Siri, l’assistente vocale di Apple, è da tempo al centro di accuse riguardanti la presunta violazione della privacy degli utenti. Nello specifico, le interazioni vocali con il sistema sono finite in passato nelle mani di aziende terze, le quali hanno poi ascoltato le registrazioni private delle persone. Alla luce di ciò, la Procura di Parigi ha deciso di aprire un’indagine nei confronti del colosso di Cupertino per stabilire se – e in che misura – Siri operi in violazione delle leggi francesi ed europee sulla protezione dei dati personali.
Il fascicolo, affidato all’Office Anti-Cybercriminalité (OFAC), nasce in relazione a una denuncia presentata il 13 febbraio 2025 dall’organizzazione non governativa Ligue des droits de l’Homme [1] (LDH), tuttavia le radici della vicenda affondano più indietro nel tempo, fino al 2019, quando emerse pubblicamente l’uso controverso delle registrazioni vocali di Siri grazie alle rivelazioni di alcuni whistleblower impiegati presso Globe Technical Services, azienda subappaltatrice di Apple. Il compito dei tecnici era quello di ascoltare una selezione di file audio provenienti dalle interazioni delle persone con Siri, al fine di condurre controlli di qualità e migliorare le prestazioni del sistema. Ufficialmente, tutto avveniva con il consenso volontario degli utenti, eppure l’effettiva consapevolezza di tale adesione è tuttora oggetto di dibattito. Ancor più visto che, almeno inizialmente, la funzione di ascolto risultava attiva di default su tutti i dispositivi Apple e soltanto in seguito l’azienda ha iniziato a chiedere il consenso esplicito.
Secondo quanto ricostruito da un’inchiesta pubblicata all’epoca dal The Guardian [2], un numero considerevole di queste registrazioni contenevano informazioni estremamente private e sensibili, il che rende difficile credere che siano state condivise con estranei di propria iniziativa. Il soggetto più noto tra coloro che hanno preso parte alla denuncia originale, Thomas Le Bonniec, ha per esempio rivelato [3]di aver compreso la gravità del fenomeno nel momento in cui ha dovuto valutare la qualità di una registrazione di un pedofilo. Approfondendo la questione, è dunque emerso che Siri tendeva ad attivarsi con estrema facilità anche in modo accidentale – bastava il suono di una zip che si apre per avviare una registrazione – e che la maggior parte degli utenti non era pienamente consapevole delle implicazioni derivanti dall’interagire con lo strumento.
A distanza di cinque anni, l’ONG francese ha dunque chiesto alle autorità di aprire il caso e indagare più a fondo. Una mossa che potrebbe sembrare tardiva – e in parte lo è – ma che rispecchia i tempi della giustizia d’oltreoceano e delle azioni legali intraprese in merito negli Stati Uniti. Negli Stati Uniti, Apple ha infatti recentemente chiuso una class action relativa alla gestione delle registrazioni di Siri, accettando [4]di versare 95 milioni di dollari per risolvere la controversia in via extragiudiziale. L’obiettivo dichiarato della Ligue des droits de l’Homme è quello di aprire la strada a un procedimento analogo anche in Francia, con la prospettiva che un’eventuale causa, la quale potrebbe poi estendersi a macchia d’olio sull’intera Unione Europea. Il tutto mentre la Big Tech sta cercando – non senza difficoltà [5] – di rilanciare Siri in versione potenziata dall’intelligenza artificiale.
“Apple non ha mai usato i dati di Siri per creare profili di marketing, non li ha mai resi accessibili agli inserzionisti e non li ha mai venduti a nessuno, per nessun motivo”, ha commentato Apple in un comunicato diffuso alla stampa. Una replica che, a ben vedere, non affronta il cuore delle accuse: il problema non è la vendita dei dati, ma le potenziali violazioni della privacy derivanti dal trasferimento delle registrazioni a società esterne e dall’ascolto da parte di personale umano. A prescindere dall’esito dell’inchiesta, il caso mette ancora una volta in luce come la tecnologia “intelligente” non sia alimentata da arcane magie digitali, bensì da operatori in carne e ossa tenuti molto lontani dallo sguardo degli utenti.