- L'INDIPENDENTE - https://www.lindipendente.online -

Uno studio prova il legame tra inquinamento atmosferico e aumento dei casi di demenza

Esiste un legame significativo tra l’aumento del rischio di demenza e l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico, in particolare a quello dovuto a tre specifici inquinanti: è quanto rivela un nuovo studio guidato dai ricercatori dell’Unità di Epidemiologia del Medical Research Council (MRC) dell’Università di Cambridge, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato su The Lancet Planetary Health. Secondo l’analisi, che ha riunito i dati di oltre 29 milioni di persone provenienti da decine di studi condotti in diversi continenti, l’incidenza di demenza risulta significativamente correlata a biossido di azoto (NO2), fuliggine e PM2.5, il quale da solo comporterebbe un aumento del 17% del rischio di sviluppare la malattia per ogni incremento di 10 microgrammi per metro cubo di tale sostanza. «Il nostro lavoro fornisce ulteriori prove a supporto dell’osservazione che l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico esterno è un fattore di rischio per l’insorgenza di demenza», commenta la coautrice Haneen Khreis, aggiungendo che interventi politici urgenti sarebbero necessari per ridurre l’inquinamento e proteggere la salute pubblica.

La demenza, inclusa la malattia di Alzheimer, colpisce oggi oltre 57 milioni di persone nel mondo e, secondo le proiezioni, sarebbe in un aumento fino a 152 milioni di casi entro il 2050. Questo incremento, spiegano gli esperti, rappresenta una sfida sanitaria e sociale di proporzioni enormi, con ripercussioni dirette su pazienti, famiglie e sistemi sanitari già sotto pressione. Sebbene alcuni studi recenti suggeriscano un calo della prevalenza nei Paesi occidentali, resta alta l’urgenza di individuare le principali cause, al fine di suggerire interventi politici mirati. In questo contesto, l’inquinamento atmosferico è emerso negli ultimi anni come possibile elemento chiave. Tuttavia, fino a oggi, le prove disponibili erano frammentarie, spesso discordanti, e non sufficienti per stabilire con certezza un nesso causale. Per questo motivo la nuova ricerca, attraverso una revisione sistematica e una meta-analisi della letteratura, si è prefissata l’obiettivo di superare questi limiti, fornendo un quadro più solido dell’associazione tra inquinamento e demenza.

In particolare, il team ha incluso 51 studi complessivi, 34 dei quali nella meta-analisi vera e propria, utilizzando dati provenienti in larga parte da Paesi ad alto reddito, con 15 studi dal Nord America, 10 dall’Europa, sette dall’Asia e due dall’Australia. L’analisi ha individuato [1] un’associazione significativa tra la demenza e l’esposizione a tre inquinanti: il particolato fine PM2.5, il biossido di azoto (NO₂) e la fuliggine. Queste sostanze, prodotte da traffico veicolare, combustione di legna, attività industriali e centrali elettriche, sono note per penetrare in profondità nei polmoni e nel sistema circolatorio. Per il PM2.5, spiegano gli autori, ogni aumento di 10 μg/m³ è associato a un +17% di rischio relativo. Per il NO₂, il rischio sale del 3% ogni 10 μg/m³, mentre per la fuliggine, infine, il rischio cresce del 13% per ogni 1 μg per metro cubo. Affrontare l’inquinamento «può ridurre l’enorme carico di lavoro per pazienti, famiglie e operatori sanitari, alleggerendo al contempo la pressione sui sistemi sanitari sovraccarichi», secondo Khreis, la quale aggiunge che l’inquinamento può inoltre contribuire alla demenza innescando infiammazione cerebrale e stress ossidativo, meccanismi già noti anche nelle patologie cardiovascolari e polmonari. «Prevenire la demenza non è solo responsabilità dell’assistenza sanitaria», ma richiede anche azioni decise nella pianificazione urbana, nei trasporti e nella regolamentazione ambientale, sottolinea il coautore Christiaan Bredell, aggiungendo che le future ricerche dovrebbero garantire una maggiore equità e rappresentatività. «È probabile che siano necessari limiti più severi per diversi inquinanti», conclude [2] Clare Rogowski, coautrice dello studio, «mirati ai principali responsabili, come i settori dei trasporti e dell’industria».

Avatar photo

Roberto Demaio

Laureato alla facoltà di Matematica pura ed applicata dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Autore del libro-inchiesta Covid. Diamo i numeri?. Per L’Indipendente si occupa principalmente di scienza, ambiente e tecnologia.