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I 21 punti del piano Trump per Gaza

In quella che appare come una netta inversione di rotta in merito ai futuri equilibri nel Medio Oriente, diversi media statunitensi e israeliani hanno diffuso i presunti dettagli del piano elaborato dal presidente USA Donald Trump per porre fine al conflitto di Gaza. Il progetto, articolato in 21 punti e discusso con alcuni alleati arabi a margine dell’Assemblea Generale dell’ONU, si fonderebbe su un approccio di realpolitik, combinando esigenze di sicurezza e pragmatismo con una cauta e sfumata apertura alla prospettiva di un futuro Stato palestinese. «Siamo molto vicini ad un accordo», ha annunciato Trump dopo aver illustrato il programma ai leader arabi (dal Qatar all’Arabia Saudita, dall’Egitto alla Turchia). Secondo i media ebraici, Hamas avrebbe dato un ok “di principio” agli Stati Uniti, ma non vi è ancora certezza che i suoi negoziatori abbiano già ricevuto i documenti da esaminare.

Il piano del presidente statunitense per Gaza prevede una serie di misure [1] politiche, economiche e di sicurezza. Ecco la lista dei 21 punti diramata dagli organi di informazione americani e israeliani:

La proposta avanzata da Trump presenta, in maniera evidente, una contraddizione di fondo con alcuni diritti inalienabili del popolo palestinese sanciti dal diritto internazionale. Elementi come l’affidamento della Striscia a un governo di “tecnocrati palestinesi” sotto supervisione internazionale e l’esclusione categorica di Hamas da qualsiasi ruolo futuro, infatti, violerebbero il principio fondamentale di autodeterminazione. Questo diritto implica la libertà per un popolo di decidere autonomamente la forma del proprio governo e del proprio futuro politico. Il piano, di fatto, istituisce un’amministrazione transitoria che agirebbe per conto di potenze estere, in netto contrasto con i principi di sovranità e indipendenza che dovrebbero caratterizzare ogni Stato nazionale.

Tuttavia, il piano rappresenta anche un significativo “bagno di realtà” sia per Trump che per Netanyahu. Da un lato, Trump, per trovare una quadra con i paesi arabi – fondamentali per garantire la stabilità e l’efficacia di qualsiasi accordo – ha dovuto abbandonare l’idea, ventilata poche settimane fa, di una “Riviera di Gaza” e di uno spostamento forzato della popolazione, elaborando invece una proposta molto più strutturata. Dall’altro lato, anche Israele è chiamato a fare concessioni sostanziali: il piano prevede infatti il ritiro graduale dell’esercito, costringendo Netanyahu a rinunciare sia ai piani di una permanenza indefinita nella Striscia, sia alle mire estremiste di alcuni suoi ministri che prevedevano una conquista e una colonizzazione vera e propria di Gaza.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.