La giudice per le indagini preliminari di Cremona, Giulia Masci, ha archiviato l’inchiesta sull’ex raffineria Tamoil, giudicando le tracce di inquinamento presenti sul terreno dove sorgeva l’impianto «storiche». La barriera costruita per mitigare i danni, insomma, funzionerebbe correttamente e non ci sarebbero abbastanza prove per stabilire che l’area interessata sia soggetta a un nuovo inquinamento. La raffineria Tamoil ha cessato le proprie attività oltre dieci anni fa, quando l’azienda ha riconvertito l’area in un deposito e creato una barriera idraulica per proteggere l’ambiente circostante. Alcune analisi raccolte su campioni di suolo, tuttavia, avevano rilevato una massiccia presenza di surnatante, la componente dell’idrocarburo fossile che non si mescola con l’acqua, sollevando dubbi sulla reale tenuta della barriera. La decisione della gip ha suscitato critiche da Legambiente, dai Radicali, e dall’associazione Canottieri Bissolati, che denunciano la mancanza di indagini adeguate, contestando la validità delle misure di contenimento adottate.
La decisione di archiviare il caso dell’ex raffineria Tamoil arriva su richiesta del pubblico ministero Davide Rocco. Da quanto si legge nella sentenza, i consulenti tecnici non hanno riscontrato «alcuna criticità nella barriera idraulica che potesse far ipotizzare un suo cattivo funzionamento» e, non essendo stati segnalati episodi di nuovi sversamenti, hanno ricondotto le contaminazioni rilevate «a uno stato di contaminazione preesistente, ovvero agli effetti di sversamenti o perdite di idrocarburi avvenuti diversi anni fa sulle aree Tamoil e limitrofe». L’inquinamento, insomma, c’è, ma sarebbe lo stesso di sempre e non deriverebbe da un possibile malfunzionamento della barriera. Di diverso avviso i comitati per l’ambiente, i Radicali, e l’associazione sportiva Canottieri Leonida Bissolati, la cui sede risulta limitrofa alle aree dell’ex raffineria: «La prova di un nuovo inquinamento non è stata raggiunta perché i consulenti della Procura non hanno effettuato le indagini in ordine al tracciamento del prodotto», dalla sua evoluzione alla sua datazione, specificano i legali della Bissolati; questo genere di indagini, rimarcano, era stato in precedenza ritenuto necessario da una sentenza del TAR, rimasta inascoltata.
Il caso [1] dell’ex raffineria Tamoil risale al 2007, quando venne appurato che durante la sua attività l’impianto aveva prodotto un ingente inquinamento da idrocarburi nei terreni e nella falda sottostante l’area interessata. Quello stesso anno, Tamoil mise in funzione i primi sbarramenti idraulici per il contenimento dei danni ambientali. L’impianto venne chiuso nel 2011, con la firma di un accordo con il governo che prevedeva la sua riconversione in deposito e l’avvio delle opere di bonifica nelle aree interne. La bonifica, sostengono i comitati, non sarebbe mai iniziata. Per eluderla, denunciavano gli stessi lo scorso novembre [2], Tamoil ha presentato un progetto per la costruzione di un parco fotovoltaico di 5-6 megawatt: una normativa permette infatti di rimandare tali operazioni finché l’area ospita attività produttive, e Tamoil ha mantenuto operativo sul sito il suo stesso deposito.