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Ravenna si ribella: migliaia al porto per bloccare le armi dirette a Israele

Nel momento in cui Israele compie [1]un ulteriore passo nell’offensiva nella Striscia di Gaza, occupando Gaza City, e mentre la comunità internazionale continua ad esitare nel fare dei passi decisivi ancora dopo due anni di genocidio contro la popolazione civile, da Ravenna si alza forte la voce dei cittadini. Ieri, martedì 16 settembre, migliaia di persone sono scese in piazza contro l’invio di armi dal porto romagnolo, da cui continuano a partire forniture a sostegno dell’esercito di Netanyahu.

Il caso è emerso [2] il 30 giugno, quando una nave partita dalla Repubblica Ceca ha fatto tappa a Ravenna con un carico di munizioni, esplosivi e altro materiale bellico, per poi ripartire diretta a Haifa, dove è giunta il 4 luglio. Tutto ciò sarebbe avvenuto senza alcuna autorizzazione da parte dell’UAMA, l’autorità che regolamenta il transito di armamenti. A scoprirlo sono stati alcuni operai del porto, che hanno poi girato l’informazione all’osservatorio Weapon Watch e alla giornalista de il Manifesto, Linda Mazzotti: «Abbiamo fatto un accesso agli atti — ha spiegato a L’Indipendente — e l’autorità delle dogane ha confermato quanto accaduto, sostenendo che si trattava di un transito intercomunitario e che quindi non fosse necessaria alcuna autorizzazione. Cosa palesemente non vera, ed è il motivo per cui abbiamo presentato un esposto in Procura per la violazione della legge 185 del 1990».

La vicenda di Ravenna non è isolata, né unica in Italia, ma è emblematica delle modalità con cui armi ed esplosivi continuano a muoversi verso Israele anche dal nostro Paese, nonostante il governo continui a ripetere di aver sospeso le licenze a partire dal 7 ottobre 2023. Il tutto alla luce del sole: secondo la Relazione [3]annuale dell’UAMA 2024, l’Italia ha infatti autorizzato esportazioni militari verso Israele per circa 21 milioni di euro. Armi che partono da Ravenna, come dai porti di La Spezia, Genova e Livorno.

«Noi ci rifiutiamo di essere coinvolti, anche indirettamente, in quello che oggi è diventato uno sterminio di massa, un genocidio» ha detto al microfono Alex Viroli, portavoce del comitato autonomo dei portuali. Davanti a lui, migliaia di persone: membri dei comitati contro la guerra, collettivi studenteschi, ma anche semplici cittadini desiderosi di manifestare la propria indignazione. «Basta armi a Israele», «Fuori Israele genocida dal porto di Ravenna», «Fine dell’occupazione, Palestina libera», si leggeva negli striscioni che aprivano il corteo. La manifestazione, organizzata da BDS, ha ottenuto una prima vittoria parziale: l’annuncio del corteo ha infatti causato l’annullamento di un incontro programmato nell’ambito del progetto UnderSec, cofinanziato dall’Unione Europea nel quadro di Horizon Europe e che vede il porto di Ravenna collaborare con Israele e con l’azienda militare Rafael nello sviluppo di sistemi di sorveglianza e sicurezza marittima. «Israele è leader mondiale in questo campo — ha spiegato a L’Indipendente Ionne Guerrini di BDS —: dove ci sono progetti che richiedono lo sviluppo di dispositivi militari, Israele c’è, perché ha la possibilità di testarli direttamente sul campo, sulla pelle dei palestinesi». «Ufficialmente l’incontro di UnderSec è stato annullato per mancanza di iscritti — continua Linda Maggiori —, in realtà noi pensiamo sia accaduto perché la città si è ribellata».

Se da una parte i cittadini fanno sentire la propria voce, dall’altra continua il silenzio complice delle istituzioni locali e regionali che, in linea con quanto accade nei governi di tutta Europa, da un lato condannano il massacro a Gaza ma dall’altro non adottano alcuna misura concreta. Sia il sindaco di Ravenna, Michele de Pascale, sia il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, hanno dichiarato di voler interrompere le relazioni con Israele e si sono detti sorpresi del passaggio di armi attraverso il porto. In realtà, sottolineano gli attivisti, le istituzioni sono perfettamente a conoscenza sia del progetto UnderSec sia dei traffici che avvengono nello scalo, dove la principale società di gestione, la Sapir, è controllata in maggioranza da Regione, Comune e Provincia.
 
«Questa manifestazione ha proprio lo scopo di obbligare le autorità a uscire dal silenzio — conclude Ionne Guerrini —. Le dichiarazioni della Corte penale internazionale impongono alle istituzioni di prendere provvedimenti. Altrimenti sono complici di genocidio». E purtroppo lo siamo anche noi.

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Fulvio Zappatore

Nato a Cesena nel 1984, muove i primi passi nel giornalismo scrivendo articoli per la stampa locale. Dopo la laurea in Storia contemporanea diventa professionista e inizia a dedicarsi anche al giornalismo televisivo. Collabora a L’Indipendente come corrispondente dall’Emilia-Romagna.