BlackRock, la più grande società indipendente di gestione degli investimenti al mondo, ha ufficializzato un nuovo passo nel sistema bancario italiano: il fondo statunitense detiene ora una partecipazione aggregata del 5,011% nel capitale di Monte dei Paschi di Siena. La quota, comunicata a Consob, è suddivisa in tre componenti: circa il 3,174% in azioni con diritto di voto, poco più dello 0,548% in titoli in prestito e l’1,289% in strumenti derivati regolati in contanti. Non si tratta, quindi, soltanto di una semplice esposizione azionaria, ma di un investimento strutturato che consente al gruppo di espandere e rimodulare la propria posizione. L’incremento è maturato nell’ambito dell’offerta pubblica di acquisto lanciata da MPS su Mediobanca, che ha rappresentato un’occasione strategica per consolidare la presenza del colosso americano in una fase cruciale del settore bancario italiano. La banca senese, ancora oggi simbolo di crisi, salvataggi pubblici e rinascita, è diventata una pedina fondamentale nella partita che riguarda Mediobanca e, di riflesso, l’intero equilibrio creditizio del Paese.
La quota del gigante della finanza internazionale non va interpretata come un dato isolato, bensì come il segnale del ruolo crescente che i grandi fondi internazionali hanno acquisito nelle assemblee e nei consigli delle principali istituzioni finanziarie nazionali. Nonostante non esercitino un controllo diretto, partecipazioni che oscillano intorno al 5% permettono di incidere nelle decisioni strategiche, influenzando politiche di fusione, governance e direzione industriale. BlackRock [1] da tempo accumula quote nelle principali banche italiane: nel capitale di Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco BPM e BPER il fondo americano compare tra i primi azionisti. In alcuni casi, le sue quote si attestano stabilmente sopra il 5% (è il caso di UniCredit), in altri fluttuano a ridosso della soglia che impone comunicazioni obbligatorie alla Consob. La logica è quella di una strategia a largo raggio: non puntare sul controllo diretto di un singolo istituto, ma distribuire partecipazioni tali da garantire voce in capitolo nell’intero settore. Una rete che, nel suo insieme, consente a BlackRock di essere interlocutore obbligato non solo per le banche, ma anche per i decisori politici e regolatori. Più in generale, la strategia di scalata al sistema bancario europeo rivela l’influenza di BlackRock, il cui obiettivo, come sollecitato da Larry Fink, è costruire «un sistema bancario europeo unificato», di fatto sotto il controllo del fondo stesso. Con questa mossa, la società mira a eliminare gli unici veri concorrenti presenti in Europa, ossia, i colossi bancari francesi. Questo processo deve essere inquadrato in un quadro geopolitico ed economico più vasto. Oggi, BlackRock gestisce patrimoni per oltre 10.000 miliardi di dollari e impiega oltre 21.000 persone distribuite in più di 30 Paesi, operando tramite decine di uffici sparsi nel mondo. Il fondo è tra i principali azionisti di molte grandi imprese occidentali e ha un ruolo determinante non solo nei mercati finanziari, ma anche nelle infrastrutture e nei settori strategici ed è capace di condizionare l’andamento dell’economia globale e di singoli Paesi. La sua forza di fuoco finanziaria è pressoché illimitata rispetto a quella degli Stati europei, soprattutto di quelli del Sud, ancora piegati da decenni di austerità e da bilanci pubblici fragili. È proprio questa debolezza a offrire opportunità: governi alla ricerca disperata di capitali freschi per coprire i proprio deficit aprono le porte a fondi e colossi che arrivano con risorse enormi e capacità di penetrazione globale.
Il nostro Paese non fa eccezione: anzi, rappresenta uno dei terreni più fertili di questa avanzata. I grandi fondi d’investimento non si limitano al settore bancario: operano acquisizioni e consolidamenti in comparti strategici come l’energia, la tecnologia, i trasporti, l’aerospazio, la difesa e la sicurezza. L’Italia, indebolita da anni di austerità, è diventata così un territorio di caccia privilegiato, dove capitali stranieri si appropriano di quote crescenti delle infrastrutture e delle industrie considerate vitali. A fronte di bilanci fragili e della necessità di attrarre capitali, il governo italiano stende tappeti rossi, offrendo agevolazioni e corsie preferenziali che arrivano fino a Palazzo Chigi. Così, l’afflusso di risorse garantisce stabilità ai mercati e sostiene operazioni complesse come l’OPA su Mediobanca, ma al prezzo di una progressiva cessione di sovranità economica. Il caso Monte dei Paschi mostra come la combinazione tra crisi interne e potenza finanziaria esterna stia ridisegnando gli equilibri del credito nazionale. La presenza di fondi americani appare una garanzia di solidità, ma mette in discussione la reale capacità dell’Italia di orientare il futuro del proprio sistema economico.