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Microsoft, al centro del boicottaggio per Gaza, interrompe alcuni servizi a Israele

Dopo un’attenta analisi, Microsoft ha annunciato di aver sospeso l’accesso ad alcuni servizi di cloud e intelligenza artificiale precedentemente messi a disposizione dell’Unità 8200, il reparto d’élite delle forze armate israeliane specializzato in spionaggio e guerra cibernetica. Ufficialmente, la decisione della Big Tech è il risultato di una revisione interna tuttora in corso, la quale suggerisce che le truppe di Tel Aviv stiano adoperando gli strumenti tech per imbastire una sorveglianza di massa del popolo palestinese, un utilizzo che viola gli accordi contrattuali siglati con l’azienda. Anche se è ovvio ipotizzare che la decisione sia il frutto della pressione che da tempo ha colpito [1] la multinazionale americana, al centro della campagna di boicottaggio internazionale. Che la piattaforma Azure fosse impiegata in ambito militare era tema di contestazione già da tempo; la svolta annunciata oggi appare dunque tardiva e la precedente inerzia dell’azienda ha contribuito a trasformare il caso in un incidente politico che coinvolge per vie traverse anche l’Unione Europea.

“Non forniamo tecnologia che possa facilitare la sorveglianza di massa dei civili”, ha scritto  questo giovedì Brad Smith, in una lettera [2]ai dipendenti. “Abbiamo applicato questo principio a ogni nazione del mondo e abbiamo mantenuto questa posizione ripetutamente, per più di due decenni”. Lo sdegno del dirigente suona però artefatto, considerando che già da mesi [3]fughe di informazioni, documenti trapelati e testimonianze dirette avevano mostrato come Azure fosse utilizzato in contesti repressivi. 

Il gruppo “No Azure for Apartheid [4]”, formato da attivisti, ma anche dipendenti ed ex dipendenti di Microsoft, porta avanti le sue proteste pubblicamente almeno dal 2024, denunciando la complicità dell’azienda con il sistema di controllo israeliano. Nel gennaio 2025, la testata inglese The Guardian [5], la pubblicazione israelo-palestinese +972 Magazine e il giornale in lingua ebraica Local Call avevano invece documentato nei dettagli le applicazioni oppressive di Azure e delle IA da parte di Israele, citando documenti interni che suggerivano come Microsoft, in competizione con i giganti coinvolti nel “Progetto Nimbus [6]”, avrebbe deliberatamente evitato di approfondire le reali intenzioni dei militari israeliani. All’epoca, l’azienda aveva dichiarato di “non aver trovato prove” che i propri strumenti venissero usati “per colpire o danneggiare civili” nelle aree controllate e bombardate dalle Forze di difesa israeliane (IDF).

Le stesse testate sono tornate sul tema [7] lo scorso agosto, rivelando l’esistenza di un sistema capace di intercettare e registrare “un milione di chiamate all’ora”. Un volume di dati tale da eccedere il potenziale di conservazione dei server israeliani, con il risultato che una parte consistente di queste informazioni è finita sui server europei dei Paesi Bassi e, possibilmente, dell’Irlanda, ambo nazioni in cui vigono le leggi sulla privacy dettate dal GDPR. Nella sua lettera, Smith ha sostenuto che il rispetto della privacy dei clienti ha limitato la possibilità di accorgersi per tempo degli abusi e che solo le ultime rivelazioni giornalistiche sono state in grado di portare alla luce il problema.

Resta da capire se la mossa di Microsoft rappresenti un cambio di rotta sostanziale o se il tutto sia un’operazione di facciata. Secondo indiscrezioni, l’Unità 8200 avrebbe già trasferito in estate i circa 8.000 terabyte di dati che erano conservati nei Paesi Bassi, quindi è facile credere che le informazioni trafugate ai palestinesi siano già state messe al sicuro altrove. Secondo indiscrezioni, sulla piattaforma di Amazon Web Services (AWS), sussidiaria della multinazionale del commercio online Amazon. Inoltre, la recente sospensione è circoscritta a solamente una manciata di casi specifici: l’azienda ha “disabilitato” l’accesso ai servizi che supportavano il progetto di sorveglianza e ha congelato “alcune” forme di accesso alla sua IA, tuttavia la decisione non ha impattato sul più ampio rapporto commerciale che lega Microsoft all’IDF.

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Walter Ferri

Giornalista milanese, per L’Indipendente si occupa della stesura di articoli di analisi nel campo della tecnologia, dei diritti informatici, della privacy e dei nuovi media, indagando le implicazioni sociali ed etiche delle nuove tecnologie. È coautore e curatore del libro Sopravvivere nell'era dell'Intelligenza Artificiale.