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Palazzi al posto del bosco spontaneo: a Bologna è sotto attacco un altro polmone verde

Per il Comune è «uno spazio verde che promuove la mobilità dolce e sostenibile». Per molti cittadini è invece l’ennesimo polmone verde regalato alla speculazione edilizia. Nella zona nord-ovest di Bologna, tra la ferrovia e l’aeroporto, si estende un’area verde inaspettata: un bosco spontaneo cresciuto su una vecchia cava, chiusa e bonificata anni fa. Un ecosistema ormai maturo, popolato da acacie, ailanti, pioppi e querce. Un polmone verde che assorbe l’acqua, filtra l’aria, favorisce la biodiversità e mitiga l’effetto “isola di calore” in una zona dominata da asfalto e cemento: quella conosciuta come Bertalia-Lazzaretto. Ora il Comune ha deciso di abbattere una parte consistente di quel bosco per costruire una nuova zona residenziale: 159.000 metri quadrati complessivi, di cui 94.000 destinati all’edilizia privata.

Il progetto originale risale al 2007, è stato aggiornato nel 2017 — paradossalmente in parallelo con il piano urbanistico regionale sul “consumo di suolo zero”, e oggi è pronto a entrare nella sua fase operativa. «Ce ne siamo accorti poche settimane fa – racconta a L’Indipendente Licia Podda, biologa e membro del Comitato Bertalia-Lazzaretto – Organizzo spesso passeggiate nel bosco per esplorare il luogo e mappare la biodiversità. L’ultima volta, il 10 maggio, abbiamo trovato il passaggio che usiamo di solito per entrare chiuso con un cancello e un lucchetto».

Il comitato ha quindi scritto una lettera [1] aperta al Comune: «Assistiamo attoniti, tra imbarazzo e stupore, all’ennesimo tentativo di greenwashing da parte della giunta, che cerca di vendersi come ecologica mentre una vasta zona di bosco urbano, con alberi ad alto fusto, è destinata a essere rasa al suolo per lasciare spazio a un progetto di lottizzazione che prevede edilizia privata, pubblica e cementificazione indiscriminata».

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Il bosco spontaneo cresciuto nella zona Bertalia-Lazzaretto di Bologna

Quando si parla di greenwashing, ossia al tentativo di comunicare una grande attenzione all’ambiente mentre in realtà si agisce in tutt’altro senso, è inevitabile il riferimento agli ormai famigerati alberelli in vaso [3] posizionati in centro città per contrastare le ondate di calore, portando — almeno in teoria — ombra e refrigerio. Piazzati lì come figurine verdi per le foto dei turisti, mentre nelle periferie meno visibili il Comune abbatte alberi per far posto a strade ed edifici. Il comitato, nato circa un anno fa, si è attivato per approfondire il progetto: «Nel gruppo ci sono anche geometri e ingegneri urbanisti – continua Podda – Abbiamo analizzato gli atti pubblici relativi all’intervento e costruito un plastico per visualizzare come cambierebbe l’area». Il colpo d’occhio fa pensare subito al ragazzo della via Gluck di Adriano Celentano: «Là dove c’era l’erba ora c’è una città».

Il sindaco Matteo Lepore, informato dell’iniziativa, ha contestato l’accuratezza del plastico, affermando che «non riflette i dati reali del progetto» e ha invitato il comitato a un incontro chiarificatore previsto per settembre. Alla base delle preoccupazioni del comitato c’è l’impatto ambientale che la nuova colata di cemento potrebbe avere su tutta l’area: «Il progetto si fonda su dati raccolti nel 2007 – osserva Podda – ma da allora Bologna è cambiata profondamente: il clima si è fatto più instabile, l’urbanizzazione è aumentata e la consapevolezza ambientale è cresciuta. Negli ultimi anni abbiamo visto la città andare sott’acqua a causa delle piogge torrenziali. E sappiamo bene che la risposta non può essere coprire di cemento ogni spazio libero, ma piuttosto lasciare il suolo permeabile, in grado di assorbire l’acqua. Non si può affrontare il presente con strumenti del passato, come se fossimo ancora in un’altra epoca».

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L’area interessata dal progetto per come appare ora

Il Comune, nel frattempo, difende il progetto e parla di «una nuova comunità residenziale ecosostenibile», come si legge nella sezione Piano per l’Abitare [5] pubblicato sul portale istituzionale. A dicembre 2023 è stato bandito un concorso di progettazione per realizzare circa 236 alloggi, di cui 119 destinati a un nuovo studentato pubblico. L’intervento, una volta concluso, dovrebbe ospitare circa 700 persone, tra cui 180 studenti e studentesse. Il costo complessivo stimato è di 55 milioni di euro, interamente coperti da risorse comunali.

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Come diventerebbe l’area dopo la realizzazione del progetto urbanistico, secondo il plastico realizzato dal Comitato Bertalia-Lazzaretto

Anche la vicesindaca Emily Clancy ha difeso il progetto: «La superficie complessiva del piano è di 73 ettari – ha spiegato in Consiglio comunale – e di questi resteranno a verde oltre 30 ettari, vale a dire più del 40%. Inoltre, il Piano per l’Abitare porterà alla costruzione di alloggi a canone agevolato e residenze per studenti. Questa visione – ha aggiunto, facendo ricorso alle classiche parole chiave della retorica istituzionale – si traduce in un progetto paesaggistico che amplia e qualifica le superfici verdi, rafforza la continuità ecologica fra i comparti, contribuisce alla costruzione di una rete verde interconnessa e integra in modo virtuoso il verde pubblico con gli spazi abitativi, favorendo un equilibrio tra natura e insediamento urbano». Resta da definire, al di là della retorica da costruttori-green di cui abbonda la progettistica comunale bolognese, in che senso eliminare oltre il 60% del verde in uno dei pochi polmoni della città possa essere definito «un progetto paesaggistico che amplia e qualifica le superfici verdi».

«Noi non siamo contrari al progetto a prescindere – ha spiegato Licia Podda – ma vogliamo che venga fatta chiarezza su cosa si intenda per verde e su come si valuta il valore ecologico di un ecosistema esistente. Un bosco rinaturalizzato, cresciuto spontaneamente nel tempo, non può essere considerato equivalente a un prato piantumato o a una fila di alberelli decorativi. Serve trasparenza, aggiornamento dei dati ambientali e soprattutto un confronto reale con chi quel territorio lo vive ogni giorno». «Ci auguriamo che l’amministrazione sia capace di mediare tra queste istanze – ha commentato in aula il consigliere comunale Matteo Di Benedetto – ma, al netto di tutto quello che ci possiamo dire, il tema è chiaro: si parla sempre di contrastare le isole di calore e l’innalzamento delle temperature, ma poi si pongono in essere opere che vanno in senso diametralmente opposto».

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Fulvio Zappatore

Nato a Cesena nel 1984, muove i primi passi nel giornalismo scrivendo articoli per la stampa locale. Dopo la laurea in Storia contemporanea diventa professionista e inizia a dedicarsi anche al giornalismo televisivo. Collabora a L’Indipendente come corrispondente dall’Emilia-Romagna.