Il tonno è un alimento ricco di nutrienti quali omega-3, proteine e sali minerali, che contribuiscono a prevenire malattie cardiovascolari e tenere sotto controllo i grassi nel sangue. Ma cosa cambia quando viene consumato nelle formulazioni in vetro o in lattina?
Le carni del tonno sono un’ottima fonte di proteine ad elevato valore biologico [1]. Le proteine non sono infatti tutte uguali: la scienza le differenzia in base al loro valore, o qualità nutritiva, che viene definito in gergo tecnico e nutrizionale valore biologico delle proteine. Il tonno è inoltre una ricca fonte di grassi buoni, in particolare di quelli appartenenti alla classe degli omega-3, riconosciuti per la loro funzione antinfiammatoria e protettiva per le cellule dell’organismo. È anche ricco di micronutrienti, ovvero vitamine e minerali. Per quanto riguarda le sostanze minerali, è buono l’apporto di calcio, fosforo e selenio. Anche il rame, il magnesio, il ferro e lo iodio sono presenti in quantità significative: in genere, 150 grammi di tonno forniscono selenio e iodio in quantità sufficienti a soddisfare il fabbisogno giornaliero di un adulto. Il contenuto vitaminico è consistente per le vitamine B1, B2, B3 e B12, ma il tonno è un importante e quasi esclusivo vettore di vitamine A e D, presenti tal quali e non nella forma di pro-vitamine, come in altri alimenti (ad es. il betacarotene è una pro-vitamina A e si trova nei cibi vegetali, ma non è la stessa cosa della vitamina A tale e quale, presente solo ed esclusivamente nei prodotti di origine animale). Tutte queste straordinarie virtù non vengono meno né con la surgelazione né con la cottura a vapore. Pertanto, sia il pesce congelato che quello cotto a vapore (come è tipicamente il tonno in scatola) sono alimenti ricchi di nutrienti al pari del pesce fresco.
Come acquistare un prodotto di qualità
La prima cosa importante, quando acquistiamo tonno in scatola, è capire di che tonno si tratta. Questo perché non tutto il tonno presente in commercio è uguale. Ne esistono almeno quattro specie principali: pinna gialla, obesus, striato e tonno rosso. Dal 2014, però, i regolamenti UE impongono obbligatoriamente ai produttori di tonno di indicare sulla confezione del prodotto la specie usata, con tanto di nome scientifico del pesce. La più pregiata è il tonno rosso (Thunnus Thynnus), molto difficile da trovare in scatola in quanto molto costoso. Sono invece più diffuse le specie tonnetto striato (Katsuwonus pelamis) e tonno pinne gialle (Thunnus Albacares): la prima è più economica, ha un sapore meno intenso e una carne più chiara, mentre la seconda è più costosa e pregiata.
Vetro o scatoletta?
La seconda cosa che bisogna sapere riguarda il tipo di confezionamento: in vetro o in lattina. Si sente spesso dire che il tonno in vetro sia più pregiato e di migliore qualità rispetto a quello in lattina: sebbene questo sia vero il più delle volte, può succedere anche il contrario. Solitamente il prodotto in vetro è da preferire, in quanto vi troviamo quasi sempre filetti di tonno integri, mentre nella scatoletta di latta vi sono per lo più pezzi misti e resti di lavorazione dei filetti. I filetti interi sono più magri e pregiati rispetto ai pezzi misti, i quali possono includere qualsiasi parte del pesce. Solitamente, anche il prezzo dei due prodotti è differente, dal momento che il tonno in vetro costa di più. Non si tratta, a ogni modo, di regole sempre valide. Inoltre è possibile trovare barattoli di vetro con tonno pinne gialle ma non in filetti, bensì in ritagli e pezzi misti: in questi casi, il valore dei grassi nella tabella nutrizionale è alto proprio perché i pezzi misti non sono magri come i filetti interi. Per questo motivo è necessario prestare attenzione anche ai valori di grassi e proteine che leggete sulla tabella nutrizionale della confezione. Il valore di proteine deve aggirarsi attorno ai 26-27 grammi (può arrivare fino a 31 grammi, in alcuni casi), mentre quello di grassi varia a seconda che si tratti di filetti interi o di pezzi misti: quello all’olio varia dai 7 grammi per i filetti a circa 13-14 grammi per i pezzi misti.
Nel tonno al naturale, invece, i valori dei grassi sono molto più bassi. Questo ci fa capire che non è il vetro di per sé a rendere il tonno di qualità superiore, ma è il tipo di tonno (striato o pinne gialle) e la tipologia di taglio delle carni del pesce che viene utilizzata (filetti o pezzi misti).
Un discorso a parte va fatto per quanto riguarda la salubrità e l’impatto ambientale delle confezioni in lattina e in vetro. Chiaramente il vetro è meglio, non rilascia alcuna sostanza nel prodotto e ha costi ambientali molto minori rispetto alle latte in alluminio, che sono rivestite di una patina di plastiche industriali, che comprendono sostanze tossiche come i bisfenoli (sia il famigerato bisfenolo A che altri).
La zona di pesca (Zone FAO)

Un altro aspetto importante da considerare per i consumatori è la zona di pesca, ovvero da quale mare proviene il tonno che stiamo acquistando. Per saperlo è sufficiente leggere l’etichetta e le scritte sulla confezione del prodotto. Per legge è infatti obbligatorio indicare anche la zona FAO di pesca del pesce in vendita al supermercato o in pescheria, seguita dal numero che identifica la zona di provenienza. Le zone FAO della pesca sono aree oceaniche e marine, suddivise dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), per facilitare la gestione sostenibile delle risorse ittiche e per la tracciabilità dei prodotti. Ogni zona è identificata da un codice numerico e serve a monitorare le attività di pesca e gli stock ittici. Ad esempio, la pesca nel Mar Mediterraneo è indicata con la zona FAO 37.

Che zone FAO dobbiamo scegliere come consumatori? Bisognerebbe evitare il pesce che proviene da mari e zone oceaniche notoriamente molto inquinati o contaminati, come ad esempio le zone FAO 61, 67 e 71. La zona FAO 61 in particolare (Mar del Giappone), desta molte preoccupazioni a causa dell’esplosione di ben 4 reattori nucleari nella centrale di Fukushima Daiichi, a seguito dello tsunami del marzo 2011. Gli studi condotti nella zona circostante hanno confermato livelli di radiazione nucleare alti abbastanza da contaminare la vita nei mari e quindi la salubrità dei pesci che ci vivono. Sebbene la pesca sia consentita in questi mari, è dunque tuttavia preferibile, in via precauzionale, non acquistare il pesce radioattivo che arriva [2]dalla zona FAO 61.
La composizione del prodotto
Anche nella scelta di questo alimento vale la regola aurea che consigliamo per ogni prodotto: meno ingredienti ci sono, meglio è. Tipicamente, le conserve di tonno si compongono solo di 3 ingredienti: tonno, olio, sale (se è al naturale, tonno, acqua e sale). Il consumo del tonno sott’olio comporta naturalmente una maggior quantità di calorie e grassi nel piatto rispetto a quello al naturale e questo vale anche se dovessimo scolare ed eliminare tutto l’olio del vasetto, in quanto una parte di esso penetra comunque nelle carni. Tra olio extravergine di oliva, olio d’oliva e olio di girasole, le tre varianti presenti nel tonno in scatola, è da preferire il primo: gli altri due sono infatti oli raffinati con un profilo di acidi grassi non salutare.
Sostenibilità ambientale
Dal punto di vista ambientale i prodotti più sostenibili sono quelli con la dicitura “pescato a canna”, che indica che non vengono utilizzate le enormi reti a strascico tipiche della pesca industriale selvaggia e indiscriminata. Questa comporta infatti la cattura di specie protette come i delfini, che spesso possono finire per sbaglio dentro le grandi reti. A tale proposito, un altro bollino e certificazione che troveremo spesso sulle confezioni al supermercato è “Dolphin Safe”, a indicare un metodo di pesca che riduce (ma non elimina del tutto) la cattura dei delfini. Oggi questa certificazione risulta superata, in quanto non più sufficiente a garantire la sostenibilità della pesca, ed è stata sostituita da altre certificazioni come la MSC, la principale a livello internazionale. MSC è un’organizzazione internazionale no-profit nata per promuovere una pesca sostenibile.
La dicitura “prima scelta” che troviamo in alcune scatolette di tonno, si può ignorare in quanto non corrisponde a nessuna indicazione concreta, si tratta di un semplice claim pubblicitario.
La contaminazione da metalli pesanti

Altra questione molto dibattuta negli ultimi anni è quella relativa ai contaminanti tossici come mercurio, piombo, cadmio, presenti nelle acque degli oceani a causa del crescente inquinamento di navi merci, navi da crociera e navi per trasporto passeggeri, oltre a tutti gli scarichi che da terra le attività civili e industriali dell’uomo riversano in mare.
Queste sostanze passano dalle acque dei mari alle carni dei pesci e alla fine della catena giungono nei nostri piatti (in aggiunta alle microplastiche, altro contaminante marino). Ad accumularne nell’organismo grandi quantità, soprattutto di mercurio e piombo, sono soprattutto i pesci di grossa taglia, quali tonni e pesci spada. Inevitabilmente, di conseguenza, li assumiamo anche noi consumatori. Si tratta di metalli estremamente pericolosi, tali da essere definiti neurotossine in grado di danneggiare il cervello e da destare anche le preoccupazioni del massimo ente a tutela della salute pubblica mondiale, l’OMS. I pesci di grossa taglia vivono per più tempo in mare e dunque incamerano quantitativi maggiori di questi metalli tossici, rispetto ai pesci di piccola taglia.
L’OMS suggerisce alle donne incinte e ai bambini di non consumare più di 170 grammi di tonno in scatola alla settimana, a causa dei potenziali danni a cervello e sistema nervoso causati da mercurio, piombo, cadmio e altri metalli pesanti. Pensiamo solo al fatto che a Minamata [3], una piccola cittadina del Giappone, l’intossicazione da mercurio nel pesce ha ucciso e reso cognitivamente instabili numerosi soggetti negli anni ’50.

In Italia, i consumi di tonno in scatola costituiscono il 20-25% del consumo complessivo di pesce. Alcune persone mangiano solo tonno in scatola quando si tratta di pesce, ma in realtà il consumo di questo alimento costituisce un aspetto da ponderare e tenere sotto attento controllo nella nostra dieta, non superando le dosi massime consigliate dall’OMS per scongiurare i pericoli della tossicità del mercurio e degli altri metalli pesanti. Per gli adulti, le dosi massime consigliate dall’OMS per un consumo settimanale sono di 340 grammi circa, il doppio di quelle consigliate per i bambini e le donne incinte. Da sottolineare un aspetto importante: nel mare esistono anche tonni e tonnetti di piccola taglia, come ad esempio la palamita o il tombarello (che raggiungono al massimo 1,5 kg di peso), e di taglia media, come il tonno alalunga e il tonno alletterato (che arrivano al peso massimo di 15-25 kg e 1 metro di lunghezza). Questi pesci incamerano meno metalli pesanti del loro cugino tonno a pinna gialla di grossa taglia e hanno una vita media più breve. Ciò significa che quando li troviamo dal pescivendolo possono essere acquistati e consumati come qualsiasi altro pesce di piccola taglia, come lo sgombro, anche perché tutti i tonni appartengono alla categoria del pesce azzurro e sono pertanto ricchi di grassi buoni omega-3, a noi favorevoli.
Per quanto concerne la tossicità da mercurio e piombo nelle carni dei pesci, va detto che essa è mitigata e tenuta sotto controllo da un altro minerale prezioso e importante per la salute umana: il selenio. Questo minerale per fortuna è presente in elevata quantità nei pesci marini, perché si trova nell’acqua di mare e pertanto viene incamerato dai pesci. Il selenio è un minerale con un’azione antagonista nei confronti del mercurio. Questo significa che il selenio può legarsi al mercurio, riducendone la tossicità e proteggendo l’organismo dai suoi effetti dannosi. Sono diversi gli studi scientifici che mostrano come il selenio sia in grado di neutralizzare il mercurio e i suoi effetti tossici, anche per quanto riguarda il consumo di pesci come il tonno o il pesce spada, che sono quelli con i più alti quantitativi di mercurio. In realtà, il pesce che accumula più mercurio nelle sue carni è lo squalo, di cui esistono vari esemplari e alcuni li mangiamo sotto forma di tranci, ad esempio come la verdesca. Secondo il Prof. Nicholas Ralston [4], biochimico e biologo presso l’università del Nord Dakota negli USA, il selenio ha una speciale affinità di legame con il mercurio, che gli permette di attaccarsi a quest’ultimo in un rapporto di uno a uno, in modo che le molecole di mercurio, che altrimenti causerebbero danni, risultino in vece virtualmente “ammanettate” e quindi impossibilitate a reagire con l’organismo umano. Nel corso di una importante conferenza internazionale sul selenio tenutasi a Stoccolma nel 2017, il Prof. Ralston ha riferito che «il mercurio prende di mira proprio il selenio e distrugge delle selenoproteine importanti, per questo è fondamentale mantenere dei quantitativi adeguati di selenio nell’organismo». Vi sono chiaramente anche altre ricerche scientifiche [5] dove si spiega il ruolo protettivo del selenio nei confronti del mercurio, in riferimento al consumo di pesce.

In conclusione, appare importante conoscere questi aspetti al fine di poter continuare a mangiare con serenità un alimento così prezioso come il pesce e in particolare il tonno, ricco di vitamina D, iodio, selenio, proteine di alto valore biologico e grassi antinfiammatori come gli omega-3.