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La Procura di Roma ha aperto un’inchiesta sugli attacchi israeliani alla Global Sumud Flotilla

Mentre a Gaza la tregua resta in bilico a causa delle operazioni dell’IDF e continuano ad arrivare immagini che mostrano i segni visibili delle torture inflitte sui corpi degli ostaggi palestinesi rilasciati, in Italia qualcosa si muove sul versante giudiziario: la Procura di Roma ha infatti aperto un’indagine preliminare sui presunti crimini commessi da Israele contro la Global Sumud Flotilla. Come è noto, la missione – civile, internazionale e politica – è stata intercettata a inizio ottobre in acque internazionali dalla marina israeliana. Sulla base delle denunce di 37 cittadini e parlamentari italiani partecipanti, la magistratura indaga per reati gravissimi come tentato omicidio, pirateria, sequestro di persona e tortura, in un raro caso giuridico che coinvolge direttamente le forze armate israeliane.

La notizia è stata riportata [1] dal Global Movement to Gaza Italia. La Flotilla, che vedeva la partecipazione di centinaia di persone provenienti da oltre 40 Paesi – parlamentari, medici, giornalisti, attivisti – aveva l’obiettivo dichiarato di rompere simbolicamente il blocco navale illegale imposto da Israele su Gaza e portare aiuti umanitari a una popolazione allo stremo. Come ricostruito dai denuncianti, dopo che i mezzi sono stati abbordati, gli attivisti sono stati prelevati dalle imbarcazioni, bendati, condotti nel porto di Ashdod e reclusi nelle carceri israeliane per giorni, senza contatti esterni né, in alcuni casi, assistenza legale, per poi essere espulsi.

Le indagini della procura di Roma, affidate ai sostituti procuratori Lucia Lotti e Stefano Opilio, si muovono su due versanti principali: i fatti avvenuti in acque internazionali e quanto accaduto a terra, tra il porto di Ashdod e la prigione di Ketziot. Il fascicolo contiene attualmente due esposti, quello del team legale della Flotilla a nome di trentasei attivisti e quello dell’avvocato Flavio Rossi Albertini a nome dell’attivista Antonio La Piccirella. Nell’esposto del team legale si legge che «ad una distanza compresa tra 70 e 80 miglia nautiche dalla costa gazawi, una ventina di navi della marina militare israeliana ha abbordato varie imbarcazioni della Flotilla e ne ha prelevato gli equipaggi». Per gli attacchi dei droni contro le navi avvenuti nella notte tra il 24 e il 25 settembre gli avvocati parlano di «tentato omicidio plurimo» e di «naufragio». Per l’intervento della marina israeliana, si parla invece di sequestro di persona e pirateria.

Per i fatti in acque internazionali, dove ogni barca che batte bandiera italiana è considerata sotto giurisdizione italiana, la Procura può agire autonomamente. Diverso il discorso per quanto accaduto a terra: in questo caso abusi e sevizie sono da valutare alla luce dell’articolo 8 del codice penale, che stabilisce le condizioni per la punibilità dei delitti politici commessi all’estero e afferma che a muoversi debba essere in primis il Ministero della Giustizia. L’indagine dovrà inoltre interfacciarsi con il diritto internazionale, dal Manuale di San Remo sulla guerra marittima alla convenzione Onu di Montego Bay. Non viene trascurato neppure il possibile ruolo delle autorità del nostro Paese, dal momento che si chiede ai giudici di valutare se e in che misura lo Stato italiano sia imputabile per omissione di tutela, per la decisione di ritirare la fregata militare Alpino al raggiungimento della cosiddetta “linea arancione”, limite convenzionale a 150 miglia dalle coste della Striscia che segna la “zona di massimo rischio”. La condotta potrebbe integrare il secondo comma dell’articolo 40 del codice penale, in cui si legge che «non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo».

L’apertura dell’inchiesta, hanno dichiarato i legali della Global Sumud Flotilla, «segna un primo traguardo per accertare le responsabilità degli attacchi e degli abusi da parte di Israele contro la missione umanitaria e pacifica della Gsf», il cui obiettivo «è stato quello di rompere il blocco illegittimo imposto da Israele a Gaza e volto ad affamare la popolazione civile».

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.