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Un antico teschio ritrovato in Cina sfida le teorie sull’evoluzione della specie umana

Un cranio gravemente schiacciato, recuperato decenni fa sulle rive di un fiume nella Cina centrale e rimasto a lungo privo di una chiara classificazione, potrebbe rivoluzionare l’albero genealogico della nostra specie, in quanto una nuova ricostruzione digitale ha rivelato che l’antico fossile, risalente a circa un milione di anni fa, apparteneva a una linea evolutiva collegata al cosiddetto “Uomo Drago” e ai Denisoviani, misteriosi umani preistorici scoperti di recente. È quanto emerge da un nuovo studio condotto da un team internazionale di ricercatori, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Science. Attraverso particolari analisi avanzate, gli autori hanno ottenuto dati che suggeriscono che i nostri antenati si fossero già divisi in gruppi distinti molto prima di quanto ritenuto, posticipando di circa 400.000 anni la comparsa dell’Homo sapiens e ridisegnando la linea temporale delle origini umane. «Questo cambia molto il modo di pensare», ha spiegato Chris Stringer del Natural History Museum di Londra, aggiungendo che la ricerca mostra «una divisione evolutiva umana molto più antica e complessa di quanto si pensasse».

Gran parte delle conoscenze sull’evoluzione umana, spiegano gli esperti, proviene dai fossili cranici, spesso però incompleti o deformati. I paleontologi, quindi, ricostruiscono la posizione di questi reperti nell’albero genealogico tramite analisi morfologiche e comparazioni statistiche come l’albero filogenetico – uno schema che illustra i rapporti di parentela tra specie. Nel caso del cranio di Yunxian 2, il team ha utilizzato tecniche di tomografia computerizzata – cioè scansioni a raggi X in grado di produrre immagini tridimensionali – insieme a metodi di imaging ottico e modellazione virtuale e, grazie a questi strumenti, ha reso possibile correggere le distorsioni accumulate nel fossile durante i millenni e confrontarne la forma con oltre cento altri crani e mandibole. L’età del reperto, stimata tra 940.000 e 1,1 milioni di anni attraverso la datazione dei sedimenti e dei fossili animali circostanti, lo colloca in un periodo cruciale del Pleistocene medio, quando diverse forme di Homo convivevano e si diversificavano. Fino a poco tempo fa, i reperti cinesi di quell’epoca erano stati in parte attribuiti a Homo erectus – una specie considerata più primitiva – o a forme “arcaiche” di Homo sapiens, mentre il nuovo studio mostra invece che essi potrebbero appartenere a un ramo evolutivo distinto, quello dell’Homo longi, connesso ai Denisoviani e vicino alle origini della nostra specie.

Il cranio è stato ricostruito utilizzando tecniche avanzate di TAC, imaging ottico e virtuali. Credit: Jiannan Bai/Xijun Ni

Il fossile in questione, denominato Yunxian 2, fu scoperto insieme a un altro cranio simile alla fine degli anni Ottanta nell’area di Shiyan, nella provincia di Hubei. Entrambi risultavano deformati, ma il secondo, meglio conservato, è stato la base della nuova ricostruzione. Il lavoro ha permesso di evidenziare tratti in parte simili a Homo erectus, come la forma tozza della scatola cranica, ma anche caratteristiche più avanzate, tra cui zigomi piatti e poco sporgenti. Da qui la conclusione [1] che si tratti di un antenato dell’Homo longi, noto come Uomo Drago, già collegato attraverso il DNA ai Denisoviani. Secondo i ricercatori, anche altri reperti difficili da collocare – come quelli recentemente proposti da un diverso gruppo di studio come nuova specie, l’Homo juluensis – potrebbero rientrare in questo ramo. L’analisi indica inoltre che Homo sapiens e Denisoviani hanno condiviso un antenato comune circa 1,32 milioni di anni fa, mentre i Neanderthal si sarebbero separati poco prima, attorno a 1,38 milioni di anni fa. D’altra parte però, alcuni studiosi come Ryan McRae dello Smithsonian di Washington, pur concordando sull’identificazione del fossile, hanno espresso cautela sull’interpretazione dell’albero filogenetico, invitando a non trarre conclusioni affrettate da dati ancora limitati. Tuttavia, per il primo autore Xiaobo Feng reperti di questa età restano [2] «fondamentali per ricostruire il nostro albero genealogico» e, in attesa che il terzo cranio ritrovato a Yunxian venga preparato e analizzato, la nuova ricerca sottolinea quanto resti ancora da comprendere sulle origini umane e su un passato evolutivo più intricato di quanto immaginato.

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Roberto Demaio

Laureato al Dipartimento di Matematica pura ed applicata dell’Università di Modena e Reggio Emilia e giornalista iscritto all'Ordine. È tra i più giovani in Italia con tale doppio titolo. Autore del libro-inchiesta Covid. Diamo i numeri?. Per L’Indipendente si occupa principalmente di scienza, ambiente e tecnologia.