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La NATO lancia l’operazione Sentinella dell’Est per “difendere il confine orientale”

La NATO ha annunciato il lancio della missione “Eastern Sentry” (Sentinella dell’Est), un’operazione volta a blindare il fianco orientale dell’Alleanza, dopo la presunta incursione [1] di droni russi nello spazio aereo polacco, nella notte tra il 9 e il 10 settembre. L’episodio ha fatto da detonatore per il dispiegamento [2] di circa quarantamila soldati lungo i confini orientali con la Bielorussia e la Russia e, ora, per l’iniziativa che prevede l’impiego di aerei da combattimento, fregate, sistemi radar e capacità anti-drone, con il contributo di diversi Stati membri, tra cui Germania, Francia, Regno Unito, Danimarca e Paesi Bassi. «Che l’attacco sia stato intenzionale o meno la Russia ha violato lo spazio aereo della NATO, su una scala mai vista prima», ha stigmatizzato in conferenza stampa il Segretario generale dell’Alleanza Atlantica Mark Rutte [3], che ha anche sottolineato che il compito della NATO di scoraggiare le aggressioni e difendere ogni alleato comporta l’importanza di salvaguardare il fianco orientale. La missione coprirà, pertanto, un’ampia fascia geografica, dal Mar Baltico al Mar Nero, con l’obiettivo di garantire sorveglianza costante e una risposta rapida a eventuali minacce. Tra le opzioni discusse figura anche l’istituzione di una no-fly zone parziale sul confine polacco-ucraino, che resta però solo a livello di ipotesi, in modo da abbattere droni “nemici” prima che entrino in territorio NATO. Per attuarla servirebbe un consenso che appare tutt’altro che scontato, specie da parte degli Stati Uniti, che mantengono ancora una riserva. La no-fly zone presuppone, infatti, capacità di ingaggio, regole chiare e comporta rischi di escalation che potrebbero trascendere il teatro polacco-ucraino.

Il comando dell’operazione sarà affidato al generale Alexus Grynkewich, Supreme Allied Commander Europe, che ha sottolineato come la missione sia stata concepita per essere “agile” e “flessibile”, in grado di adattarsi alle diverse minacce che potrebbero emergere. Rispetto ad altre iniziative già in atto sul fianco est, Eastern Sentry punta ad aumentare il coordinamento tra le forze alleate e a introdurre nuove tecnologie contro le incursioni aeree a bassa quota, in particolare quelle condotte con droni a basso costo. Sul piano operativo, l’Alleanza ha stabilito che la missione avrà un carattere modulare: tra gli asset confermati ci sono: aerei da combattimento forniti da Francia (Rafale), Germania (Eurofighter), Danimarca (F-16), una fregata danese, radar avanzati, sistemi anti-drone. Il Regno Unito ha annunciato che fornirà un contributo operativo, anche se non sono ancora stati resi pubblici i dettagli. L’insieme costituisce un rafforzamento preventivo delle capacità difensive, volto a coprire possibili lacune evidenziate dagli episodi recenti. L’attività multidominio “avrà inizio nei prossimi giorni” e proseguirà per un periodo di tempo non specificato. L’Occidente celebra la decisione come una tappa che dimostra unità e immediatezza di reazione al presunto sconfinamento di droni russi, ma l’operazione rivela, più di altro, alcuni limiti operativi e fragilità nei cieli dell’Alleanza fino a oggi ignorati o trascurati. Uno è la difficoltà di attribuire con certezza origine e intenzionalità: non esistono a oggi, prove definitive che colleghino i droni sconfinati nel territorio polacco a ordini espliciti da Mosca, né che il loro attraversamento dello spazio aereo polacco fosse intenzionale. Il Cremlino, tramite Dmitrij Peskov, ha definito le accuse di Varsavia e NATO infondate e prive di prove, mentre il Ministero della Difesa russo ha chiarito che i droni non avessero obiettivi in Polonia e, dubitando della loro capacità tecnica di raggiungerla, si è reso disponibile a chiarimenti bilaterali. Un secondo punto riguarda la preparazione difensiva: il sistema anti-droni polacco noto come “SkyCTRL” era, secondo fonti interne, in ritardo di modernizzazione di molti mesi per ragioni di bilancio e, quindi, non pienamente operativo al momento dell’incidente. Ciò indica che alcune delle difese anti-drone previste non erano pronte, oppure non erano dispiegate nei punti più critici. Un terzo limite è la copertura radar e la sorveglianza: la rapidità con cui droni a bassa quota, con ridotto segnale radar, possono eludere i controlli evidenzia che le capacità di identificazione precoce non sono uniformemente diffuse. La reazione del 10 settembre è stata possibile grazie allo sforzo coordinato di vari Stati membri, ma non sempre risulta chiaro quanto siano pronti e interoperabili i sistemi antiaerei, antidrone, radar terrestri, sistemi di allerta rapida, commando unificato.

Con Eastern Sentry, il fianco orientale dell’Alleanza diventa un’area di monitoraggio permanente, dove sistemi aerei, navali e terrestri opereranno congiuntamente per intercettare e neutralizzare eventuali nuove intrusioni. L’operazione rappresenta un banco di prova per la capacità dell’Alleanza di reagire in modo coordinato e mostra in maniera inequivocabile che l’Alleanza sta militarizzando l’est europeo con decisioni che procedono anche in assenza di prova definitiva su origine e intenzionalità delle violazioni aeree. Le conseguenze potranno essere molteplici: aumento dei costi per gli Stati membri, rischio di errori o incidenti in aree di confine dove la presenza militare si intensifica; possibili escalation dovute a fraintendimenti; pressione diplomatica crescente tra NATO e Russia. Eastern Sentry è dunque un test operativo e politico per la NATO, chiamata a dimostrare la capacità di garantire sicurezza reale e non solo deterrenza visibile. La missione richiede garanzie di trasparenza e verifiche sulle responsabilità, e solo il suo dispiegamento concreto e prolungato potrà fornire tali risposte.

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Enrica Perucchietti

Laureata con lode in Filosofia, vive e lavora a Torino come giornalista, scrittrice ed editor. Collabora con diverse testate e canali di informazione indipendente. È autrice di numerosi saggi di successo. Per L’Indipendente cura la rubrica Anti fakenews.