L’Italia è uno dei Paesi più vulnerabili al rischio idrogeologico, con quasi il 95% dei suoi comuni esposti a frane, alluvioni, erosione costiera o valanghe. Lo ha ufficialmente reso noto il Rapporto Ispra 2025, che ha attestato come le superfici esposte a frane siano aumentate del 15% in tre anni, raggiungendo il 23% del territorio nazionale. A rischio oltre 5,7 milioni di persone, di cui oltre un milione di residenti in aree a pericolosità elevata. In forte crescita i fenomeni franosi in Alto Adige, Toscana, Sardegna e Sicilia. Nel 2024 sono state in particolare censite 636mila frane. I cambiamenti climatici aggravano il quadro, con eventi estremi sempre più frequenti e imprevedibili. Sul fronte costiero si registra invece un lieve miglioramento, con le spiagge in avanzamento che superano quelle in erosione di 30 km.
Il report [1] spiega che la superficie del territorio a rischio frane del nostro Paese aumentata del 15% rispetto al 2021, arrivando a coprire 69.500 km², pari al 23% del totale. Tra le aree più colpite ci sono quella di Bolzano, che ha visto un incremento del 61,2%, e le regioni Toscana (+52,8%), Sardegna (+29,4%) e Sicilia (+20,2%). L’incremento, puntualizza comunque Ispra, “è legato a un miglioramento del quadro conoscitivo” realizzato “dalle Autorità di Bacino Distrettuali e dalle Province autonome con studi di maggior dettaglio e mappatura di nuovi fenomeni franosi”. Nel frattempo, si constata che il rischio di frane più pericolose (P3 e P4) riguarda circa 1,28 milioni di persone. “Oltre 582.000 famiglie, 742.000 edifici, quasi 75.000 unità locali di impresa e 14.000 beni culturali sono esposti a rischio nelle aree a maggiore pericolosità da frana”, si legge nel rapporto.
Ispra ricorda come le alluvioni abbiano colpito duramente diverse regioni negli ultimi anni, come quelle in Emilia-Romagna nel 2023, con danni stimati in 8,6 miliardi di euro, e le inondazioni nelle Marche nel 2022. Le frequenti piogge intense e concentrate, a causa dei cambiamenti climatici, non fanno che amplificare la portata di tali fenomeni. Le flash flood – piene rapide – sono sempre più comuni e mettono a repentaglio anche zone un tempo considerate meno esposte. Questo aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi meteo, come sottolineato da Ispra, ha un impatto diretto su vite umane, edifici, aziende e beni culturali. Anche le zone montane non sono esenti da rischi idrogeologici: il 13,8% del territorio montano posto a quota maggiore di 800 m s.l.m., ovvero 9.283 km², è infatti soggetto a fenomeni valanghivi.
Se il pericolo legato a frane e alluvioni non fa che crescere, la situazione delle spiagge italiane fa intravedere segnali di speranza. Nonostante il rapporto evidenzi come l’erosione costiera continui a rappresentare “una minaccia concreta per numerosi tratti di litorale, con evidenti fenomeni regressivi documentati dai dati cartografici” (oltre 1.890 km di spiagge hanno subito alterazioni significative), si mette nero su bianco che la lunghezza dei tratti costieri in avanzamento ha visto un aumento di 30 km rispetto al passato. Questo dato positivo è da attribuire agli sforzi compiuti negli anni per contrastare l’erosione, come interventi di ripascimento e opere di protezione. Ciononostante, la gestione delle spiagge resta una sfida assai complessa: le aree naturali non trattate perdono porzioni di territorio molto più grandi rispetto a quelle sottoposte a interventi, che riescono a contenere l’erosione solo per alcune decine di metri.
A supporto della gestione del rischio idrogeologico, ISPRA ha creato strumenti come la piattaforma IdroGEO [2], che offre dati aggiornati sulla pericolosità del suolo, e il Repertorio nazionale degli interventi (ReNDiS [3]), che traccia gli interventi di difesa del suolo. Dal 1999 ad oggi, sono stati finanziati circa 26mila interventi per un valore di oltre 19 miliardi di euro. Il 2024 ha segnato l’inizio di un nuovo ciclo di aggiornamenti per le mappe di pericolosità alluvionale, che saranno pronte nel 2026.