Un uomo di 41 anni è deceduto all’ospedale di Reggio Emilia dopo essere stato colpito con un taser dalla polizia durante un intervento avvenuto alle prime ore del mattino di ieri, lunedì 15 settembre, a Massenzatico. La vittima, descritta come in stato di forte stato di agitazione al momento del fermo, è stata soccorsa ma non ha superato la crisi. La Procura ha aperto un’inchiesta per chiarire le circostanze. Si tratta del terzo decesso in meno di un mese legato all’uso della pistola elettrica, dopo quelli di Gianpaolo Demartis a Olbia ed Elton Bani nell’hinterland genovese. Il taser, ufficialmente strumento di dissuasione, è stato già associato ad altri casi mortali in Italia, sollevando polemiche sulla sua pericolosità: tra il 2024 e i primi mesi del 2025, si contano altri cinque decessi avvenuti dopo il suo utilizzo da parte delle forze dell’ordine.
«Il taser resta uno strumento necessario per contenere soggetti violenti evitando il ricorso al contatto fisico o all’uso di armi letali» ha dichiarato [1] Giuseppe Tiani, segretario generale del SIAP (Sindacato Italiano Appartenenti Polizia). Le polemiche al riguardo «non possono diventare un pretesto per attaccare strumentalmente le forze di polizia», riferisce Tiani, che definisce «infondato, offensivo e irresponsabile» paragonare il taser alla tortura. Era stata Irene Testa, garante dei detenuti della Sardegna, l’ultima a definire [2] il taser uno strumento di tortura all’indomani della morte di Gianpaolo Demartis, bloccato con un taser dalle forze dell’ordine lo scorso agosto e successivamente deceduto a bordo dell’ambulanza intervenuta per soccorrerlo.
I decessi sempre più numerosi legati all’utilizzo della pistola a impulsi elettrici rendono la definizione di «arma non letale» sempre meno calzante. Se utilizzato su persone cardiopatiche, o con attività cardiaca alterata dall’uso di droghe, il taser (che a contatto col bersaglio libera [3] onde da 50 mila volt) può infatti portare al decesso del soggetto colpito. Proprio per questo motivo, una settimana fa è stata presentata [4] un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Piantedosi, nella quale il deputato Magi (+Europa) ha ricordato l’esistenza di una «ampia letteratura» sulla pericolosità dell’arma, anche alla luce dei decessi recenti. Piantedosi ha tuttavia escluso che gli ultimi eventi letali di cronaca siano collegati all’uso del taser – nonostante le indagini siano ancora in corso – e ha definito la pistola a impulsi elettrici un «elemento imprescindibile» per gli agenti. In quanto «strumento difensivo e non offensivo, dissuasivo e non repressivo, non deve essere oggetto di polemiche ideologiche, pretestuose e infondate nei confronti dell’operato delle Forze di Polizia».
Negli Stati Uniti, dove viene impiegato fin dagli inizi degli anni 2000, dal 2001 al 2018 sono stati oltre mille i casi di decesso legati all’utilizzo del taser, come ricorda [5] Amnesty International. «Gli studi medici a disposizione sono concordi nel ritenere che l’uso delle Taser abbia avuto conseguenze mortali su soggetti con disturbi cardiaci o le cui funzioni, nel momento in cui erano stati colpiti dalla Taser, erano compromesse da alcool o droga o, ancora, che erano sotto sforzo, ad esempio al termine di una colluttazione o di una corsa». A questo, si aggiungono i potenziali danni permanenti a cuore e sistema respiratorio che possono seguire alle scariche multiple. Nonostante ciò, il governo attuale punta a estenderne sempre più l’utilizzo anche in Italia.