Tre attivisti sono stati arrestati dalla Polizia di Stato durante una protesta contro la multinazionale farmaceutica israeliana Teva, svoltasi sabato 25 ottobre all’interno del Pharmexpo, la fiera ospitata nella Mostra d’Oltremare di Fuorigrotta, a Napoli. La contestazione dei manifestanti, circa cinquanta, riuniti sotto le sigle della rete BDS, Rete Napoli per la Palestina e Centro Culturale Handala Al, aveva come obiettivo lo stand dell’azienda, accusata di essere «storicamente complice dell’occupazione in Palestina». Secondo la Questura, l’intervento delle forze dell’ordine è scattato dopo «il lancio di transenne all’esterno della Mostra d’Oltremare» e aggressioni ai danni degli agenti; una ricostruzione contestata fermamente dagli attivisti, che parlano di un presidio pacifico e di una «improvvisa e gratuita la carica delle forze dell’ordine», denunciando una brutale repressione.
I tre arrestati – due uomini e una donna, di 22, 33 e 46 anni – sono accusati di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. La ricostruzione ufficiale della Questura, riportata dai media, afferma che «un gruppo di manifestanti ha tentato di entrare nel padiglione 5 della Mostra d’Oltremare, hanno divelto le transenne e le hanno scagliate contro i poliziotti e li hanno aggrediti fisicamente». L’esito dello scontro avrebbe causato infortuni a tre agenti. La versione degli attivisti dipinge invece una realtà completamente diversa. «I tre attivisti napoletani arrestati per avere contestato la presenza dell’azienda israeliana Teva al Pharma Expo di Napoli hanno subito minacce, una carica gratuita, aggressioni fisiche e violenza da parte delle forze dell’ordine», recita un comunicato diramato dai gruppi. I manifestanti raccontano di un presidio esterno, di un flash mob davanti allo stand in cui sono state lette accuse sulla complicità dell’azienda con le politiche del governo israeliano, e di ingressi successivi attraverso passaggi laterali non presidiati; poi, dicono, «all’uscita, improvvisa e gratuita è scattata la rappresaglia delle forze dell’ordine e i fermi tramutati in arresti».
«Per le giornate di venerdì e sabato erano state convocate iniziative di mobilitazione in solidarietà col popolo palestinese in occasione della Mostra d’Oltremare, dove si trovava lo stand di Teva», racconta Walter Iannuzzi, attivista presente alla manifestazione, a L’Indipendente. Per sabato era stato convocato un presidio pubblico a uno degli ingressi della Mostra d’Oltremare, che si è svolto con grande tranquillità nel corso della mattina. «C’era anche una contrattazione aperta con le forze dell’ordine per poter fare entrare una delegazione per leggere un comunicato prodotto dagli organizzatori rispetto all’iniziativa che si stava svolgendo – spiega Iannuzzi –. Dopo un’iniziale apertura, c’è stato un diniego immotivato da parte della Questura di Napoli, nonostante fosse arrivato dal presidente dell’ente Mostra in beneplacito per fare entrare qualcuno all’interno. La Questura ha dunque affermato che per motivi di ordine pubblico non potevamo accedere dal lato di viale Kennedy». A quel punto, il presidio si sarebbe sciolto senza tensioni. «Dopo di che – prosegue l’attivista – siamo entrati alla mostra da altri ingressi non vietati, pagando regolarmente il ticket previsto di 1 euro, e ritrovati in gran parte entrando nel padiglione in cui si svolgeva l’evento. Lì abbiamo aperto uno striscione ed effettuato una contestazione mostrandolo insieme alle bandiere».
La Questura contesta proprio in questo frangente un’aggressione da parte degli attivisti, che però la rispediscono al mittente: «La Polizia parla di lanci di transenne: transenne che, come dimostrano i video che abbiamo fatto circolare in rete, nemmeno c’erano», dice Iannuzzi. L’iniziativa è durata non più di 15 minuti. «Subito dopo, alla presenza delle Forze dell’ordine, concordiamo un’uscita dal padiglione in tranquillità». Gli attivisti sono dunque usciti di fronte all’entrata da cui avevano fatto ingresso pagando il biglietto. «Qui l’uscita ci viene sbarrata da plotoni delle forze dell’ordine. “Vi facciamo andare via, ma qualcuno deve venire con noi”, ci dicono gli operatori della Questura, indicando persone che a loro dire devono essere fermate. Alla nostra richiesta di spiegazioni, hanno chiamato i plotoni lì presenti, che ci hanno circondato e spintonato con gli scudi. Hanno buttato la gente a terra, procedendo con intimidazioni, calci, schiaffi». A quel punto, secondo il racconto dell’attivista, sarebbero state prese due persone e portate via, poi la polizia avrebbe identificato uno ad uno i manifestanti con ripresa video e richiesta del documento (anche a persone molto note che sovente si rapportano con le forze dell’ordine per richiedere l’autorizzazione ad organizzare iniziative pubbliche). «Il clima è stato fortemente intimidatorio e le persone sono state invitate a uscire uno alla volta, con l’indicazione per ognuna di un’uscita diversa – conclude Iannuzzi –. Contandoci, scopriamo che le persone portate via erano 4. Una di loro è stata rilasciata, mentre le altre tre sono state tradotte in arresto».
Il motivo della protesta è sempre stato esplicito: gli organizzatori accusano Teva, leader nel settore dei farmaci generici, di avere un ruolo non secondario nell’occupazione in Palestina, portando avanti quello che la campagna BDS chiama “apartheid sanitario” a causa delle «rivendite a prezzo maggiorato di prodotti farmaceutici sul territorio palestinese e di inaccessibilità ai vaccini per i bimbi palestinesi». L’azienda è oggetto di una campagna internazionale di boicottaggio che invita medici, farmacisti, pazienti e istituzioni ad astenersi dalla prescrizione, dall’acquisto e dalla rivendita dei suoi prodotti.