Nel sud del Libano, ieri un carro armato Merkava ha aperto il fuoco contro una postazione della Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite (UNIFIL), distruggendo le telecamere di sorveglianza e danneggiando la torre di osservazione, mentre i caschi blu si riparavano a pochi metri dai colpi. L’episodio, denunciato dalla missione ONU, è stato immediatamente attribuito dalle forze israeliane alle «cattive condizioni metereologiche», indicate come causa di un errore di identificazione. La giustificazione non ha però convinto i peacekeeper, che parlano di una direzione di tiro inequivocabile e di un atto che mette nuovamente a rischio la loro sicurezza in un’area già segnata da mesi di escalation e di violazioni.
Secondo la versione fornita da UNIFIL in una nota [1], i colpi sarebbero stati esplosi da una posizione israeliana rivolta direttamente verso un osservatorio dell’ONU nel settore meridionale spagnolo vicino a Khiuam. I proiettili di mitragliatrice pesante hanno impattato a cinque metri dalla postazione, costringendo il personale a ripararsi. Le forze ONU hanno chiesto alle IDF di cessare il fuoco e sono riuscite a ritirarsi in sicurezza dopo circa mezz’ora, quando il carro armato si è allontanato. Non ci sono stati feriti, ma il gesto rappresenta una grave violazione delle regole d’ingaggio e della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza, cardine del fragile equilibrio che regola la linea di demarcazione. Le forze israeliane [2] hanno confermato la presenza del carro armato e l’apertura del fuoco, sostenendo che le condizioni di visibilità fossero compromesse dal maltempo. L’unità avrebbe scambiato la torretta ONU per un avamposto sospetto, reagendo in maniera “difensiva”, dopo aver avvistato due persone “sospette” nella zona di Hammis. UNIFIL ha contestato questa versione, sottolineando come la postazione fosse chiaramente contrassegnata e visibile anche in condizioni climatiche avverse. La missione ha, quindi, chiesto un’indagine approfondita, ribadendo la necessità che Israele rispetti le proprie responsabilità sulla sicurezza dei peacekeeper.
Il nuovo incidente ha suscitato immediata preoccupazione a livello internazionale, alimentando il timore che la situazione lungo il confine possa degenerare ulteriormente. Da settimane, la regione è teatro di scambi di artiglieria, bombardamenti mirati e operazioni di sorveglianza sempre più aggressive. A ciò si aggiunge la difficoltà operativa di UNIFIL, chiamata a vigilare su un cessate il fuoco che appare ormai solo formale. Solo pochi giorni fa, Beirut [3] aveva denunciato pubblicamente che le violazioni israeliane mettono a rischio la stabilità nel sud del Paese. Il rappresentante permanente libanese all’ONU, Ahmad Arafa, ha ribadito che tali azioni minano la sovranità e l’integrità territoriale del Libano e compromettono il lavoro delle autorità nazionali che tentano di estendere il controllo statale e ridurre l’influenza delle milizie. Il rapporto dell’esercito libanese, presentato al governo, denuncia oltre 7.000 violazioni dello spazio aereo dal cessate il fuoco dell’anno precedente e definisce tali attacchi «una manifesta violazione del diritto internazionale».
Dal riaprirsi della crisi regionale nell’autunno del 2023, UNIFIL ha denunciato più volte episodi simili. Nel corso del 2024, si sono registrati diversi casi di fuoco diretto contro pattuglie e basi ONU, inclusi ferimenti causati da colpi sparati da carri armati israeliani nei pressi di Naqoura. Nel 2025, la situazione è ulteriormente precipitata: droni israeliani hanno sganciato munizioni vicino ai caschi blu, mentre artiglieria e mezzi corazzati hanno più volte colpito aree dove operavano gli osservatori internazionali. In tutti i casi, Israele ha parlato di errori di valutazione o condizioni ambientali sfavorevoli, giustificazioni giudicate insufficienti e poco credibili dalla missione ONU. Le statistiche accumulate negli ultimi due anni suggeriscono un incremento costante delle violazioni e un progressivo restringimento dello spazio operativo di UNIFIL. Il 14 novembre, la missione [4] ha reso noto di aver condotto un’indagine geospaziale che ha individuato un muro in cemento eretto dalle IDF nell’area di Yaroun. L’inchiesta ha confermato che la struttura oltrepassa la Linea Blu, sottraendo oltre 4.000 metri quadrati di territorio al Libano. Nonostante le richieste dell’ONU, Israele avrebbe continuato a costruire muri anche a novembre, con nuove sezioni che sconfinano in territorio libanese. Il nuovo episodio di ieri si inserisce in una serie di attacchi e violazioni che, sommati alla pressione militare lungo il confine, rischiano di compromettere definitivamente il ruolo della forza ONU in uno dei fronti più instabili del Medio Oriente.