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La Lega ha presentato una legge per punire chi critica Israele

Su proposta del leghista e luogotenente salviniano Massimiliano Romeo, il Parlamento ha avviato la discussione sulla legge che mira a introdurre “Disposizioni per l’adozione della definizione operativa di antisemitismo, nonché per il contrasto agli atti di antisemitismo”. Una legge che in realtà va ben oltre la prevenzioni delle discriminazioni, con articoli che sembrano scritti apposta per criminalizzare critiche e manifestazioni contro Israele. La proposta mira infatti a introdurre la contestata definizione di antisemitismo prodotta dall’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto (IHRA), che identifica tali non solo critiche e manifestazioni contro le persone ebree, ma anche contro «le istituzioni della comunità», e quindi contro lo Stato ebraico. Inoltre la proposta Romeo prevede anche che sia negato il permesso «per ra­gioni di moralità» a manifestazioni che in base alla definizione della IHRA siano giudicabili antisemite.

La proposta della Lega è arrivata in Commissione Affari Costituzionali martedì 5 agosto. Essa era stata redatta a gennaio 2024 [1] e presentata dai senatori della Lega Massimiliano Romeo, Daisy Pirovano e Giorgio Maria Bergesio. In un’intervista, Romeo ha detto che «si auspica» che a settembre le discussioni procedano rapidamente. Il ddl [2] prevede l’adozione della definizione di antisemitismo dell’IHRA e prevede diverse misure di contrasto alle pratiche che verrebbero in tal senso definite antisemite. Di preciso, la proposta intende: creare una “banca dati di antisemitismo”, che registri i vari episodi che si verificano; applicare misure di controllo delle piattaforme social; formare docenti, educatori e membri delle forze dell’ordine sull’antisemitismo e su come applicare la nuova definizione; insegnare forme di contrasto e riconoscimento dell’antisemitismo nelle scuole; promuovere iniziative e campagne di sensibilizzazione attraverso radio, televisione, media, ed eventi sportivi. La misura più controversa, tuttavia, è quella che vieterebbe qualsiasiriunione o manifestazione pubblica” che abbia anche solo il “rischio potenziale” di rispecchiare la definizione di antisemitismo.

Non è un caso se la proposta di legge è giunta dal partito del “migliore amico di Israele [3]”. La definizione dell’IHRA [4], infatti, lungi dal difendere il popolo ebraico dal crimine di antisemitismo, finisce per tutelare lo Stato ebraico e fornirgli uno scudo contro le critiche. Malgrado si parli appunto di “definizione”, essa – su stessa ammissione dell’IHRA – non determina dei confini precisi entro cui inquadrare il termine, ma più propriamente descrive in senso generale cosa possa essere inteso come atto antisemita. Questo punto è reso esplicito nella guida [5] redatta dall’Alleanza per conto della Commissione Europea, in cui si legge che «il contesto generale deve essere tenuto in considerazione e l’antisemitismo non è limitato agli esempi forniti». Gli stessi punti elencati dall’IHRA sono estremamente vaghi: nel suo nucleo centrale l’antisemitismo è descritto come «una certa percezione degli ebrei, che può essere espressa come odio verso gli ebrei. Le manifestazioni retoriche e fisiche dell’antisemitismo sono rivolte verso individui ebrei o non ebrei e/o le loro proprietà, verso le istituzioni della comunità ebraica e le strutture religiose». Con “atto antisemita”, insomma, si intende anche la critica allo Stato di Israele.

Nonostante specifichi che «le critiche rivolte a Israele simili a quelle rivolte a qualsiasi altro Paese non possono essere considerate antisemite», l’IHRA si smentisce poco dopo: tra gli atti antisemiti citati a titolo di esempio vi è infatti l’applicazione di «doppi standard» nei confronti dello Stato ebraico, che si concretizza nel chiedere a Israele «un comportamento non atteso da o non richiesto a nessun altro stato democratico». Come sottolineato da una lettera aperta compilata da 104 ONG [6] – tra cui anche associazioni israeliane – questo punto «apre la porta all’applicazione dell’etichetta di antisemita a chiunque si concentri sugli abusi israeliani, purché si ritenga che abusi peggiori si verifichino altrove». Alla luce della definizione dell’IHRA sono stati presi di mira e accusati di antisemitismo «studenti e professori universitari, organizzatori di base, organizzazioni per i diritti umani e civili, gruppi umanitari e membri del Congresso degli Stati Uniti, che documentano o criticano le politiche israeliane e che si esprimono a favore dei diritti umani dei palestinesi», sottolinea la lettera. Effettivamente, l’applicazione delle definizioni dell’IHRA hanno spesso portato a identificare come antisemiti degli ordinari atti di protesta: è il caso del rapporto [7] pubblicato dalla Fondazione CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea) che individua proprio sulla base della definizione dell’IHRA quasi 900 casi di antisemitismo che si sarebbero verificati in Italia nel 2024. Tra questi, la Fondazione include murales con la scritta «Palestina libera», adesivi dove l’acronimo RAI è storpiato in Radio Televisione Israeliana, e inviti a boicottare i prodotti israeliani.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.