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Gasparri ha presentato una proposta di legge che criminalizza le critiche a Israele

Il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri ha presentato un disegno di legge per adottare la definizione di antisemitismo dell’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto (IHRA). Tale definizione fornisce diversi esempi di che cosa sia inquadrabile come «antisemitismo», tra cui rientrano anche le critiche allo Stato di Israele. Il DDL, oltre a inasprire le pene per i reati di propaganda e incitamento all’odio antisemita, prevede l’istituzione di corsi di formazione permanenti per militari, magistrati, forze di polizia e docenti. Inoltre, demanda al Ministero dell’Interno e della Giustizia la creazione di una “Guida pratica” per le forze dell’ordine, introducendo contestualmente obblighi di segnalazione e norme penali per chi viola la definizione dell’IHRA.

Il disegno di legge [1], composto da quattro articoli, mira a «prevenire e reprimere le (crescenti) manifestazioni di antisemitismo», individuando nell’antisionismo una delle sue moderne manifestazioni. Il testo denuncia come, dopo il «terribile attacco terroristico del 7 ottobre 2023», i focolai di antisemitismo in Europa si siano «estesi e propagati sotto la veste di antisionismo, dell’odio contro lo Stato ebraico e del suo diritto a esistere e difendersi». L’articolo 1 del provvedimento sancisce l’adozione integrale della definizione operativa di antisemitismo approvata dall’IHRA, che descrive l’antisemitismo come «una specifica percezione degli ebrei che può essere espressa come odio nei loro confronti, le cui manifestazioni, di natura verbale o fisica, sono dirette verso le persone ebree o non ebree, i loro beni, le istituzioni delle comunità ebraiche e i loro luoghi di culto».

Il cuore della controversia si trova però nell’articolo 4, che modifica l’articolo 604-bis del codice penale, noto come “legge Mancino”, che punisce [2] chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico e chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione. Nella proposta di legge vengono infatti aggiunti due specifici commi: il primo prevede che la pena della reclusione da due a sei anni si applichi anche quando la propaganda o l’istigazione all’odio si fondino «in tutto o in parte sull’ostilità, sull’avversione, sulla denigrazione, sulla discriminazione, sulla lotta o sulla violenza contro gli ebrei, i loro beni e pertinenze, anche di carattere religioso o culturale, nonché sulla negazione della Shoah o del diritto all’esistenza dello Stato di Israele o sulla sua distruzione»; il secondo introduce un’aggravante specifica: se l’offesa è commessa utilizzando «segni, simboli, oggetti, immagini o riproduzioni che esprimano, direttamente o indirettamente, pregiudizio, odio, avversione, ostilità, lotta, discriminazione o violenza contro gli ebrei, la negazione della Shoah o del diritto all’esistenza dello Stato di Israele, la pena è aumentata fino alla metà».

La proposta di legge istituisce anche un articolato sistema di formazione e controllo. All’art. 2 si legge che i ministeri della difesa, della giustizia, dell’interno, dell’istruzione e del merito e dell’università e della ricerca «promuovono corsi di formazione iniziale e progetti di formazione continua destinati ai militari, ai magistrati, al personale della carriera prefettizia, alle Forze di polizia, ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado e ai docenti e ricercatori universitari» che siano «specificamente dedicati allo studio della cultura ebraica e israeliana e all’analisi di casi di antisemitismo», nonché, con riferimento specifico alle Forze di polizia, «alla formazione in materia di redazione dei verbali di denuncia di atti di antisemitismo». L’articolo 3, invece, introduce obblighi di prevenzione e segnalazione di «atti razzisti o antisemiti in ambito scolastico e universitario», prevedendo sanzioni specifiche per il personale che violi questi doveri.

La deriva che vede l’utilizzo del concetto di antisemitismo come potenziale arma politica per strumentalizzare il dissenso appare un fenomeno in grande espansione, non soltanto nel nostro Paese. Sulla base della medesima giustificazione, ad esempio, nel Regno Unito è arrivata [3] l’ennesima stretta repressiva del governo britannico sulle manifestazioni di piazza, che fa seguito alle proteste pro-Palestina che nelle ultime settimane hanno mobilitato migliaia di persone a Londra e in altre città. Secondo il governo, infatti, le recenti proteste avrebbero ingenerato «molto timore» nella comunità ebraica, spingendolo così a intervenire. Lo scorso luglio, su iniziativa dell’allora ministra degli Interni Yvette Cooper, l’esecutivo britannico ha vietato [4] Palestine Action – organizzazione che promuove il boicottaggio di Israele – ai sensi del Terrorism Act. La sua proscrizione come organizzazione terroristica rende reato qualsiasi forma di sostegno pubblico, punibile con fino a 14 anni di carcere. Nelle settimane seguenti, fino a pochi giorni fa, si sono succeduti centinaia di arresti.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.