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Gli USA hanno presentato il loro piano coloniale per il futuro di Gaza

Gli Stati Uniti d’America hanno presentato ai Paesi del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite una bozza di risoluzione che delinea i prossimi passi del piano di colonizzazione di Gaza. Il progetto intenderebbe istituire una Forza Internazionale di Stabilizzazione (ISF) con i compiti di smilitarizzare la Striscia, amministrarne la sicurezza, addestrare un corpo di polizia palestinese, e gestire il flusso degli aiuti umanitari, ma non esclude di attribuirle «compiti aggiuntivi, se necessario». La ISF resterebbe in carica due anni, verrebbe istituita sotto l’egida del corpo di pace presieduto da Trump con la partecipazione di Tony Blair, e opererebbe «in stretta consultazione e cooperazione con Israele ed Egitto». Un piano, precisano i quotidiani israeliani, dichiaratamente rivolto a «imporre» le condizioni della pace, e non a mantenerla. Parallelamente gli USA hanno avanzato ai Paesi del Golfo un piano per la ricostruzione della «Nuova Gaza», che prevedrebbe di cominciare i lavori dalle aree sotto il controllo delle IDF.

I dettagli sul piano statunitense per Gaza sono ancora pochi. Sono stati discussi e riportati dal quotidiano israeliano Jerusalem Post [1] e dal sito di informazione statunitense Axios [2], che ne hanno visionato una bozza. Esso parte da quello che è uno dei tasselli fondamentali del piano a venti punti di Trump per Gaza proposto e accettato dalle parti lo scorso ottobre [3]: la forza che dovrebbe gestire gli affari interni della Striscia. Hamas si è detto pronta ad abbandonare il proprio ruolo nella gestione di Gaza per lasciare spazio a un organismo democraticamente eletto dal popolo palestinese, ma la ISF rimanderebbe di almeno due anni l’istituzione di un simile corpo. Il mandato biennale dell’ISF sarebbe infatti rinnovabile consultando il Consiglio di Sicurezza. La forza è descritta come un corpo multinazionale a cui prenderebbero parte diversi Paesi, ancora ignoti; essa opererebbe sotto il vaglio del board of peace, il corpo di pace che Trump vuole creare – e presiedere di prima mano – facendovi partecipare l’ex premier britannico Tony Blair; le scelte dell’ISF sarebbero prese in concerto tra Israele ed Egitto, escludendo dunque i palestinesi dal governo. L’organismo lavorerebbe inoltre al fianco di una «forza di polizia palestinese» addestrata dallo stesso Stato ebraico.

Il mandato dell’ISF includerebbe «la supervisione della smilitarizzazione della Striscia di Gaza attraverso la distruzione delle infrastrutture terroristiche e militari, impedendone la ricostruzione e garantendo il disarmo permanente dei gruppi armati non statali», si legge nel JP. Inoltre, l’ISF avrebbe il compito di «proteggere i civili, supportare le operazioni umanitarie, fornire addestramento e assistenza alla polizia palestinese e coordinarsi con i Paesi interessati per garantire i corridoi umanitari». Il piano non esclude che alla forza vengano assegnati ulteriori compiti. Lo scopo dichiarato è quello di «imporre» la pace; nessuna forza di peacekeeping, ma un corpo legalmente riconosciuto rappresentato da una sola parte – quella israeliana. Con l’istituzione della ISF, insomma, gli USA vorrebbero appaltare Gaza a una gestione israeliana. Nel frattempo, l’Autorità Nazionale Palestinese porterebbe avanti un percorso di riforma e ristrutturazione interna per eventualmente un giorno prendere in mano la Striscia.

Il piano per istituire la ISF dovrebbe venire presentato ufficialmente dagli USA nei prossimi giorni. Parallelamente, gli Stati Uniti avrebbero presentato ai Paesi del Golfo un ulteriore progetto per la ricostruzione parziale della Striscia. A dare la notizia è stato il quotidiano Times of Israel [4], che, citando funzionari arabi, spiega che il piano «prevede la costruzione di circa una mezza dozzina di aree residenziali nella metà orientale della Striscia, attualmente sotto il controllo israeliano»; il piano partirebbe in particolare dalle aree nel Governatorato di Rafah, che risulta quasi interamente sotto il controllo delle IDF da tempo. Il progetto statunitense prevedrebbe che i palestinesi si trasferiscano nelle aree residenziali della «Nuova Gaza» – così viene definito il progetto tra i funzionari statunitensi -, che dovrebbero venire edificate di qui ai prossimi due anni. I tempi, insomma, coinciderebbero con quelli del mandato dell’ISF; sebbene il piano di Trump preveda il ritiro graduale delle truppe israeliane – che verrebbe portato avanti parallelamente al processo di smilitarizzazione della Striscia – il quotidiano israeliano specifica che non è detto che i soldati israeliani abbandoneranno la loro postazione entro tale data. I cittadini, insomma, potrebbero essere costretti a vivere in aree sotto occupazione militare israeliana.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.