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Palestina: coloni bruciano una moschea, altri due ragazzini uccisi dall’IDF

AL KHALIL, PALESTINA OCCUPATA – Altri due ragazzini di quindici anni uccisi [1] dai militari dell’esercito israeliano, nuovi attacchi dei coloni su tutto il territorio della Cisgiordania. Continuano le violenze contro la popolazione palestinese in Cisgiordania occupata, dove solo ieri l’esercito di Tel Aviv ha aperto il fuoco contro due quindicenni nella cittadina di Beit Ummar, a nord di Al Khalil (Hebron), uccidendoli e sequestrando i corpi. Per Israele, stavano per commettere un atto terroristico, ma nessuna prova a supporto è stata fornita. La zona è stata dichiarata “zona militare chiusa”, e anche in questo caso alle famiglie è stato negato il funerale dei loro cari. Non si fermano nemmeno le violenze dei coloni, che nelle prime ore del mattino hanno dato fuoco alla moschea Hajja Hamida, a nord ovest di Salfit.

Sulle pareti della moschea i coloni hanno scritto slogan razzisti contro i palestinesi ed anche messaggi diretti al capo del Comando centrale dell’esercito israeliano (IDF), Avi Blot. «Non abbiamo paura di Avi Blot», «Ci vendicheremo di nuovo» e «Continuate a condannare», recitano le scritte in ebraico. I messaggi sono una risposta alla presa di posizione del comandante Blot, che aveva condannato il raid di tre giorni fa a Beit Lid, vicino a Tulkarem, dove decine di coloni incappucciati avevano dato fuoco a vari mezzi e infrastrutture, ferendo almeno quattro persone. «Così danneggiano gli insediamenti e lo Stato di Israele», aveva avvertito Blot. A Beit Lid, forse tra le prime volte, i militari erano intervenuti per allontanare i coloni, che avevano reagito danneggiando un mezzo dell’IDF. Forse per questo perfino il capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, il generale Eyal Zamir, aveva usato parole dure nell’accusare «una minoranza criminale oltrepassa la linea rossa» e aveva promesso di «agire con severità finché giustizia non sarà fatta». Ma la giustizia israeliana ha già risolto il caso, almeno per tre dei quattro coloni che erano stati fermati per l’attacco a Beit Lid, che sono stati rilasciati nel giro di poche ore.

Bilal Sabarna (16) e Mohammad Abu Ayash (15), i due bambini uccisi a colpi d’arma da fuoco dalle forze di occupazione israeliane a Beit Ummar, a nord di Al Khalil.

Gli attacchi dei coloni contro i palestinesi e le loro proprietà sono aumentati quest’anno, in particolare durante la stagione della raccolta delle olive [2] in ottobre e novembre. L’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) riferisce che nel mese di ottobre si sono verificati più di 260 attacchi da parte dei coloni israeliani che hanno causato vittime e danni alla proprietà, con una media di otto incidenti al giorno.
L’OCHA riferisce [3] che la violenza dei coloni durante la raccolta delle olive ha raggiunto il livello più alto da quando l’ONU ha iniziato a registrare gli incidenti nel 2006, con circa 150 attacchi documentati finora, che hanno causato il ferimento di oltre 140 palestinesi e il danneggiamento di almeno 4.200 alberi in 77 villaggi. Le ripetute violenze hanno compromesso la raccolta delle olive di quest’anno.

Gli attacchi, che comprendono incendi, furti di bestiame e materiali, sabotaggi alle infrastrutture e violenze di ogni genere contro la popolazione palestinese, sono spesso protetti dai soldati dell’IDF, che quasi mai agiscono per bloccare i coloni, ed anzi affiancano le loro attività criminali occupandosi di reprimere ed arrestare i palestinesi che tentano di difendere la loro terra. Giovedì si è svolto il funerale di un bambino di 13 anni, Aysam Mualla, morto dopo settimane di ospedale a causa dei gas lacrimogeni sparati dalle IDF mentre raccoglieva le olive con la sua famiglia a Beita, l’11 ottobre di quest’anno. Il giorno prima circa 70 coloni avevano attaccato i contadini nella stessa zona.

La moschea Hajja Hamida incendiata dai coloni

Il Ministero degli Affari Esteri e degli Espatriati palestinese ha condannato [4] con forza il recente attacco incendiario alla moschea, dichiarando di ritenere il governo israeliano pienamente responsabile dell’escalation di violenza, che ha descritto come parte di una più ampia ondata di terrorismo dei coloni sostenuta e protetta dalle politiche israeliane che mirano a sfollare i palestinesi e a consolidare l’occupazione coloniale in Cisgiordania.

Secondo il monitoraggio condotto dal gruppo israeliano per i diritti umani Yesh Din, circa il 94% di tutti i fascicoli investigativi aperti dalla polizia israeliana sulla violenza dei coloni dal 2005 al 2024 si è concluso senza alcuna incriminazione. Dal 2005, solo il 3% dei circa 1.700 fascicoli investigativi aperti sulla violenza dei coloni ha portato a condanne totali o parziali. Dati che evidenziano come la complicità degli apparati dello stato israeliano verso le attività dei coloni non sia affatto scalfita da alcune condanne di facciata.

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Moira Amargi

Moira Amargi esiste ed è una persona specifica, ma il nome è uno pseudonimo, usato quando pubblica report sulla Palestina o dall'interno di cortei e momenti di conflitto sociale a rischio repressione. È corrispondente per L'Indipendente dal Medio Oriente e dai Territori Palestinesi occupati.