La missione scientifica internazionale Noddsum, lanciata dal Centre National de la Recherche Scientifique, ha individuato e mappato oltre 3.000 fusti di scorie radioattive sui fondali dell’Atlantico nord-orientale. I rifiuti individuati sono parte di una discarica sottomarina composta da centinaia di migliaia di barili scaricati tra il 1946 e il 1993 da Paesi tra cui Italia, Francia e Regno Unito. I contenitori, sebbene spesso fortemente degradati, non hanno mostrato anomalie radioattive significative. Non esiste, tuttavia, tracciabilità sui materiali, ritenuti a bassa attività. La missione è durata un mese, durante il quale sono stati impiegati robot e campionamenti per studiare i siti e l’impatto sulla biodiversità; il CNRS prevede di lanciare una seconda missione per effettuare ulteriori rilevamenti sulle zone attorno ai barili.
La missione Noddsum, acronimo per Nuclear Ocean Dump Site Survey Monitoring (Monitoraggio del Sito di Scarico Nucleare Oceanico), è iniziata lo scorso 15 giugno e la prima spedizione si è conclusa l’11 luglio. Noddsum ha l’obiettivo di mappare e analizzare l’impatto sulle acque di parte dei 200.000 barili radioattivi scaricati da Italia, Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia e Svizzera nel Golfo di Buscaglia, che si estende dalla costa occidentale della Francia a quella settentrionale della Spagna. In totale, la missione ha localizzato con precisione quasi 3.350 fusti distribuiti su un’area di 163 chilometri quadrati, tra i 3.000 e i 5.000 metri di profondità, a 1.000 km a sud-ovest di Brest e 650 km a nord-ovest di La Coruña.
Secondo quanto spiega la squadra di ricerca, composta da 21 membri, le condizioni dei fusti rinvenuti variano notevolmente: alcuni sono stati trovati praticamente intatti, altri aperti, e altri ancora in avanzato stato di corrosione. La missione ha rilevato possibili perdite di materiale sconosciuto: non è infatti noto cosa i fusti contengano, poiché quando vennero scaricati non vi erano regole sulla tracciabilità; tuttavia, gli studiosi hanno spiegato che con ogni probabilità i barili dovrebbero contenere rifiuti a bassa intensità radioattiva, coperti da cemento o bitume. Nonostante le perdite, non sono state registrate attività radioattive anomale.
Dopo la spedizione, la missione è continuata – e sta continuando – anche in laboratorio: gli scienziati hanno infatti prelevato 300 campioni di sedimenti a circa 150 metri dai fusti, un totale di 5.000 litri d’acqua e 17 pesci che vivono nelle profondità marine. Pesci e materiale prelevati saranno sottoposti a misurazioni di laboratorio per valutarne l’eventuale contaminazione radioattiva. Nei prossimi due anni è prevista l’organizzazione di una seconda spedizione, per prelevare campioni di organismi marini e avvicinarsi ulteriormente ai barili.