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L’UE prepara il 19esimo pacchetto di sanzioni e il blocco totale al gas russo

L’Europa chiude i rubinetti al gas russo. I ministri dell’Energia dell’Unione europea hanno approvato a maggioranza la proposta della Commissione UE per lo stop alle importazioni di gas e GNL da Mosca. La misura, destinata a entrare in vigore in più fasi, segna uno spartiacque nella politica energetica comunitaria: dal 1° gennaio 2026 sarà vietato stipulare nuovi contratti con la Russia, gli accordi a breve termine ancora in corso dovranno cessare entro il 17 giugno 2026, mentre quelli a lungo termine saranno definitivamente chiusi entro il 1° gennaio 2028. La serie di regole è stata rinominata dal ministro per il Clima danese, Lars Aagaard, “Pacchetto della libertà”, perché allontana le cancellerie europee dalla dipendenza energetica da Mosca.

La proposta di regolamento, spiega il Consiglio in una nota, costituisce un elemento centrale della tabella di marcia REPowerEU dell’UE: con questa decisione, l’UE compie un passo decisivo verso l’autonomia dalle forniture di Mosca: attualmente circa il 13% del gas consumato in Europa proviene ancora da Mosca. Solo Ungheria e Slovacchia si sono opposte, denunciando gravi rischi per la sicurezza energetica. I due Paesi senza sbocco sul mare stanno, infatti, lottando da tempo per mantenere le forniture russe esistenti. Da Budapest sono arrivate le critiche più dure: «Per noi l’approvvigionamento energetico non ha nulla a che fare con la politica. L’impatto reale di questo regolamento è che la nostra fornitura verrà uccisa. Non parlo dell’aumento dei prezzi. Parlo della sicurezza dell’approvvigionamento per le nostre famiglie», ha dichiarato il ministro degli Esteri Peter Szijjarto, presente a Lussemburgo per il voto, ribadendo che il Paese non intende rinunciare al gas russo senza alternative concrete. In risposta alla posizione ungherese, è intervenuto l’omologo polacco, Miłosz Motyka, che ha invitato a forme di “solidarietà europea” per sostenere le forniture di Budapest e Bratislava.

In due anni, i flussi energetici provenienti dalla Russia saranno chiusi, mentre Bruxelles si prepara a introdurre anche il 19° pacchetto di sanzioni contro il Cremlino. L’Alta rappresentante per la politica estera, Kaja Kallas, ha confermato che l’approvazione del nuovo pacchetto potrebbe arrivare «già questa settimana», segnando l’avvio di una fase di ulteriore pressione economica e politica nei confronti di Mosca, i cui risultati, lungi dalla retorica e dalle aspettative europee, tardano ad arrivare. Il pacchetto di sanzioni colpirà diversi settori: istituti bancari russi, piattaforme di criptovalute, profitti derivanti dall’export energetico e una “flotta ombra” del Cremlino attiva nell’elusione delle restrizioni. Per la Russia, la mossa rappresenta un colpo pesante nei confronti delle sue fonti di finanziamento e della capacità di esportare combustibili fossili verso l’Europa, con implicazioni che vanno al di là dell’energia per toccare l’ambito geopolitico e finanziario. Nel frattempo, Mosca ha reagito con una nota diplomatica rivolta all’Italia: «Non considerate di usare i nostri asset congelati», ha avvertito, segnalando che la contromisura potrebbe colpire interessi e beni russi all’estero. L’Europa appare dunque pronta a intensificare la pressione economica, ambientale e politica verso il Cremlino, proprio mentre sullo scacchiere globale si respira un’aria di distensione in attesa dell’incontro tra il presidente statunitense Donald Trump e il presidente russo Vladimir Putin.

Nonostante le sanzioni, la Russia non appare piegata come sperato da Bruxelles e Washington. L’economia di Mosca ha dimostrato una resilienza sorprendente, mostrando una tenuta maggiore del previsto: le sanzioni hanno imposto costi reali – il prodotto interno lordo russo è stimato essere circa il 10-12 % sotto la traiettoria prevista senza guerra e restrizioni. La caduta non ha, però, generato un collasso economico o il tracollo immediato dell’apparato statale: dopo una breve recessione nel 2022, l’economia russa ha registrato un boom nei due anni successivi e la ripresa nel 2023, i redditi in crescita, i salari reali ai massimi storici, la disoccupazione ai minimi e il controllo rigido dei flussi di capitale suggeriscono che Mosca ha saputo adattarsi. Sull’altro fronte, per l’Europa lo stop del gas russo comporta costi che rischiano di essere trasferiti sui consumatori: l’aumento della volatilità nei prezzi del gas è già documentato, con il benchmark europeo che si è attestato ben al di sopra dei livelli pre-crisi e con la dipendenza da fattori geopolitici e meteo più marcata che mai. La riduzione delle forniture e la necessità di importare GNL da Stati Uniti e Qatar a prezzi più elevati potrebbero spingere nuovamente verso l’alto le bollette energetiche. L’Italia, fortemente dipendente dal mercato spot e dalle infrastrutture di rigassificazione ancora limitate, rischia oscillazioni dei prezzi più marcate nei mesi invernali. Gli esperti avvertono che la transizione energetica non potrà compensare in tempi brevi la chiusura dei rubinetti russi. Così, mentre Mosca riorienta la propria economia e mantiene la leva energetica sul mercato globale, l’Europa si trova a fare i conti con l’altra faccia delle sanzioni: la prospettiva di un inverno più caro e un equilibrio energetico ancora fragile.

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Enrica Perucchietti

Laureata con lode in Filosofia, vive e lavora a Torino come giornalista, scrittrice ed editor. Collabora con diverse testate e canali di informazione indipendente. È autrice di numerosi saggi di successo. Per L’Indipendente cura la rubrica Anti fakenews.