Con l’inizio di novembre, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ha inaugurato l’“elenco degli influencer rilevanti”, un registro che impone nuovi obblighi per i creatori di contenuti più seguiti in Italia. Non un albo professionale, bensì di un intervento amministrativo volto a mettere ordine in una categoria lavorativa ancora non recepita in tutte le sue complessità. L’iniziativa prende le mosse dalla Delibera 197/25/CONS [1], pubblicata il 5 agosto 2025, la quale ha definito un codice di condotta destinato agli influencer con almeno 500.000 follower o un milione di visualizzazioni medie mensili su di una singola piattaforma. La misura è stata spesso descritta come una forma di “albo”, ma è in realtà lontana dalle logiche che regolano professioni come quella di medici, avvocati o giornalisti: l’elenco non è gestito da un ordine, non richiede competenze specifiche, né prevede esami di ingresso. L’unico “adempimento” previsto consiste in un’autosegnalazione tramite il modulo telematico [2] lanciato lo scorso 6 novembre.
L’iscrizione, dunque, non limita l’attività di chi desidera intraprendere la carriera dell’influencer — obiettivo che sarebbe, di fatto, impraticabile —, ma mira a stabilire principi generali: correttezza dell’informazione, divieto di incitamento alla violenza, trasparenza nei contenuti commerciali, segnalazione esplicita della presenza di filtri o modifiche sostanziali alle immagini pubblicate. L’idea di fondo è che le figure seguite da centinaia di migliaia di persone, spesso più influenti dei protagonisti della stampa e dei mezzibusti televisivi, debbano rispondere pubblicamente delle proprie dichiarazioni [3] e rispettare standard comunicativi analoghi a quelli dei media tradizionali, evitando pubblicità occulte e pratiche commerciali torbide.
Coloro che rientrano nei parametri fissati dalla Delibera dovrà comunicare all’AGCOM i propri dati anagrafici, il nom de plume, i link alle piattaforme social, le metriche aggiornate delle stesse e i recapiti dei referenti ufficiali, così da consentire un contatto diretto in caso di necessità. L’Autorità, dal canto suo, pubblicherà ogni sei mesi un elenco aggiornato degli influencer “rilevanti”, includendo anche soggetti che non hanno provveduto a compilare il web form, i quali potranno però chiedere entro 15 giorni rettifiche o contestare la loro inclusione nella lista. Il provvedimento prevede sanzioni fino a 600.000 euro per le violazioni più gravi — in particolare quelle dannose per i minori o che incitano all’odio — anche se, nella maggior parte dei casi, le multe difficilmente supereranno i 250.000 euro, soglia prevista per la mancanza di trasparenza nei contenuti commerciali. L’AGCOM potrà inoltre sospendere i canali dei soggetti iscritti per un periodo massimo di sei mesi.
Nel complesso, l’iniziativa rappresenta un primo passo verso la normalizzazione di una categoria che, pur avendo conquistato un peso sociale crescente, continua a muoversi in un contesto normativo frammentario e incerto. Quanto al timore di derive censorie, va sottolineato che solo una minoranza di creator italiani raggiunge le soglie previste — si parla di circa duemila soggetti — e che la definizione di “influencer” adottata dall’Autorità riguarda esclusivamente chi utilizza i social media per finalità commerciali. Un dettaglio non irrilevante, che lascia un’ampia zona grigia nella classificazione di personaggi pubblici attivi online e dell’intera classe politica e dirigenziale.