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Una imprenditrice vuole fondare una colonia israeliana in Salento

«Israeli Colony in Salento» è il nome di un progetto ideato dall’imprenditrice israeliana Orit Lev Marom, che starebbe cercando di mettere in atto attraverso la società immobiliare Coral 37, fondata appositamente «per aiutare gli investitori ad acquisire immobili di prim’ordine nella regione del Salento». Il progetto è descritto come «una visione per una comunità agricola e turistica autosufficiente dove le famiglie israeliane possono stabilire case, coltivare il proprio cibo e sviluppare strutture educative e sanitarie condivise». Insomma, la donna israeliana sarebbe promotrice di una vera e propria colonizzazione basata sull’acquisto di grandi appezzamenti di terreno con casolari e altri edifici.

Non molto tempo fa vi abbiamo raccontato del malessere che si sta diffondendo [1] a Cipro per il grande aumento del numero degli israeliani che si stabiliscono sull’isola costruendo comunità chiuse e socialmente indipendenti con scuole, supermercati kosher e sinagoghe; il tutto mentre salgono continuamente le tensioni nella regione tra Israele e Turchia. A quanto pare il rischio di un simile fenomeno potrebbe ripetersi anche in Italia, precisamente in Salento, Puglia. Orit Lev Marom, imprenditrice israeliana che ammanta un passato lavorativo tra Cipro, Grecia, Portogallo, Spagna, Germania, Inghilterra e Stati Uniti, per tramite della società da lei co-fondata, Coral 37 [2], sta promuovendo un progetto che sul sito è riportato alla voce «Pensiero visionario e progetti innovativi» e che prende il nome di «Israeli Colony in Salento». Tale progetto è definito [3] «una visione per una comunità agricola e turistica autosufficiente dove le famiglie israeliane possono stabilire case, coltivare il proprio cibo e sviluppare strutture educative e sanitarie condivise». In altre parole una comunità chiusa, autonoma e autosufficiente, di cittadini israeliani su suolo italiano.

L’opportunità è ghiotta, come spiega l’imprenditrice israeliana sul sito di Coral 37: confrontati con quelli di molte altre mete in Occidente, o in Italia stessa, i prezzi salentini sono decisamente inferiori alla media, con possibilità di grande sviluppo economico. Una proprietà che propone [4] l’imprenditrice, a pochi chilometri dal mare, è grande 84 ettari con opere murarie di 300 mq che possono essere aumentate fino 1.350 mq, anche suddivise in più edifici abitativi. Non viene riportato il costo dell’eventuale operazione di acquisto. Il Salento, come gran parte del Sud Italia, è una terra martoriata da decenni di politiche fallimentari; in più, subisce ancora le pesanti conseguenze della devastazione ecologica del caso Xylella e l’abbattimento di migliaia di olivi secolari. Tutto questo fa si che il valore dei terreni e degli edifici rimanga basso, lasciando questa regione esposta a progetti speculativi o, addirittura, come in questo caso, di colonizzazione.

Lev Marom dice di aver cambiato lavoro nel 2005 quando da insegnante di educazione speciale è passata nel settore dell’edilizia per essere, poco dopo, nominata CEO di Y. Yitzhakov Construction [5], ditta di costruzione israeliana con sede non lontano da Gerusalemme. Da quel momento sarebbe iniziata la sua avventura ventennale nel settore immobiliare in diversi Paesi. Poi due anni fa l’arrivo in Salento e l’innamoramento di una terra che dice di sentire familiare. E così l’idea colonizzatrice. Non appena la questione della colonia israeliana nel Salento è diventata nota, tutte le pagine sono state cancellate. Difficile al momento stabilire fino a che punto tale progetto sia attendibile e se ci sia qualcun altro che lavora con Lev Marom, come suggerirebbe il sito, il quale presenta l’imprenditrice israeliana come co-fondatrice di Coral 47. 

Senz’altro una vicenda singolare che merita attenzione futura e monitoraggio. I cittadini del Salento, ma non solo, sono avvisati.

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Michele Manfrin

Laureato in Relazioni Internazionali e Sociologia, ha conseguito a Firenze il master Futuro Vegetale: piante, innovazione sociale e progetto. Consigliere e docente della ONG Wambli Gleska, che rappresenta ufficialmente in Italia e in Europa le tribù native americane Lakota Sicangu e Oglala.