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Brasile: il presidente “ambientalista” Lula approva le trivelle nel Rio delle Amazzoni

Il presidente brasiliano Lula è riuscito ad ottenere l’autorizzazione da parte dell’Istituto Brasiliano per l’ambiente (IBAMA) per le perforazioni petrolifere esplorative nel bacino di Foz do Amazonas, a 170km dalla costa e a 500km dal delta del Rio delle Amazzoni. La licenza ambientale, concessa lunedì 20 ottobre dall’ente governativo, permetterà fin da subito all’azienda petrolifera brasiliana di Stato, Petrobras, di dare il via alle azioni di ricerca e successivamente estrazione del greggio. Una decisione a lungo contestata da gruppi ambientalisti e rappresentanti indigeni, in quanto andrebbe ad impattare – con conseguenze potenzialmente drammatiche in caso di incidenti e fuoriuscite di petrolio – su una delle aree ecologicamente più importanti non solo del Brasile ma del mondo intero. Un fatto che getta una luce oscura sulle politiche ambientali di Lula, che proprio nel cuore dell’Amazzonia, a Belém, ha scenograficamente deciso di organizzare la prossima COP30, la Conferenza ONU sui cambiamenti climatici.

La prima fase del lavoro avrà durata di cinque mesi e consisterà nell’analisi del suolo marino, attraverso una sonda subacquea, con il fine di comprovare la veridicità degli studi che attesterebbero la presenza di petrolio lungo le coste atlantiche del paese sudamericano. L’area in questione, denominata “Blocco FZA-M-059”, è situata al largo dello stato dell’Amapá e lungo la linea equatoriale dell’Atlantico. Il territorio adiacente è caratterizzato da diversità medio ambientale e ospita una delle più grandi riserve di mangrovie al mondo, oltre che vari contesti naturali e sociali protetti in quanto minacciati dall’intaccamento di progetti di sfruttamento industriale.

Era stata proprio la fragilità dell’area a interrompere, nel 2023, l’approvazione da parte dell’IBAMA del progetto, motivata dall’assenza di garanzie sufficienti per la salvaguardia della flora e della fauna locale, oltre che delle comunità indigene abitanti del territorio. Una decisione che era stata fortemente contestata da Lula che aveva esercitato pressioni pubbliche affermando [1] che l’IBAMA «deve autorizzare» le perforazioni, accusando l’Istituto dell’ambiente di sembrare «un’agenzia contro il governo» anziché un’agenzia governativa. Aveva inoltre cercato di rassicurare gli ambientalisti, affermando: «rispetteremo tutte le procedure necessarie per evitare di causare danni alla natura, ma non possiamo sapere che c’è ricchezza sotto di noi e rifiutarci di sfruttarla, soprattutto perché è da questa ricchezza che ricaveremo i soldi per costruire la necessaria transizione energetica». 

Dopo l’approvazione, evidentemente non soddisfatti dalle rassicurazioni del presidente, i movimenti attivi per la salvaguardia dell’ambiente sono insorti. «Le organizzazioni della società civile e i movimenti sociali si rivolgeranno al tribunale per denunciare le illegalità e i difetti tecnici del processo di licenza» afferma l’Observatório do Clima in una nota di stampa [2] pubblicata lunedì 20 ottobre. 

Secondo quanto comunicato da Magda Chambriard, presidente dell’azienda Petrobras, se le previsioni risultassero accertate, il progetto prevedrebbe la creazione del giacimento nei successivi due anni e la produzione del petrolio in otto anni. A questo si aggiungerebbe il progetto di trivellazione di altri sei pozzi nella regione, in un contesto geografico fortemente vulnerabile sotto il profilo ambientale. Da un punto di vista prettamente economico l’area si rivela come una miniera d’oro: secondo il governo del paese l’area potrebbe contenere fino a dieci miliardi di barili di greggio, che si aggiungerebbero ad una riserva del paese pari a circa diciassette miliardi di barili.

Una ricchezza a cui il governo brasiliano intende attingere, anche a costo di far apparire lo svolgimento della COP 30 in Brasile un grottesco paradosso. Mentre i potenti della terra discuteranno alla corte di Lula delle misure da attuare per contrastare la crisi ecologica e climatica, prometteranno politiche attente con la sostenibilità e lo sviluppo di energie green, a qualche centinaio di chilometri da Belém le sonde di Petrobras saranno già al lavoro per consolidare il ruolo del Brasile nell’estrazione di greggio e inseguire la missione di inserire il paese tra i cinque protagonisti nella produzione petrolifera entro il 2030.

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Armando Negro

Laureato in Lingue e Letterature straniere, specializzato in didattiche innovative e contesti indipendentisti. Corrispondente da Barcellona, per L’Indipendente si occupa di politica spagnola, lotte sociali e questioni indipendentiste.