Cercare lavoro è ormai diventato un lavoro a tempo pieno: le aziende ricevono un numero crescente di curriculum, rispondono sempre meno e spingono i candidati a inviarne ancora di più. Un circolo vizioso e disumanizzante, aggravato dal fatto che sia imprese che aspiranti dipendenti affidano sempre più spesso la gestione delle candidature alle intelligenze artificiali. La soluzione? Secondo OpenAI, ancora una volta, l’intelligenza artificiale. Il colosso dell’IA ha annunciato il lancio di una piattaforma pensata per incrociare domanda e offerta di lavoro, nonché un servizio di certificazioni pensato per attestare il livello di competenza nell’uso dei modelli linguistici di grandi dimensioni.
Queste iniziative, per ora limitate agli Stati Uniti, vengono presentate come un’“espansione delle opportunità economiche attraverso l’IA [1]”: una risposta al fatto che proprio la diffusione capillare di queste tecnologie sta contribuendo a sgretolare un mercato del lavoro già dissestato. Per OpenAI, gigante del settore dell’intelligenza artificiale, la chiave risiede tutta nell’imparare a utilizzare meglio gli strumenti che commercializza, nell’“adattarsi” e trovare nuovi metodi operativi. “Non possiamo eliminare questa perturbazione [lavorativa], ma possiamo aiutare più persone a diventare fluenti nell’uso dell’IA e connetterle alle aziende che hanno bisogno delle loro competenze”, sostiene l’azienda.
Fulcro del progetto è una nuova piattaforma di abbinamento del lavoro, la quale è stata progettata per dialogare con grandi e piccole imprese, ma anche con enti governativi. Già prima del lancio, OpenAI riferisce di avere avviato collaborazioni con i gruppi di consulenza Accenture e Boston Consulting Group, con il motore di ricerca Indeed, con diverse associazioni d’impresa e persino con l’ufficio del governatore del Delaware. Ancor più rilevante, OpenAI ha già imbastito una collaborazione con Walmart, il più grande datore di lavoro privato degli USA, per strutturare percorsi di aggiornamento nel settore dell’IA.
Parallelamente, l’azienda punta a potenziare la propria “Accademia”, una piattaforma formativa con corsi e workshop che presto inizieranno a rilasciare certificazioni utili ad attestare le proprie competenze. Non ci sarà bisogno di seguire lezioni o registrare presenze, si potrà risolvere l’intero iter formativo direttamente su ChatGPT, senza mai uscire dall’app. L’obiettivo è quello di assegnare un attestato di alfabetismo digitale ad almeno 10 milioni di statunitensi nell’arco dei prossimi cinque anni.
L’annuncio pubblicato da OpenAI è però scevro di dettagli tecnici. Non è chiaro se i servizi saranno gratuiti o a pagamento, quale peso avranno gli attestati nel collegare candidati e aziende, né se questi documenti potranno essere rilasciati anche da enti terzi. Ancor più, non sono fornite informazioni su quali misure verrranno eventualmente assunte per mitigare le ben note criticità dei sistemi di IA, i quali vanno dalla discriminazione nei confronti delle fasce vulnerabili alla costante presenza di “allucinazioni”. A ben vedere, OpenAI non specifica neppure se la piattaforma di ricerca lavorativa sarà sorretta dall’intelligenza artificiale o da algoritmi più tradizionali e prevedibili.
A questo si somma il fatto che gli effetti benefici dell’integrazione delle IA in contesto lavorativo sono ancora tutti da verificare [2]. La ricerca evidenzia risultati estremamente contrastanti: alcune fonti parlano esplicitamente di un calo della produttività che può dipendere dall’inaffidabilità degli strumenti stessi [3] o da una loro implementazione goffa e disordinata [4]; altre indagini evidenziano invece miglioramenti delle performance [5] sul breve periodo e proiezioni ottimistiche [6] sul come le IA potranno rivoluzionare in positivo il mercato del lavoro.
Secondo [7]Bill Gates, nell’arco di dieci anni scompariranno ruoli come quelli di insegnanti e medici. Gli umani, semplicemente, non saranno più necessari “per la maggior parte delle cose”, una rivoluzione industriale che, qualora prendesse forma, potrebbe causare sconvolgimenti sociali radicali. E non è detto che tutti i lavoratori considerati a quel punto superflui possano reinventarsi per adattarsi al nuovo modello. La stessa OpenAI riconosce che i “programmi di sviluppo e riqualificazione delle competenze hanno ottenuto risultati misti e non sempre hanno portato a impieghi migliori o stipendi più alti”, quindi l’azienda tech ha deciso che si concentrerà soprattutto sullo sviluppare programmi di addestramento che siano in linea ai bisogni delle imprese, così da raffinare i “talenti che queste devono vedere nei lavoratori”.