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Nonostante la tregua Israele ha già ucciso 9 palestinesi

Nonostante l’avvio della tregua a Gaza, Israele non ferma le aggressioni sulla popolazione civile della Striscia e continua a uccidere i palestinesi, violando apertamente il cessate il fuoco. Ieri, martedì 14 ottobre, l’esercito dello Stato ebraico ha aperto il fuoco in diverse aree della Striscia, uccidendo almeno nove persone. Le stesse IDF hanno confermato i propri attacchi affermando che i palestinesi uccisi avrebbero superato la linea di controllo oltre la quale stazionano le truppe israeliane. Dall’inizio della tregua sono state segnalate oltre dieci violazioni del cessate il fuoco da parte di Israele, mentre intanto in tutta la Striscia la protezione civile continua a trovare nuovi corpi di defunti tra le macerie. Nel frattempo, lo Stato ebraico ha annunciato che, fino a quando non riceverà i corpi degli ostaggi morti, rimanderà l’apertura completa del valico di Rafah, il confine meridionale di Gaza, e che dimezzerà i mezzi in entrata nella Striscia passando da 600 camion al giorno a 300.

Dalla ratifica [1] dell’accordo di cessate il fuoco a Gaza, lo scorso 10 ottobre, le aggressioni  nella Striscia sono diminuite esponenzialmente, ma Israele non ha mai smesso veramente di attaccare i palestinesi. Il giorno stesso della firma dell’accordo, sono state segnalate esplosioni derivanti dall’impiego di artiglieria pesante in aree residenziali, e nei giorni successivi la fanteria dell’esercito israeliano ha proseguito con sporadici attacchi con armi da fuoco. Dal 10 ottobre sono state segnalate 14 violazioni dell’accordo da parte di Israele, la metà esatta delle quali proprio ieri. L’esercito israeliano ha aperto il fuoco contro i palestinesi nell’area di Shuja’iyya (quartiere orientale di Gaza City), a Fukhari (nel Governatorato di Khan Younis, il secondo più a sud della Striscia, dove, a tregua stabilita, si concentrava il maggior numero di rifugiati palestinesi), e a Jabaliya (una delle maggiori città del Governatorato di Nord Gaza).

Lo stesso Stato ebraico non ha nascosto le proprie violazioni dell’accordo, attribuendo ai palestinesi uccisi le colpe: le IDF hanno rilasciato un comunicato in cui affermano che i palestinesi uccisi si sarebbero avvicinati alle truppe stazionate oltre la cosiddetta “linea gialla”, la linea di confine interna alla Striscia entro cui si è ritirato l’esercito israeliano; i soldati, dopo avere intimato al gruppo di «sospetti» (che il comunicato non specifica se fossero armati o meno) di fermarsi, non avrebbero ricevuto risposta e avrebbero così aperto il fuoco. Se la versione dell’esercito venisse confermata, insomma, a portare all’uccisione di 9 persone sarebbe stato il mancato rispetto di un alt.

Se da una parte Israele continua a uccidere i palestinesi, dall’altra accusa Hamas e i gruppi della Striscia di non avere rispettato l’accordo non consegnando immediatamente i corpi di tutti gli ostaggi defunti. Tale clausola era presente nei venti punti del piano di pace [2]proposto da Trump e Netanyahu, ma non è noto se sia stata concordata nell’accordo siglato il 10 ottobre: la scorsa settimana, i gruppi palestinesi hanno affermato a più riprese che consegnare i corpi degli ostaggi entro le 72 ore richieste da Israele non fosse realistico per questioni di natura logistica. Nella sera di ieri, comunque, le firme di resistenza palestinesi hanno consegnato altre quattro salme, portando a otto i corpi degli ostaggi rientrati in Israele. In risposta alla presunta violazione degli accordi da parte dei gruppi della Striscia Israele ha deciso di continuare ad affamare la popolazione di Gaza. Ieri i media israeliani hanno riportato le dichiarazioni di tre ufficiali anonimi che avrebbero affermato che Israele avrebbe ritardato l’apertura del valico di Rafah fino a quando la resistenza palestinese non avrebbe consegnato tutti i corpi degli ostaggi defunti. Successivamente è stato comunicato che Israele avrebbe concordato con l’ONU di dimezzare il numero di camion in entrata nella Striscia.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.