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Dopo tre morti in un mese Genova blocca il taser alla polizia

Il periodo di sperimentazione per l’impiego dei taser da parte delle forze dell’ordine a Genova non partirà. Lo ha annunciato [1] l’assessora alla Sicurezza Arianna Viscogliosi in consiglio comunale, chiarendo che l’amministrazione guidata dalla sindaca Silvia Salis non intende proseguire la procedura avviata nel 2022 dalla precedente giunta di centrodestra. Una scelta arrivata in un contesto nazionale reso ancora più teso da tre morti avvenute in poche settimane dopo l’uso della pistola a impulsi elettrici da parte delle forze dell’ordine.

In Italia, l’iter per l’introduzione dell’utilizzo della pistola a impulsi elettrici è iniziato nel 2014, con l’autorizzazione a dare l’arma in dotazione alla polizia contenuta nel dl 119/2014. Successivamente, l’art. 19 del dl 113/2018 ha previsto l’estensione della dotazione anche alla polizia locale in tutti i capoluoghi di provincia e i Comuni al di sopra dei 100 mila abitanti, per un periodo di prova non superiore ai sei mesi (previa adozione di un apposito regolamento comunale). Un emendamento al dl Milleproroghe approvato quest’anno ne ha poi ulteriormente esteso l’utilizzo in forma sperimentale a tutti i Comuni, a prescindere dal numero di abitanti. L’arma, definita «non letale», funziona attraverso una scarica elettrica da 50 mila volt, che induce una paralisi temporanea nel soggetto che la riceve. Gli effetti, su persone con malfunzionamenti cardiaci o con l’attività cardiaca compromessa dall’uso di droghe, possono essere molto gravi, se non letali.

Di fatto, il periodo di sperimentazione a Genova non è mai iniziato. I dispositivi erano stati acquistati, un protocollo era stato firmato con la ASL per la formazione degli agenti, ma il passaggio necessario per avviare la sperimentazione – l’approvazione del regolamento comunale – non è mai stato completato. E, secondo quanto dichiarato dall’assessora Viscogliosi durante un’interrogazione in Comune, non lo sarà in futuro, anche alla luce degli ultimi fatti di cronaca. Il più recente risale [2] al 15 settembre ed è accaduto a Reggio Emilia, dove un uomo è deceduto poco dopo essere stato colpito da un taser. Altri due decessi si erano verificati ad agosto, a Ostia [3]e a Manesseno, alle porte di Genova. In entrambi i casi, i carabinieri coinvolti sono stati iscritti nel registro degli indagati per omicidio colposo. Anche alla luce di questi fatti, l’assessora Viscogliosi ha confermato che l’iter avviato sotto la precedente amministrazione si è interrotto e non verrà ripreso.

Il taser è infatti in uso in varie parti del mondo sin dall’inizio degli anni Duemila ed il suo impiego è accompagnato da decine di studi che ne confermano il rischio di morte. Amnesty International stima che tra il 2001 e il 2018 solo negli Stati Uniti e in Canada oltre mille persone siano morte dopo l’uso di taser. Nel 90% di questi casi, a essere colpite erano state persone disarmate. La stessa azienda produttrice ammette un rischio di morte, seppur basso, legato al dispositivo. Secondo studi come quello condotto dall’Università di Cambridge, inoltre, l’introduzione dei taser ha in alcuni casi aumentato il rischio di aggressioni contro gli agenti e l’uso eccessivo della forza. 

Non è la prima volta che progetti di questo genere naufragano a Genova. Prima del taser, nel capoluogo ligure c’era già stato un tentativo (fallito) di dotare la polizia locale del bolawrap, un dispositivo in grado di immobilizzare a distanza la persona mediante un laccio lanciato verso gambe o tronco. Un progetto naufragato dopo una fase di test.

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Gloria Ferrari

Laureata in Culture e Letterature del mondo moderno a Torino. Scrive di diritti umani e ambiente per diverse testate giornalistiche italiane. Collabora con L’Indipendente dal 2021.