, e non necessariamente l’eliminazione totale, di questi alimenti possa avere un effetto protettivo.
Alla luce dei dati emerge che, oltre all’importanza di mantenere uno stile di vita sano (esercizio fisico regolare, peso corporeo adeguato, consumo di frutta, verdura e fibre), bisogna guardare con attenzione anche al “tipo” di alimenti che compongono la dieta quotidiana. Gli alimenti ultra-processati dovrebbero essere limitati, in particolare da chi ha altri fattori di rischio per il tumore colorettale, come familiarità, sovrappeso o diabete. È anche un invito alla politica sanitaria e alle campagne educative affinché promuovano la prevenzione, l’accesso e l’adozione di alimenti minimamente processati, specialmente nelle fasce di età più giovani. Infine, la sorveglianza clinica non va trascurata: ovunque vi siano sintomi come cambiamenti nelle abitudini intestinali, sangue occulto o perdita di peso inspiegabile, è opportuno rivolgersi al medico senza attendere che l’età “arrivi” alla soglia tradizionale dei 50 anni.