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Regno Unito, stretta sui cortei con il pretesto dell’antisemitismo: 440 arresti a Londra

In seguito alle proteste pro-Palestina che nelle ultime settimane hanno mobilitato migliaia di persone a Londra e in altre città del Regno Unito, arriva l’ennesima stretta repressiva del governo britannico sulle manifestazioni di piazza. Secondo il governo, infatti, le recenti proteste avrebbero ingenerato «molto timore» nella comunità ebraica, spingendolo così a intervenire. In una nota ufficiale del Ministero dell’Interno si legge che le nuove misure — che saranno introdotte «il prima possibile» — daranno alla polizia maggiori poteri per porre condizioni o vietare del tutto proteste «ripetute e di vasta portata», valutandone «l’impatto cumulativo» sulle aree locali. Intanto, a Londra, durante una veglia a Trafalgar Square contro la messa al bando di Palestine Action – organizzazione che promuove il boicottaggio di Israele e per questo dichiarata “terroristica” dall’esecutivo Starmer, in una decisione senza precedenti – la polizia ha arrestato 442 persone.

Nel comunicato, il ministero dell’Interno ha spiegato [1] che «alle forze di polizia saranno concessi nuovi poteri per porre condizioni alle proteste ripetute», con la possibilità di ordinare agli organizzatori di spostare o cancellare eventi se questi causano «ripetuti disordini» o turbano la vita dei residenti. Chiunque violi tali condizioni rischierà «l’arresto e il procedimento penale». La decisione arriva all’indomani dell’attacco alla sinagoga di Manchester, in cui un cittadino britannico di origine siriana ha accoltellato alcune persone (due delle quali sono decedute), ma segue in realtà una raffica di episodi che hanno visto la polizia intervenire per arrestare manifestanti pro-pal in situazioni del tutto pacifiche. Le misure saranno introdotte modificando le sezioni 12 e 14 del Public Order Act del 1986, così da consentire alla polizia di intervenire in base all’impatto cumulativo delle manifestazioni ricorrenti. Il governo valuterà anche la possibilità di estendere il potere di divieto totale e di includere le nuove disposizioni nel disegno di legge su criminalità e polizia, attualmente in discussione in Parlamento. Tra le misure già previste dal disegno di legge figurano il divieto di uso di fuochi d’artificio e maschere durante le proteste, nonché la criminalizzazione della scalata a monumenti commemorativi di guerra. Il comunicato precisa inoltre che tutte le forze di polizia in Inghilterra e Galles stanno collaborando con il Community Security Trust per rafforzare la sicurezza di oltre 500 sinagoghe e sedi della comunità ebraica.

La ministra dell’Interno Shabana Mahmood ha sottolineato che «il diritto di protestare è una libertà fondamentale nel nostro Paese», tuttavia «questa libertà deve essere bilanciata con la libertà dei propri vicini di vivere la propria vita senza paura». La ministra ha aggiunto che «proteste di vasta portata e ripetute possono lasciare che alcune parti del nostro Paese, in particolare le comunità religiose, si sentano insicure, intimidite e spaventate all’idea di lasciare le proprie case». Tale sentimento, ha spiegato, «è stato particolarmente evidente in relazione alla notevole paura all’interno della comunità ebraica, che mi è stata espressa in numerose occasioni in questi ultimi giorni difficili». Mahmood ha quindi definito le nuove disposizioni «un passo importante per garantire la tutela del diritto di protestare e, al contempo, assicurare che tutti si sentano al sicuro in questo Paese». Le nuove misure sono state annunciate dopo una maxi-operazione di polizia a Londra, dove 442 persone sono state arrestate durante una manifestazione a Trafalgar Square organizzata contro la messa al bando di Palestine Action, gruppo dichiarato fuorilegge dal governo di Keir Starmer lo scorso luglio. Gli agenti hanno iniziato a fermare i manifestanti durante una veglia silenziosa, dopo che alcuni avevano esposto messaggi di solidarietà con l’organizzazione.

A luglio, il governo laburista di Keir Starmer, su iniziativa dell’allora ministra degli Interni Yvette Cooper, ha vietato [2] Palestine Action ai sensi del Terrorism Act. Secondo il governo britannico, il gruppo avrebbe causato «danni per milioni di sterline che compromettono la sicurezza nazionale». La sua proscrizione come organizzazione terroristica rende reato qualsiasi forma di sostegno pubblico, punibile con fino a 14 anni di carcere.  La decisione è seguita all’irruzione di alcuni attivisti in una base della Royal Air Force (RAF), dove hanno danneggiato due aerei cisterna imbrattandoli di vernice rossa, in segno di protesta contro il sostegno militare del Regno Unito a Israele. Nelle settimane seguenti, si sono succeduti [3] centinaia di arresti. Palestine Action, nato nel 2020, ha spesso preso di mira aziende del settore difesa, tra cui Elbit Systems UK, accusata di legami diretti con l’esercito israeliano. Gli attivisti colpiscono anche aziende complici, come Leonardo, Thales, Teledyne e grandi gruppi finanziari come Barclays e JP Morgan, attraverso blocchi, occupazioni, sabotaggi e danneggiamenti. Le loro azioni hanno avuto un impatto concreto: diverse aziende hanno interrotto i rapporti con Elbit, fabbriche sono state chiuse o vendute, e importanti contratti – come il progetto Watchkeeper da 2,1 miliardi di sterline – sono stati cancellati.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.