Da cinque giorni quattro operai dell’Eurallumina stanno trascorrendo giorno e notte a quaranta metri di altezza sul silo dello stabilimento di Portovesme, nel Sulcis, in una protesta estrema per ottenere risposte dalle istituzioni. I lavoratori, che sfidano il maestrale e le temperature rigide in un presidio permanente, chiedono lo sblocco dei fondi necessari alla ripartenza della fabbrica dopo sedici anni di fermo. Non è la prima volta che i lavoratori di Portovesme si mobilitano a causa della crisi dell’area industriale della regione: già nel 2023 altri operai erano rimasti in presidio sulla vetta di una ciminiera dell’azienda metallurgica per protestare contro il caro energia.
Le rivendicazioni economiche – i 10 milioni che i lavoratori considerano dovuti per legge e la promessa di investimenti fino a 300 milioni per riavviare la produzione – sono al centro del contendere. Il provvedimento che ha bloccato i beni in Italia della Rusal, multinazionale russa proprietaria dello stabilimento, ha di fatto paralizzato la prospettiva di riavvio dell’impianto, primo anello della filiera strategica dell’alluminio. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, tramite l’Agenzia del Demanio, è diventato il soggetto competente per la custodia e la gestione della fabbrica, spostando la soluzione del problema a livello nazionale. È in questo vuoto che si inserisce la disperata richiesta dei lavoratori. Enrico Pulisci, rappresentante dei lavoratori, ha spiegato le ragioni della mobilitazione, chiedendo al ministero e al governo di dare «subito risposte certe sullo stanziamento dei fondi». «Teniamo a precisare – ha aggiunto – che in questi 16 anni la Rusal ci ha messo 24 milioni all’anno. Esclusi gli ammortizzatori sociali, non siamo sovvenzionati da contributi pubblici».
A sostegno degli operai sono scese in campo anche le sigle sindacali Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil e Rsa Eurallumina, che in un comunicato [1] congiunto pubblicato negli scorsi giorni hanno ritenuto «paradossale» la «disparità di trattamento applicata all’Eurallumina rispetto ad altre aziende europee consociate della stessa UC RUSAL (in Svezia, Germania, Irlanda)», in cui i rispettivi esecutivi, pur aderendo al regime sanzionatorio, «hanno scelto di tutelare le imprese ritenute strategiche, mantenendole operative». In sindacati hanno inoltre evidenziato come la gestione finanziaria dello stabilimento, pari a oltre 20 milioni annui, sia stata «sostenuta sino a settembre 2025 dalla stessa Proprietà (RUSAL), mentre la normativa prevederebbe la gestione, anche finanziaria, da parte del C.S.F. tramite l’Agenzia del Demanio con fondi ministeriali».
Nella giornata di ieri si è registrato un primo timido segnale di movimento. La presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, ha infatti incontrato il ministro Giancarlo Giorgetti a Roma, e durante il colloquio è stato affrontato anche il caso Eurallumina. «Ci siamo confrontati con il ministro Giorgetti sulla situazione di Eurallumina – ha dichiarato [2] Todde -, ed è emerso che la volontà del MEF è di collaborare e di rimettersi al tavolo anche con l’azienda per capire come poter definire una direttrice che possa chiudere il contenzioso». La governatrice sarda ha portato ai lavoratori un messaggio di apertura: «Quello che porto a casa è un messaggio per l’azienda di riaprire immediatamente un tavolo condiviso con il MEF: c’è disponibilità e apertura per poter affrontare insieme il problema. L’invito all’azienda è quindi quello di non irrigidirsi perché c’è una volontà espressa dal governo, insieme ovviamente alla Regione, per poter trovare dei punti di caduta in tempi rapidi».
Non è la prima volta che gli operai di Portovesme attuano questo tipo di protesta. Era già successo [3] tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo 2023, quando quattro di loro si erano asserragliati sulla ciminiera dell’impianto Kss, a 100 metri di altezza, per denunciare il caro energia che stava portando alla fermata di quasi tutti gli impianti dello stabilimento. Dopo un’iniziale stop arrivato in seguito a rassicurazioni e promesse da parte del governo, la protesta si era riaccesa a fine marzo a seguito [4] della fumata nera di un vertice sulla vertenza presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, con gli operai che hanno deciso di installarsi sul tetto e incatenati ai tornelli dell’impianto a Portovesme.