Mentre la Global Sumud Flotilla [1] è stata bloccata a poche miglia dalle coste palestinesi, e le oltre 470 persone che ne componevano gli equipaggi sono nelle mani degli israeliani, un’altra flotta è attualmente in viaggio verso Gaza: si tratta della Freedom Flotilla Coalition, che, insieme alle Thousand Madleens to Gaza (TMTG), hanno lasciato i porti del sud Italia sabato 27 settembre. Altre 45 imbarcazioni sono invece partite il 2 ottobre dal porto turco di Arsuz, diventando di fatto una flotilla più numerosa di quella appena fermata. Non sono organizzate insieme, ma l’obiettivo è sempre lo stesso: sfidare il blocco imposto da Israele sulla Striscia di Gaza, continuando a fare pressione sui governi affinché prendano delle misure concrete per fermare Tel Aviv.
«Siamo undici barche, partite da Otranto e da Catania» dice Andrea Usala, membro delle Thousand Madleens to Gaza a L’Indipendente, esprimendo «massima solidarietà alla Global Sumud Flotilla: noi siamo l’ondata successiva che prova a rompere l’assedio israeliano». Come spiega Andrea, Thousand Madleens to Gaza [2] è un movimento dal basso nato in Francia su ispirazione della barca Madleen, imbarcazione della Freedom Flotilla Coalition bloccata [3] e sequestrata nelle acque internazionali dall’esercito israeliano il 9 giugno di quest’anno. «Sulle barche ci sono diplomatici, giornalisti, e membri della società civile. Il punto è fare pressione politica: portare aiuti umanitari è limitato, è chiaro che non saranno le poche tonnellate che portiamo che riusciranno a cambiare le cose, dato che ci sono migliaia di tonnellate bloccate ai valichi di Gaza,» continua Andrea. «Quello che può cambiare le cose è la pressione politica sul nostro governo, affinché rompa la complicità con Israele, affinché agisca, attraverso embargo militare, sanzioni, rottura degli accordi commerciali. Per questo continueremo a violare il blocco israeliano sulla Striscia di Gaza».
Come ricorda Michele Borgia, portavoce della Freedom Flotilla Italia a L’Indipendente, questa è la quarta missione della Freedom Flotilla Coalition quest’anno. «La Conscience è stata colpita il 2 maggio da due droni mentre si trovava in acque internazionali al largo di Malta; il 9 giugno la Madleen è stata sequestrata con il suo equipaggio dagli israeliani. A fine luglio la Handala, altra nave della FFC, ha subito la stessa sorte. Ora ripartiamo con una dozzina di navi, tra cui la Conscience». La Freedom Flotilla Coalition [4] è una coalizione internazionale apartitica che dal 2010 lotta per rompere l’assedio e l’embargo a Gaza. Lavora da anni al fianco del popolo palestinese, cercando sostegno nella società civile più che nei governi, spesso complici dei crimini israeliani. Sono un centinaio le persone salpate da Catania e da Otranto, e nelle settimane successive partirà anche un’altra barca della FFC, un’imbarcazione medica, che porterà circa cento medici e infermieri verso Gaza.
«C’è una ragione per la quale partiamo dalla Puglia: è la prima regione che ha rotto [5] i rapporti con Israele. Il governo centrale non fa quello che deve fare, anzi; non soltanto non taglia i ponti con Israele ma continua ad esserne complice, vendendo e trasportando armi, e continuando a dare appoggio politico, economico e militare. Noi partiamo dal basso, e spingiamo affinché le amministrazioni locali, i comuni, le province, le regioni, prendano posizione e taglino tutti i ponti con Israele, rompano tutte le collaborazioni militari, commerciali e anche delle università. Forzando così anche il governo centrale a fare quello che dovrebbe fare se solo ascoltasse le centinaia di migliaia di persone che sono scese nelle piazze di tutta Italia per lo sciopero per Gaza il 22 settembre», continua Michele.
Il portavoce ricorda anche l’incidente del 31 maggio 2010, quando si svolse l‘ultima missione “collettiva” prima della Sumud: sei navi salparono per Gaza dalle coste di Cipro con più di 600 persone a bordo, tra cui decine di parlamentari e politici, anche quella volta nel tentativo di rompere l’assedio alla Striscia e consegnare aiuti alla popolazione. La marina israeliana intercettò e assaltò la flottilla in acque internazionali al largo della Striscia: l’operazione si concluse con scontri a bordo della nave principale, la turca Mavi Marmara, il cui equipaggio cercò di difendersi con mezzi di fortuna. Nove attivisti vennero uccisi dai soldati israeliani, e un decimo perse la vita pochi giorni dopo. Almeno altre 60 persone rimasero ferite.
«L’attenzione sulla Flotilla deve rimanere alta: ma senza dimenticare che tutti gli occhi e i riflettori devono rimanere accesi su Gaza,» ricorda. «Il punto è Gaza, fermare il genocidio, rompere l’assedio. Non la Freedom Flotilla». E conclude. «La difesa di Gaza e delle Palestina è la difesa di tutti noi. Perché se la Palestina è un laboratorio delle forme di oppressione più sofisticate sia dal punto di vista militare ma anche per l’intelligenza artificiale usata e non solo, se la Palestina viene soppressa, è come se sopprimessero tutte le altre lotte del mondo. Anche per questo dobbiamo ribellarci, al fianco del popolo palestinese».