Ci sono più di 2.500 galassie e sono tutte racchiuse in un piccolissimo angolo di cielo: è quanto rivelato dalla nuova immagine ottenuta grazie al telescopio spaziale James Webb, una delle più profonde mai realizzate dell’universo. Lo rivela l’Agenzia Spaziale Europea, aggiungendo che la regione osservata corrisponde al celebre Hubble Ultra Deep Field, rivisitata questa volta attraverso lo sguardo congiunto della Near-Infrared Camera (NIRCam) e dello strumento Mid-Infrared Instrument (MIRI). Dopo quasi cento ore complessive di analisi dei dati ottenuti, il tempo più lungo dedicato a Webb con un unico filtro sul medio infrarosso, i ricercatori hanno persino individuato galassie risalenti alle fasi iniziali della storia cosmica. Alcune sono apparse estremamente rosse, segno della presenza di polveri o di stelle molto antiche, mentre altre sono bianche e verdastre, tra le più lontane mai registrate. «Webb continua e amplia la tradizione dei campi profondi, rivelando nuovi dettagli e scoprendo galassie precedentemente nascoste», commentano i ricercatori a capo del progetto.
Lanciato nel dicembre 2021, il telescopio spaziale James Webb è progettato per osservare l’universo nell’infrarosso, con lo scopo di studiare la formazione delle prime galassie, l’evoluzione stellare e i sistemi planetari. Grazie ai suoi strumenti principali, NIRCam e MIRI, Webb riesce a penetrare la polvere cosmica e a rilevare oggetti estremamente lontani, la cui luce è stata spostata verso lunghezze d’onda più lunghe dall’espansione dell’universo, offrendo una visione più profonda e dettagliata rispetto a quella dei predecessori. Nel 2004, spiegano gli esperti, lo stesso campo era stato reso celebre dal telescopio spaziale Hubble (NASA/ESA) come Hubble Ultra Deep Field: un’area della costellazione della Fornace larga appena un decimo del diametro apparente della Luna piena, osservata per mesi tra settembre 2003 e gennaio 2004. All’epoca Hubble mostrò migliaia di galassie mai viste prima, aprendo la strada allo studio delle prime epoche dell’universo, ma la differenza principale rispetto a Webb è lo spettro osservato: Hubble operava principalmente nell’ultravioletto e nel visibile, mentre Webb si concentra sull’infrarosso, permettendo così di rilevare oggetti molto lontani la cui luce è “arrossata” dall’espansione cosmica o oscurata dalla polvere interstellare. Questa capacità, aggiungono, consente di osservare galassie formatesi pochi centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang, approfondendo la comprensione dell’evoluzione galattica e delle prime strutture cosmiche.

In particolare, lo strumento ha catturato immagini con i tre filtri a lunghezza d’onda più corta, integrate dai dati NIRCam, producendo una delle viste più profonde mai ottenute. Il risultato mostra centinaia di galassie estremamente rosse, probabilmente sistemi massicci oscurati dalla polvere o galassie evolute con stelle mature, e piccole galassie bianco-verdastre con elevato redshift, quindi tra le più distanti. I colori nell’immagine evidenziano caratteristiche diverse: arancione e rosso indicano galassie con polveri, intensa formazione stellare o nucleo attivo, mentre blu e ciano rappresentano galassie più luminose alle lunghezze d’onda più corte del vicino infrarosso. «Grazie all’elevata risoluzione del Webb, anche a lunghezze d’onda del medio infrarosso, i ricercatori possono risolvere le strutture di molte di queste galassie e studiare come viene distribuita la loro luce, gettando luce sulla loro crescita ed evoluzione», commentano [1] gli scienziati, aggiungendo che l’immagine conferma la continuità con Hubble, ma offre dettagli senza precedenti, fornendo alla comunità scientifica dati preziosi per svelare nuove evidenze.