Entro la fine di settembre, la popolazione delle Valli del Natisone (provincia di Udine) dovrebbe sapere se il suo territorio sarà interessato dalla costruzione di un parco eolico dalla potenza di 28,8 MW. Lo scorso 7 luglio, sul sito della Regione Friuli-Venezia Giulia è stata pubblicata la documentazione relativa al progetto ‘’Pulfar’’ che la società milanese Ponente Green Power srl vorrebbe costruire sul monte Craguenza: quattro pale eoliche alte 200 metri e dal diametro di 160 metri ciascuna sarebbero installate su 1,7 km lungo il crinale della montagna. Mentre l’estate avanzava e, verosimilmente, l’attenzione delle persone calava, sono partiti i trenta giorni entro i quali era possibile presentare eventuali osservazioni sul progetto che si vede davanti tre opzioni: l’approvazione senza obbligo di Valutazione d’impatto ambientale (VIA), il rinvio della proposta alla Commissione Via, oppure la bocciatura. Ma il caldo sembrerebbe non aver distratto i valligiani che in coro – amministrazioni comunali comprese – si stanno opponendo al parco eolico anche attraverso il comitato Salviamo il Craguenza formatosi dopo la diffusione della notizia del progetto.
A preoccupare maggiormente la popolazione dei comuni di Pulfero, Torreano, Cividale del Friuli, Moimacco e San Pietro al Natisone è la deturpazione del paesaggio e dell’equilibrio naturale del Craguenza, a partire dall’aspetto geologico e da quello legato all’avifauna. Nella documentazione relativa all’inquadramento geologico presentata dalla società proponente, la zona viene genericamente identificata come carsica senza riportare alcun riferimento alla specificità dell’ambiente ipogeo e alla sua fragilità. Eppure le Valli del Natisone sono caratterizzate da cavità, sorgenti e sprofondamenti e sono interessate da un’alta permeabilità il che significa che l’ambiente subaereo e il sottosuolo sono fortemente connessi. Simbolo del fenomeno carsico della zona è la Grotta di San Giovanni d’Antro, una cavità sotterranea naturale formata a seguito dell’erosione delle rocce solubili a opera delle acque piovane che si estende per almeno 4 km sotto il Craguenza. Anche questa grotta potrebbe risentire del parco eolico, poiché, con il consumo di una parte significativa del suolo, c’è il rischio che vengano alterati gli equilibri. Gli ambienti ipogei, infatti, risentono fortemente di ogni intervento fatto sia sotto terra sia in superficie: è sufficiente una minima modifica nel collegamento tra il mondo esterno e sotterraneo per far minare l’assetto naturale creando scompensi ambientali.
La società Ponente Green Power srl sembrerebbe essere stata particolarmente lacunosa anche nella relazione di inquadramento avifaunistico sia per quanto riguarda l’aspetto metodologico sia, di conseguenza, nei risultati riportati. Come spiegatoci da Michela Corsini, biologa che, insieme ad altri esperti italiani e sloveni, ha ultimato un’approfondita relazione sul tema messa a disposizione dei Comuni, il metodo con cui i proponenti dell’opera hanno effettuato i sopralluoghi finalizzati a valutare le specie ornitiche della zona presenta numerose criticità. Il mese dell’anno (aprile) e gli orari (la mattina e il tardo pomeriggio) in cui sono stati fatti i monitoraggi hanno fatto sì che i tecnici della Ponente Green Power srl individuassero un numero molto ridotto di specie (38) rispetto al reale status della zona (da un minimo di 85 a un massimo di 230). Inoltre, se ad aprile è difficile trovare molte specie di uccelli migratori, nelle ore più fresche della giornata raramente si osservano i rapaci caratterizzati da grandi aperture alari. È forse per questo che nella lista delle specie ornitiche della Ponente Green Power è assente il grifone, sebbene l’area individuata per il parco eolico sia regolarmente utilizzata da questi rapaci per il volo veleggiato – un tipo di volo passivo effettuato sfruttando le correnti d’aria senza ricorrere al battito delle ali –, l’alimentazione e lo sfruttamento delle correnti ascensionali. Con la messa in opera di Pulfar, il grifone sarebbe molto colpito: la quota a cui abitualmente vola nell’area di progetto si sovrappone direttamente con la fascia di rotazione delle quattro pale eoliche previste, una pericolosa sovrapposizione che rende la probabilità di collisione elevata. Che il crinale del monte Craguenza non sia un’area idonea per la pianificazione di impianti eolici è indicato anche nella mappa [1] di sensibilità aviaria per lo sviluppo dell’energia eolica in Polonia e in Italia. Realizzata in collaborazione tra BirdLife International, OTOP (per la Polonia) e Lipu (per l’Italia), la mappa individua il crinale del Craguenza come zona a rischio molto elevato per le specie ornitiche e dunque non adatta alla costruzione di impianti.
Oltre a queste lacune, Corsini e colleghi hanno sottolineato grandi limiti anche nella metodologia usata per il rilievo dei chirotteri (pipistrelli). Nella relazione della società milanese sono considerate come autoctone tre specie di pipistrelli la cui presenza, seppur possibile, a oggi non è ancora stata verificata in Friuli-Venezia Giulia e invece ne mancano due tipiche della zona. Sorge dunque il dubbio che alcune parti della documentazione siano dei copia incolla di studi forniti dalla stessa società per progetti da realizzarsi nel centro e sud Italia. Cosa non impossibile da immaginare visto che tra il 2024 e il 2025 l’ingegnere firmatario del Pulfar, Leonardo Sblendido, ha posto la sua firma su almeno altri tre progetti analoghi: l’impianto “Parco eolico Campanaro” in provincia di Crotone, l’impianto eolico da realizzarsi nei comuni di Campomarino e San Martino in Pensilis (Campobasso), l’impianto eolico “Bonifati” in provincia di Cosenza. La corsa all’eolico sembrerebbe andare al ritmo delle scadenze del PNRR le cui opere finanziate devono essere ultimate entro il 2026. Nel caso del Pulfar, la Ponente Green Power srl, società fantasma con zero dipendenti e un capitale sociale di 5mila euro, ha stimato un investimento complessivo di circa 65 milioni di euro che potrebbe contare sui fondi PNRR. Inoltre, laddove il progetto passasse con la regola di assoggettamento alla VIA, grazie al decreto semplificazioni il rilascio della valutazione di impatto ambientale arriverebbe dopo 175 giorni: nel rispetto del cronoprogramma indicato nel PNRR, per le opere che coinvolgono la cosiddetta “rivoluzione verde” le tempistiche per il rilascio della VIA sono più che dimezzate. Facendo un rapido conto, laddove i cantieri dovessero cominciare, il loro inizio non sarebbe anteriore a marzo 2026 e, come dichiarato dalla società proponente, richiederebbero circa un anno di tempo. I guadagni in gioco appaiono però troppo alti per non tentare la fortuna e seguire uno schema che prevede la presentazione diffusa e superficiale di progetti e la fiducia in future proroghe delle scadenze del PNRR.