Nella Napoli dei turisti c’è sempre meno spazio per gli abitanti, costretti a fronteggiare carovita, carenza di servizi e precarietà lavorativa. Mentre la città si trasforma, gli sfratti si confermano costante quotidiana. Domani, 8 ottobre 2025, toccherà a 27 famiglie che attualmente vivono in un immobile di proprietà del Comune di Napoli: l’ex motel Agip di Secondigliano, destinato alla demolizione. Nonostante la vastità del patrimonio immobiliare del Comune, l’amministrazione Manfredi non ha offerto soluzioni abitative alle famiglie sotto sgombero, limitandosi a un contributo una tantum che oscilla tra i 6 e i 10mila euro, decisamente insufficienti per trovare un alloggio in una città dal mercato immobiliare impazzito e in balia della turistificazione.

«Non siamo occupanti ma rifugiati», racconta uno degli abitanti sotto sgombero, in presidio al Consiglio Comunale. Qualche residente si ferma, ogni tanto dai gruppi di turisti diretti verso le vetrine di via Toledo si stacca un curioso per provare a capire cosa stia succedendo, forse ignaro di contribuire alla trasformazione della città. «Prima del boom turistico — dichiara la Rete SET, da anni impegnata sul territorio nella lotta alla turistificazione e presente ieri al fianco delle famiglie — i residenti abitavano oltre il 90% delle case dei quartieri storici, lo dimostrano i censimenti pubblici, parlare ora di destinare fino a una casa su tre ai turisti come propone l’amministrazione significa rassegnarsi all’espulsione massiccia dei residenti. Purtroppo sta già avvenendo, con il caro affitti e gli sfratti che si sono moltiplicati in pochi anni». Le famiglie dell’ex motel Agip si danno manforte, mentre di fronte consiglieri e assessori discutono del loro destino, elaborando come unica risposta al disagio sociale l’aumento del contributo una tantum. Si alza un grido, un sentimento generale: «Basta sgomberi senza soluzioni». 6mila o 10mila euro non risolvono il problema delle famiglie sotto sfratto, con condizioni lavorative precarie che non permetterebbero loro di rispondere alle sempre più stringenti garanzie richieste dai locatori, orientati verso il mercato degli affitti brevi per maggiori profitti.

Famiglie e attivisti raccontano del braccio di ferro portato avanti negli ultimi dieci mesi con l’amministrazione Manfredi, tra promesse e impegni mancati, con lo spettro sempre più concreto di finire coi propri figli in strada. L’ipotesi di fornire una sistemazione alternativa alle oltre 60 persone sotto sgombero attraverso l’utilizzo di alcuni prefabbricati pare tramontata; a non aver mai preso quota è invece l’idea — suggerita dalla Rete SET — di riqualificare uno dei tanti immobili in disuso del patrimonio comunale. In entrambi i casi, la disponibilità delle famiglie sarebbe totale, viste le condizioni di vita attuali. Quella che un tempo rappresentava l’avanguardia industriale italiana, figlia del progetto di Enrico Mattei, è oggi una struttura che dopo anni di disinteresse e ristrutturazioni mancate (ancora un anno fa i consiglieri Sergio D’Angelo e Rosario Andreozzi invitavano [3] l’amministrazione comunale a «recuperare le non ingenti risorse necessarie per riqualificare rapidamente un proprio bene») è stata dichiarata inagibile e quindi destinata alla demolizione.

L’ex motel Agip è fatiscente, pericolante e a rischio ambientale per i continui sversamenti di rifiuti; eppure, complice lo stato di povertà e disagio sociale, negli anni è diventato casa per decine di famiglie, a partire dal post-terremoto degli anni ’80. In seguito si è verificato il primo ciclo di occupazioni, in parte regolamentate nel 2016, quando decine di famiglie sono state trasferite nei nuovi alloggi di edilizia popolare. Gli esclusi di quelle graduatorie sono rimasti nella struttura e si sono aggiunte nuove persone, accomunate da un reddito prossimo allo zero e da un’elevata vulnerabilità sociale. Condizione, quest’ultima, sempre più diffusa nella Napoli trasformata [5] dal turismo di massa, che arricchisce pochi eletti e sfrutta i più. Ma i cittadini non si arrendono. «Il Comune non ci deve trattare come abitanti di una discarica sociale», recita lo striscione delle famiglie prossime allo sfratto, pronte a dare continuità alla mobilitazione di questi giorni. Prima il Consiglio Comunale, poi il Duomo e infine il Teatro San Carlo: le irruzioni nella quotidianità altrui sono state accompagnate dal presidio nei pressi di Piazza Municipio per reclamare il proprio diritto a un’esistenza dignitosa e a un luogo dove far crescere i propri figli.