Per la terza volta consecutiva Stellantis ha disertato il tavolo con rappresentanti sindacali e governo, riunitisi ieri a Roma per trovare una soluzione alla vertenza Trasnova, azienda dell’indotto che insieme alle subappaltatrici Logitech, Teknoservice e CSA si occupa della logistica. La commessa, in scadenza a dicembre, riguarda circa 300 dipendenti i quali, in assenza di un accordo, rischiano di perdere il posto di lavoro dal primo gennaio 2026. I sindacati confederali presenti a Roma chiedono al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) di far tornare Stellantis sui propri passi e prorogare il contratto, come già successo [1] l’anno scorso al culmine di due settimane di mobilitazione organizzate dai lavoratori. Questi ultimi sono pronti a scendere in piazza e a far sentire la propria voce in tutte le sedi possibili. Sullo sfondo si giocherà la partita tra il governo e la multinazionale dell’automotive che a suon di perdite [2], cassa integrazione [3] e assenza di piani industriali guarda altrove, riservando all’Italia le scorie della delocalizzazione.
«Siamo delusi. Dopo dieci mesi di trattative non ci hanno ancora proposto soluzioni concrete», racconta a L’Indipendente Gianluca Bencivenga, tra i dipendenti Trasnova che rischiano il posto di lavoro. Il tavolo organizzato ieri a Roma dal MIMIT è stato disertato da Stellantis e quindi si è concluso con un nulla di fatto. Il gruppo italo-francese non sembrerebbe intenzionato a rinnovare il contratto a Trasnova, preferendo internalizzare le spedizioni delle automobili prodotte, ad oggi gestite dall’azienda frusinate e dalle ditte subappaltatrici. In alternativa alla proroga del contratto, i sindacati confederali chiedono garanzie per un passaggio di prestazioni verso nuovi appaltanti. Con più cautela discutono della via prospettata dall’esecutivo, quella del ricollocamento (outplacement), che in passato ha dimostrato limiti e criticità nell’efficacia del reinserimento lavorativo.
Al momento Trasnova, di fronte al muro eretto da Stellantis, prospetta la via del licenziamento per i suoi dipendenti (un centinaio), il che provocherebbe un effetto domino per le ditte subappaltatrici, coinvolgendo nel complesso 300 lavoratori. Le conseguenze di tale scenario potrebbero andare anche oltre, rappresentando un precedente importante nell’indotto Stellantis, soprattutto se si considera che la multinazionale dell’automotive è sempre più intenzionata a lasciare l’Italia per spostare la produzione all’estero, Serbia in primis. Soltanto pochi giorni fa Stellantis ha annunciato [3] una nuova ondata di cassa integrazione in sei stabilimenti europei; negli ultimi quattro anni l’erede della FIAT ha tagliato [2] quasi diecimila posti di lavoro. I dipendenti sono infatti crollati dalle 37.288 unità del 2020 alle 27.632 nel 2024, per un’emorragia di forza-lavoro che si accompagna a quelle delle vendite e della produzione.
Le uniche certezze restano [4] i dividendi per gli azionisti e gli assegni da capogiro per gli amministratori delegati. Il successore di Carlos Tavares, Antonio Filosa, si è aggiudicato [5] uno stipendio annuale base di 1,8 milioni di dollari, cui si aggiungono svariati bonus che potrebbero permettere al nuovo Ad di guadagnare fino a 24 milioni di dollari l’anno, circa 1100 volte in più rispetto a quanto percepisce un operaio Stellantis.