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In cinque anni, solo nella città di Roma, hanno chiuso 15mila negozi

Dal 2020 a oggi, nella sola città di Roma, hanno chiuso 15mila negozi. È l’allarme lanciato dal presidente di Confartigianato, Andrea Rotondo, che si basa su un’analisi dei dati di Infocamere. Dai 63.158 del 2020, si è infatti passati a 48.629 esercizi commerciali, con una perdita pari al 23% che ha coinvolto tutti i settori, a esclusione della grande distribuzione e del commercio digitale. Particolarmente colpiti i negozi di prodotti per uso domestico (diminuiti di oltre la metà), di prodotti per l’illuminazione (calati del 40%) e quelli di bigiotteria (36%). In fatto di perdita di negozi commerciali, la situazione romana risulta una delle peggiori del Paese, ma non è isolata: anche città come Milano e Firenze continuano a perdere negozi, e in generale in tutta Italia il numero delle attività del settore è in calo da anni.

Il numero dei negozi della capitale è in calo da tempo, e viaggia a un ritmo ben più sostenuto di quello delle altre città. «Si assiste ormai da anni ad una vera e propria desertificazione commerciale dei territori urbani», ha detto Andrea Rotondo. «È un’emergenza da affrontare». Rotondo riporta i dati di Infocamere, che mostrano un calo nella quasi totalità dei negozi commerciali romani: se si analizzano i settori merceologici, dal 2020 al 2025, Roma ha visto un calo del 53% dei prodotti per uso domestico, del 34% degli ambulanti, del 29% dei venditori di prodotti culturali, del 26% dei negozi di cosmetica, del 24% del settore arredamento, del 23% in fatto di abbigliamento, del 19% dei negozi di ferramenta, del 14% di gioiellerie, del 12% di informatica e telefonia, e dell’11% nell’alimentare. Crescono notevolmente, invece, il commercio digitale (del 29%) e le medie e grandi strutture (del 14%), e registrano un leggero aumento anche medicinali (1,60%) e materiali edili (1,33%). Lo scenario, insomma, è quello di crisi per la quasi totalità del settore commerciale, e prevalentemente per i piccoli commercianti.

Nella sua analisi dei dati, ripresa dal Corriere Roma, Rotondo si concentra sui cali registrati dalla capitale, sottolineando come i dati della città risultino ben più alti di quelli di altri grandi centri. A fine 2024, Roma è stata individuata come provincia con il maggior numero di chiusure anche dal sito di elaborazione statistica Truenumbers [1]. La capitale ha registrato il 7,37% delle chiusure totali, seguita da Napoli con il 7,12% e Milano con il 4,66%. Le province con il maggior numero di cessazioni per 100.000 abitanti sono state invece Cagliari con 120,77, Caserta con 95,97 e Savona con 94.91. In generale [2], in tutto il Paese il numero delle attività commerciali è in forte decrescita da anni. Nel Belpaese, dopo il picco del 2015, il numero dei negozi di vendita al dettaglio è sceso a ritmo sostenuto, tanto che nel 2024 si contavano 131.197 attività in meno rispetto a dieci anni prima, pari a un calo del 15% del totale. La situazione colpisce particolarmente i piccoli centri, tanto che 206 Comuni sono privi di qualsiasi attività commerciale [3]. A questi si aggiungono altri 219 Comuni che malgrado abbiano negozi commerciali, risultano privi di negozi di genere alimentare. In Italia, soltanto il 44% della popolazione italiana può accedere a un panificio entro 15 minuti, il 35% a una pescheria, il 60% a un fruttivendolo.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.