La Polonia ha annunciato lo schieramento di circa quarantamila soldati lungo i confini orientali con la Bielorussia e la Russia. La decisione arriva alla vigilia delle esercitazioni militari congiunte Zapad-2025, che Mosca e Minsk conducono regolarmente e che, secondo Varsavia, rappresentano una minaccia diretta alla sicurezza nazionale. A questo si aggiungono le recenti violazioni [1] dello spazio aereo polacco da parte di 19 droni non identificati, ma ritenuti “russi”, considerate un’ulteriore provocazione e un segnale che la tensione è destinata ad aumentare. Dopo aver invocato l’articolo 4 della NATO, il governo guidato da Donald Tusk ha motivato la mobilitazione come una misura difensiva. Il viceministro della Difesa, Cezary Tomczyk, ha ricordato come nel 2022 queste esercitazioni, per natura “offensive”, siano state di preparazione all’invasione in Ucraina. Contestualmente, Varsavia ha deciso di chiudere parzialmente il proprio spazio aereo, elevando lo stato di allerta interna.
Gli alleati hanno reagito in modo compatto. Il comandante supremo della NATO, il generale statunitense Alexus Grynkewich, ha comunicato al ministero della Difesa polacco un pacchetto completo di soluzioni di supporto. Londra ha annunciato la disponibilità a inviare uno squadrone di Typhoon, da integrare al sistema di difesa aerea dell’Alleanza. Berlino ha reso noto che estenderà e amplierà la propria missione di sorveglianza, aumentando a quattro gli Eurofighter schierati e prolungandone l’impiego fino a fine anno. Parigi, dal canto suo, ha deciso di mobilitare tre Rafale con l’obiettivo di rafforzare la protezione dello spazio aereo polacco. Per agevolare le operazioni radar, la navigazione civile nelle aree orientali sarà parzialmente limitata. A Bruxelles non si nasconde che l’incidente dei droni possa offrire lezioni da trarre, sebbene al momento il Cremlino abbia smentito che i droni sconfinati sul territorio polacco fossero russi. Tuttavia, la questione più spinosa resta quella delle regole d’ingaggio: impedire ai velivoli di entrare nello spazio aereo significherebbe agire oltre i confini dell’Alleanza, scenario che oggi nessuno sembra pronto ad avallare. Zelensky ha proposto la creazione di una task force congiunta ucraino-polacca per la protezione dei cieli, definita da alcuni diplomatici un passo avanti decisivo, ma al momento difficilmente realizzabile, soprattutto per la posizione prudente degli Stati Uniti. Donald Trump [2], pur condannando le incursioni, ha minimizzato parlando di un possibile errore e ribadendo l’intenzione di ridurre gradualmente l’impegno diretto americano in Europa. Il presidente americano vorrebbe, anzi, riaprire l’ambasciata statunitense in Bielorussia nel prossimo futuro, per normalizzare i rapporti e rilanciare le relazioni economiche e commerciali col Paese. In questo quadro di graduale disimpegno USA, il sostegno immediato a Varsavia di Londra, Berlino e Parigi assume un significato politico ancora maggiore. Intanto, la Polonia ha ottenuto la convocazione di una riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, prevista per oggi pomeriggio a New York, per internazionalizzare l’accaduto e denunciare il comportamento del Cremlino.
La scelta di Varsavia mette in luce la fragilità del sistema di difesa europeo e atlantico. Le strutture non sono pienamente integrate, la protezione dello spazio aereo resta disomogenea e la gestione del contrasto ai droni evidenzia limiti tecnologici ed economici. Ne deriva un quadro instabile, in cui ogni esercitazione o violazione si traduce in motivo di allarme. La mobilitazione dei quarantamila soldati polacchi diventa così il simbolo di un’Europa che reagisce in modo frammentato, costretta a muoversi sotto pressione e incapace di dettare i tempi degli eventi. Resta tuttavia un punto decisivo: al momento non vi sono prove definitive che i droni caduti o sconfinati sul territorio polacco fossero russi. Prima ancora che venisse avanzata una prova, Tusk ha accusato la Russia di avere “aggredito” il Paese. L’affermazione si fonda sul richiamo a episodi analoghi precedenti, quando Varsavia aveva denunciato sconfinamenti russi nello spazio aereo utilizzati per colpire l’Ucraina o la caduta di droni sul territorio polacco. Da Mosca è arrivata una smentita netta. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato che “nessun obiettivo russo ha colpito il territorio polacco”, definendo infondate le accuse di Varsavia. Peskov ha poi rimarcato che i leader dell’UE e della NATO accusano “quotidianamente” la Russia di varie provocazioni, “il più delle volte senza nemmeno cercare di presentare alcuna argomentazione”.