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Gaza: i bombardamenti israeliani hanno ucciso almeno 90 palestinesi

Nella notte, nuovi bombardamenti israeliani hanno colpito la Striscia di Gaza, uccidendo, secondo fonti mediche palestinesi, almeno 90 persone, tra cui 24 bambini. Le sirene e le ambulanze hanno scandito ore di terrore, mentre gli aerei dell’IDF sorvolavano Khan Younis e Rafah e i campi profughi di Deir el-Balah e Shati. Il primo raid è partito dopo che il governo israeliano ha accusato Hamas di aver violato la tregua in vigore dal 10 ottobre. Il premier Benjamin Netanyahu ha ordinato all’esercito di effettuare «colpi immediati e potenti» contro la Striscia, mettendo in forse la mediazione statunitense. A Gaza la conta delle vittime cresce, mentre oltreoceano la Casa Bianca minimizza, sostenendo che «nulla metterà a repentaglio il cessate il fuoco».

A innescare la nuova escalation è stata una presunta imboscata contro una squadra del genio militare israeliano a Rafah. Militanti di Hamas avrebbero lanciato missili anticarro e tentato di colpire i soldati con cecchini appostati tra le rovine. L’esercito israeliano ha risposto con colpi di artiglieria verso le postazioni sospette, dando il via a una giornata di tensione crescente. Secondo i media dello Stato ebraico, un riservista di 37 anni delle IDF sarebbe stato ucciso. L’attacco è stato solo la scintilla finale che ha dato fuoco alle polveri. Per ore, l’opinione pubblica israeliana è stata monopolizzata dal caso della “finta restituzione [1]” di una salma. L’ultimo corpo trasferito ieri sera in Israele dalla Striscia di Gaza non apparterrebbe, secondo Tel Aviv, a nessuno dei 13 prigionieri deceduti ancora detenuti da Hamas, bensì all’ostaggio Ofir Tzarfati, le cui spoglie erano state recuperate due anni fa dall’IDF. Un gesto che per Israele rappresenta la prova che Hamas continua a eludere gli accordi. Di fronte a queste accuse, Netanyahu ha convocato ieri pomeriggio una riunione urgente del gabinetto di sicurezza e ha dato ordine all’Israel Defense Forces di “riattivare i raid” in Gaza, dopo aver informato la Casa Bianca che avrebbe attaccato. Le incursioni [2] sono partite poco dopo e hanno colpito diverse aree residenziali dell’enclave: almeno 42 palestinesi sono stati uccisi negli attacchi israeliani nella Striscia di Gaza centrale, 31 nella Striscia di Gaza settentrionale e 18 nella Striscia di Gaza meridionale. Cinque palestinesi sono stati uccisi in uno degli attacchi più recenti, quando le forze israeliane hanno bombardato una tenda che ospitava sfollati a Deir el-Balah. Le autorità sanitarie della Striscia parlano di altre «decine di corpi sotto le macerie» e di una emergenza che nessuno osa più definire tregua.

La reazione internazionale non si è fatta attendere. Il presidente americano Donald Trump ha dichiarato che Israele ha il diritto di rispondere agli attacchi. «Hanno ucciso un soldato israeliano. Quindi gli israeliani hanno reagito. E dovevano reagire», ha spiegato Trump ai giornalisti sull’Air Force One, aggiungendo che non permetterà che la tregua venga compromessa: «Niente metterà a repentaglio» il cessate il fuoco, «Dovete capire che Hamas è una parte molto piccola della pace in Medio Oriente, e devono comportarsi bene». Allo stesso tempo, il vicepresidente JD Vance ha parlato di “scaramucce” e ha invitato alla calma: «La pace resisterà», ha sentenziato con ottimismo. Tuttavia, la tensione sul terreno è palpabile: l’ambasciatore turco ha definito gli attacchi «una chiara violazione del cessate il fuoco», mentre la mediazione egiziana resta in allerta per evitare una ripresa del conflitto su scala più ampia. Sale, intanto, la pressione dei ministri di estrema destra, Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, sul premier israeliano, al quale chiedono un intervento forte per garantire la distruzione del movimento islamista. «Non puoi fare patti con il diavolo. Quanto è triste che avessi ragione», ha commentato Ben Gvir, che ha sempre osteggiato apertamente il piano di Trump per la pace. Il ministro della Sicurezza nazionale ha invitato Netanyahu a «spezzare quelle gambe su cui ancora si regge Hamas». La richiesta di una risposta dura arriva anche dall’opposizione. Per il presidente del partito Blu e Bianco, Benny Gantz, «le violazioni di Hamas non possono continuare senza una risposta dura».

Diciotto giorni: tanto ha tenuto la fragile tregua tra Hamas e Israele sancita dall’accordo di Sharm el Sheikh. C’erano già state delle avvisaglie nelle scorse settimane: il clima instabile poteva far prevedere il precipitare degli eventi e l’inizio dell’azione israeliana. Quella di ieri non è, infatti, la prima volta che Israele viola i termini della tregua: la più violenta [3] violazione è avvenuta domenica 19 ottobre, quando Israele ha sganciato 153 tonnellate di bombe, uccidendo quasi 100 persone in un giorno solo. Secondo l’analista olandese-palestinese del Medio Oriente, Mouin Rabbani, Israele starebbe volutamente minando il cessate il fuoco imposto dagli Stati Uniti, senza aver mai rispettato pienamente gli impegni presi. Il ricercatore ha accusato Tel Aviv di usare pretesti per limitare gli aiuti e impedire le operazioni di soccorso sotto le macerie, erodendo gradualmente l’accordo. La vera incognita, afferma, resta la reazione di Washington di fronte a questa escalation controllata. Sul piano umanitario, la situazione peggiora di ora in ora: i raid interrompono il passaggio degli aiuti, aumentano gli sfollati e la sanità locale, già sovraccaricata, fatica a far fronte alle decine di morti e alle centinaia di feriti. A Gaza i medici chiedono un immediato cessate il fuoco per estrarre i corpi e curare i feriti. Il bilancio delle vittime cresce e la comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione. Hamas ha riferito in un comunicato ufficiale di aver trovato i corpi degli ostaggi Amiram Cooper e Sahar Baruch durante le operazioni di ricerca condotte nel corso della giornata. In questo scenario, i nuovi raid rappresentano la cruda realtà di un conflitto che sembra non concedere soste.

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Enrica Perucchietti

Laureata con lode in Filosofia, vive e lavora a Torino come giornalista, scrittrice ed editor. Collabora con diverse testate e canali di informazione indipendente. È autrice di numerosi saggi di successo. Per L’Indipendente cura la rubrica Anti fakenews.