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La manovra finanziaria sta portando la Francia sull’orlo di un’altra crisi di governo

Meno di un anno dopo l’ultima crisi di governo, la Francia si trova nuovamente ad affrontare un potenziale crollo dell’esecutivo, e le ragioni sono le stesse dell’ultima volta. Il primo ministro francese François Bayrou ha infatti chiesto la fiducia all’Assemblea Nazionale per l’approvazione della legge di bilancio. Avanzata lo scorso luglio, la finanziaria per il 2026 prevede tagli in pressoché tutti i settori, dal sociale ai finanziamenti degli enti locali, e impone l’eliminazione di due giorni festivi. Escluso dai tagli, come in Italia, il settore bellico, per cui il presidente francese Macron ha chiesto un aumento della spesa di 3,5 miliardi rispetto all’anno corrente. Il voto si terrà il prossimo 8 settembre, e sembra essere destinato a fare cadere il governo: contro la finanziaria si sono infatti schierati tanto la sinistra de La France Insoumise quanto la destra di Marine Le Pen, e tutti i partiti di opposizione hanno già annunciato che voteranno contro la fiducia.

Bayrou ha annunciato che chiederà la fiducia lunedì 25 agosto, chiedendo ai partiti di opposizione di «scegliere tra caos e responsabilità». La finanziaria proposta da Bayrou prevede tagli per 43,8 miliardi di euro, con l’obiettivo di ridurre il deficit al 4,6%, contro l’attuale 5,8%. Un «anno bianco», come definito dal premier, doloroso ma necessario. Il «piano per dire “stop al debito”» prevede tagli generalizzati e misure specifiche. Tra queste ultime, una delle più contestate è stata quella di eliminare il lunedì di Pasqua e l’8 maggio, giorno della resa della Germania nazista, dal calendario dei giorni festivi; la misura, sostiene Bayrou, consentirebbe di frenare il tipico calo delle attività produttive che si registra in tali periodi dell’anno, ma è stata contestata tanto dalla destra quanto dalla sinistra.

Un’altra misura avanzata nella legge di bilancio e contestata dalle opposizioni è quella di congelare i finanziamenti sociali e le imposte, evitando dunque adeguamenti di pensioni, bonus e sussidi da una parte, e di tasse sul reddito e contributi dall’altra; sempre nel sociale, la proposta di legge prevede l’accorpamento di diversi bonus in un unico assegno. Bayrou ha proposto anche di aumentare le tasse sugli enti locali e di raddoppiare il tetto delle franchigie mediche; in ambito sanitario, il premier ha avanzato un piano per ridurre gli aiuti ai malati gravi e cronici, permettendo anche al medico di base di farli rientrare al lavoro e limitando la copertura totale dei farmaci quando lo stato di salute «non lo giustifica più».

La proposta di bilancio è stata presentata a metà luglio ed è stata sin da subito contestata da tutti i partiti di opposizione, che hanno avanzato proposte per soddisfare i bisogni della Francia, tutte rimaste inascoltate; Bayrou, dal canto suo, ha criticato i suoi oppositori, e, dopo che i dialoghi si sono arenati, i media del Paese hanno iniziato a parlare di una potenziale mozione di sfiducia bipartisan. L’annuncio del premier, insomma, arriva in un momento turbolento per la Francia, e la risposta delle opposizioni sembra preannunciare un cambio al vertice. Il Rassemblement National di Le Pen [1] conta 123 seggi in Assemblea e ha annunciato che voterà contro la fiducia. Anche i Verdi [2] (38 seggi) e i socialisti [3] (66 seggi) hanno detto che si opporranno alla fiducia. Jean-Luc Mélenchon [4], de La France Insoumise (71 seggi), è in linea con la propria coalizione e ha chiesto le dimissioni di Macron. Queste forze da sole potrebbero far cadere il governo; a esse, tuttavia, si aggiungono i comunisti e la destra repubblicana di Eric Ciotti.

Il governo Bayrou è il terzo dell’attuale legislatura, che ha poco più di un anno. Esso è salito al potere lo scorso dicembre, dopo la caduta dell’esecutivo [5] a guida Michel Barnier [6], durato appena tre mesi. Come il suo predecessore, anche quello di Bayrou è un governo di minoranza costituito dal centro macroniano e dal centrodestra repubblicano, e gode del sostegno esterno del Rassemblement National, che, pur non appoggiandolo, non vi si oppone come la sinistra. Tanto il vecchio governo Barnier quanto l’attuale governo Bayrou seguono la stessa logica politica: escludere dalla guida dell’esecutivo la sinistra, vincitrice delle elezioni [7], e il Rassemblement National, partito con il maggior numero di parlamentari, cercando al contempo di non scontentare almeno una delle due parti. Ancora una volta, tuttavia, la situazione di precarietà in cui versa l’economia francese ha causato una frattura che sembra difficile da risanare, facendo riemergere l’instabilità interna del Paese.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.