- L'INDIPENDENTE - https://www.lindipendente.online -

ONU, BRICS, antifascisti e paracetamolo: Trump delinea i suoi prossimi obiettivi

All’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Donald Trump ha tracciato la rotta del suo secondo mandato con un intervento che ha trasformato il consesso internazionale in un palcoscenico per delineare i suoi prossimi obiettivi, attaccare gli avversari politici e demolire la logica stessa della cooperazione multilaterale. A New York ha invocato la sovranità nazionale e bollato il globalismo che «ha alimentato conflitti e caos senza fine in tutto il mondo», come una cospirazione che strangola le stesse nazioni industrializzate che lo hanno teorizzato. In un discorso di quasi un’ora, contro i 15 concessi a ogni capo di Stato, il tycoon ha accusato l’ONU di essere complice di una burocrazia che tradisce i popoli e ha suggerito ai leader mondiali di usare la sua ricetta MAGA per «rendere i loro Paesi di nuovo grandi». Il globalismo, secondo Trump, smantella la sovranità degli Stati, sostituendo il governo del popolo con regole sovranazionali che opprimono le nazioni industrializzate. Il presidente americano ha respinto le pressioni sul “cambiamento climatico” definito «la più grande truffa mai perpetrata» e definendo “ipocrita” l’Europa per le sue politiche ambientali. Ha poi rilanciato la linea inflessibile sull’Iran, a cui non deve essere permesso di possedere armi nucleari, e sull’Ucraina, imponendo che Kiev riconquisti i territori occupati e attribuendo la colpa esclusiva a Mosca: un modo per “lavarsi le mani [1]” della guerra e scaricare la responsabilità del destino di Kiev agli alleati europei, limitandosi a invitare i Paesi NATO ad «abbattere i jet russi sui loro cieli». Anche sul conflitto a Gaza il presidente ha preferito la logica dello scontro, difendendo l’unilateralismo statunitense e rifiutando compromessi multilaterali.

Così l’Assemblea si è trasformata in un ring: ogni dichiarazione è servita a erigere muri ideologici e a rafforzare l’immagine di un’America isolata, ma “pura” nella difesa della propria sovranità. L’obiettivo strategico è impedire ogni sfida all’egemonia americana, non solo a parole ma anche a colpi di dazi e minacce di sanzioni: i BRICS – Russia, Cina, India e Brasile – vengono indicati da mesi come il fulcro di un progetto per ribaltare l’ordine mondiale, un “nuovo sistema” capace di minare la stabilità internazionale. Proprio Cina e India sono stata bollate nel consesso all’ONU come “finanziatrici” di Mosca, implicando una responsabilità strategica nel conflitto russo-ucraino. Durante il suo discorso, Trump ha anche associato il globalismo a fenomeni che considera nocivi: flussi migratori non regolamentati, ingerenze in politiche nazionali tramite organismi internazionali e una serie di vincoli ambientali e regolatori imposti da agenzie multilaterali che, a suo dire, limitano la crescita e l’autonomia dei Paesi. Descrivendo la crisi dell’“immigrazione incontrollata”, definita come «la principale questione politica dei nostri tempi», come il risultato del «fallito esperimento dei confini aperti» al quale bisogna «mettere fine ora», il presidente ha puntato il dito contro l’ONU, responsabile a suo avviso di favorire politiche migratorie che mettono in pericolo i Paesi occidentali.

La strategia trumpiana non si limita al fronte estero e nemmeno ai punti delineati a New York. Alla vigilia del discorso all’ONU, la Casa Bianca ha diffuso un ordine esecutivo [2] che designa “Antifa” come organizzazione terroristica interna. Il provvedimento, nato sull’onda emotiva dell’omicidio Kirk, è di fatto un tentativo di instaurare una nuova stagione di maccartismo [3]: “Antifa” non è un’entità strutturata, ma un’etichetta generica utile a colpire oppositori, movimenti sociali e contestazione politica. Parallelamente, proprio in questi giorni, la Casa Bianca ha rafforzato la pressione sulla stampa – con divieti e restrizioni già imposti a Pentagono [4] e istituzioni federali – e ha intensificato l’offensiva contro la libertà accademica, usando come pretesto il contrasto all’antisemitismo nei campus. In questo quadro, il presidente costruisce un nemico interno da affiancare, a seconda delle occasioni, a quello esterno, così da presentarsi come il difensore della nazione sotto assedio e giustificare la censura preventiva della stampa e il silenziamento dei “nemici”. L’obiettivo politico è duplice: mobilitare la base conservatrice alimentando paure e divisioni, screditare e imbavagliare ogni forma di dissenso, ricodificandolo come un pericolo per la “sicurezza nazionale”. In questo modo, l’agenda securitaria diventa una clava da brandire tanto contro i BRICS quanto contro studenti, docenti, giornalisti o migranti. Dietro tutto questo non c’è solo la risposta all’omicidio di Charlie Kirk: c’è una strategia politica coerente con il programma MAGA e con il “Project 2025”, che molti commentatori individuano come il programma ideologico di governo reazionario della Heritage Foundation e degli ambienti conservatori attorno a Trump.

Ancora alla vigilia dell’Assemblea ONU, la Casa Bianca ha organizzato una conferenza stampa in cui il presidente americano ha annunciato che la Food and Drug Administration (FDA) avvierà una revisione sull’uso del paracetamolo in gravidanza e comunicherà ai medici americani che il Tylenol [5] – un farmaco americano a base di paracetamolo (o acetaminofene), come la Tachipirina – può causare l’autismo nei bambini se assunto dalle donne incinte. Una notizia che era stata anticipata nei giorni scorsi dal Washington Post. Mentre sul piano internazionale Trump accusa l’ONU di complottare contro gli Stati sovrani, sul piano interno si appropria di teorie alternative in campo scientifico per mostrarsi “anti-sistema”, affiancando Robert Kennedy jr. nella sua crociata contro Big Pharma. Così, mentre annuncia che l’Ucraina deve riconquistare i territori e insiste con le sue invettive contro il globalismo, il tycoon trova anche il modo di strizzare l’occhio alla base MAGA, sul piede di guerra negli ultimi mesi per l’insabbiamento del caso Epstein. La miscela di geopolitica aggressiva e populismo sanitario rivela la coerenza di un disegno che si fonda sempre sulla costruzione di un nemico e di una minaccia: che si tratti dei BRICS, dei migranti, degli antifascisti, dell’Iran, della stampa o di un farmaco da banco, l’importante è alimentare la “percezione” di un’America sotto assedio, che grazie al suo presidente in pochi mesi sta vivendo una «età dell’oro», a cui si contrappone un’Europa invece «in grossi guai» con l’invasione dei migranti che «arrivano a frotte».

Avatar photo

Enrica Perucchietti

Laureata con lode in Filosofia, vive e lavora a Torino come giornalista, scrittrice ed editor. Collabora con diverse testate e canali di informazione indipendente. È autrice di numerosi saggi di successo. Per L’Indipendente cura la rubrica Anti fakenews.