- L'INDIPENDENTE - https://www.lindipendente.online -

Caccia libera, il governo ci riprova: emendamenti per liberalizzare gli abbattimenti

Dopo le polemiche della scorsa primavera, il disegno di legge che punta a stravolgere la legge sulla caccia del 1992 torna al centro del dibattito parlamentare con una pioggia di emendamenti che ne accentuano i profili più controversi. Le Commissioni Agricoltura e Ambiente del Senato sono infatti chiamate a esaminare ben 2.084 proposte di modifica al Ddl Malan, molte delle quali puntano a reintrodurre norme che il ministro Lollobrigida aveva dovuto inizialmente accantonare. Tra le proposte più radicali, la caccia in spiaggia, il declassamento dello status di protezione di lupi e sciacalli dorati, l’ampliamento delle specie cacciabili e un sostanziale depotenziamento del ruolo tecnico-scientifico dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Uno scenario che le associazioni ambientalisti definiscono «un ritorno al Medioevo» e «un attacco frontale alla biodiversità».

Gli emendamenti saranno presumibilmente esaminati nel mese di ottobre. Nel merito, come denunciato dalle associazioni ambientaliste, le proposte più critiche riguardano [1] la caccia nei litorali. Ben otto senatori di maggioranza hanno firmato l’emendamento 6.29 che apre alla caccia nel demanio marittimo, ovvero su scogliere e spiagge libere. Altri emendamenti, come il 6.71 e il 6.77, propongono di sopprimere del tutto il divieto, mentre il 6.78 permetterebbe di sparare negli arenili a partire dal 1° ottobre di ogni anno. Si prospettano quindi scenari inimmaginabili: fucili spianati su spiagge frequentate, mentre al largo si potrebbe sparare addirittura da imbarcazioni in movimento, come consentito dagli emendamenti 14.21 e 14.22. Sul fronte delle specie protette, l’emendamento 11.8, a firma Lega, condanna a morte l’oca selvatica, il piccione selvatico e lo stambecco, e di fatto consente la caccia dodici mesi all’anno. Altri emendamenti, come il 3.29, 3.31 e 3.32, propongono il declassamento dello status di protezione del lupo e dello sciacallo dorato, aprendo la strada ai piani di abbattimento per specie che contano poche centinaia di esemplari in Italia.

Altro capitolo cruciale è il sistematico smantellamento dei controlli e dell’autorità scientifica. L’emendamento 16.27 renderebbe di fatto impossibile l’attività delle guardie venatorie, costringendole ad agire solo in presenza di agenti di polizia. Il ruolo dell’Ispra, l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, verrebbe fortemente ridimensionato: l’ente passerebbe sotto il controllo della Presidenza del Consiglio e il suo parere, non più vincolante, sarebbe affiancato da quello di nuovi Istituti Regionali per la Fauna Selvatica (IRFS) di nomina politica. Emendamenti come il 5.26 eliminano addirittura il parere dell’Ispra sull’allevamento dei richiami vivi, la cui cattura viene estesa a 47 specie.

Il percorso del provvedimento è stato fin dall’inizio accidentato. Dopo la fuoriuscita delle prime bozze a maggio, che avevano scatenato un polverone [2], il ministro Lollobrigida aveva accusato ambientalisti e personaggi pubblici di «diffondere fake news». Tuttavia, la pressione dell’opinione pubblica aveva costretto a un parziale ripensamento e all’abbandono della via preferenziale governativa, optando per un Ddl parlamentare. Il centrodestra ha però continuato a lavorare nella direzione degli interessi della lobby venatoria, inserendo misure favorevoli ai cacciatori in altri provvedimenti, come la legge sulla montagna per aggirare il divieto di caccia nei valichi montani, e la legge Calderoli per gli abbattimenti dei lupi. Ora, con gli emendamenti presentati in Commissione, si tenta di realizzare integralmente il programma originario. «Gli emendamenti presentati dalla maggioranza aggravano ulteriormente un testo già inaccettabile, confermando la fondatezza delle preoccupazioni espresse dalle associazioni ambientaliste e smentiscono clamorosamente chi, come il ministro Lollobrigida, ci accusava di diffondere fake news», ha affermato Domenico Aiello, responsabile tutela giuridica della natura per il WWF.

Se da un lato le associazioni venatorie premono, dall’altro la società civile si mobilita, come dimostrano [3] anche le 53mila firme già depositate per una proposta di legge popolare che chiede l’abolizione della caccia. «Queste firme sono l’ulteriore dimostrazione che i cittadini vogliono che sia garantita protezione per gli animali e la natura – ha scritto la Lega Anti-Vivisezione (LAV) in un comunicato [4] –. Ora spetta al Parlamento ascoltare questa voce diffusa e scegliere da che parte stare: con i cacciatori (e quindi con l’interesse di pochi) o con la Costituzione, l’Europa e la stragrande maggioranza degli italiani (76%) che, secondo un sondaggio Eurispes, si dichiarano contrari alla caccia».

Avatar photo

Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.