Il governo Meloni punta forte sulla comunicazione per riportare l’atomo in Italia. La Conferenza unificata tra governo, regioni ed enti locali ha infatti dato parere positivo alla legge delega sul «nuovo nucleare sostenibile», che prevede anche 7,5 milioni di euro tra il 2025 e il 2026 per campagne informative e azioni nei territori potenzialmente interessati a impianti. Nessun fondo analogo è destinato a rinnovabili o efficienza energetica, nonostante il 93% degli italiani chieda più impegno su questo fronte. Gli obiettivi nucleari italiani includono 0,4 gigawatt (GW) di piccoli reattori modulari entro il 2035 e 7,6 GW di fissione al 2050, tecnologie ancora lontane dall’essere disponibili.
La cifra stanziata [1] risuona come un campanello d’allarme per il Coordinamento FREE, principale rete italiana di associazioni delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. «Un intervento senza precedenti», sottolinea il presidente Attilio Piattelli, evidenziando il clamoroso sbilanciamento rispetto ad altre tecnologie energetiche cruciali per la transizione. Basti un confronto: il Decreto Legislativo 102/2014 [2] ha destinato un contributo massimo di appena 3 milioni di euro per informazione e formazione sull’efficienza energetica, spalmati però su un decennio (2021-2030). Una disparità che stride. Ma le perplessità vanno ben oltre la questione dei fondi. FREE solleva infatti dubbi sostanziali sulla roadmap nucleare italiana: i primi piccoli reattori modulari (SMR) sarebbero operativi verso il 2035, con un obiettivo di 7,6 GW (+ 0,4 GW da fusione) al 2050. Numeri che impallidiscono di fronte alla realtà delle rinnovabili: nel solo 2024 sono stati installati in Italia 7,48 GW di nuovi impianti puliti.
A ciò si aggiunge l’incertezza tecnologica ed economica che avvolge gli SMR, tecnologia ancora sperimentale, con costi sconosciuti e nessun impianto commerciale operativo al mondo. L’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) ha stimato che nel 2050 il nucleare rappresenterà appena il 10% della produzione elettrica globale. La spesa per la comunicazione pro-nucleare appare ancor più problematica se contestualizzata. L’Italia, infatti, non ha ancora risolto il problema fondamentale dello smaltimento delle scorie radioattive esistenti, ereditate dalle centrali del passato. Il deposito nazionale unico, pur tecnicamente individuabile, è un caso emblematico di paralisi politica. Ogni proposta di sito ha scatenato fortissime opposizioni locali, spesso sostenute proprio da quegli amministratori e forze politiche – anche di maggioranza – che oggi invocano il ritorno all’atomo.
Il via libera del Consiglio dei Ministri al disegno di legge delega sul cosiddetto “nuovo nucleare sostenibile” era arrivato [3] lo scorso 28 febbraio. Il provvedimento, composto da quattro articoli, affida al governo il compito di adottare, entro dodici mesi dall’entrata in vigore, una serie di decreti legislativi per disciplinare in maniera organica l’intero ciclo di vita della produzione di energia nucleare. Si prevede la sperimentazione, localizzazione, costruzione ed esercizio di nuovi reattori, insieme alla gestione dei rifiuti radioattivi e allo smantellamento delle vecchie centrali. Inoltre, verranno istituiti strumenti di formazione per nuovi tecnici e si valuterà la creazione di un’Autorità indipendente per la sicurezza e il controllo.
Un recente rapporto [4] dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA) ha sollevato molti dubbi in merito agli SMR. Sebbene inizialmente presentati come una soluzione economica e rapida rispetto alle centrali nucleari tradizionali, essi hanno infatti visto un aumento dei costi che spesso supera le previsioni iniziali, come dimostrano esempi concreti in Paesi come Russia, Cina, Argentina e Stati Uniti. Inoltre, i tempi di costruzione si sono rivelati molto più lunghi del previsto, mentre le rinnovabili proseguono con progressi rapidi. Un ulteriore problema riguarda l’incertezza e i rischi associati alla tecnologia, che rimane relativamente nuova. In Italia, dietro alle novità sul nucleare c’è anche una dirimente questione politica, dal momento che i referendum del 1987 e del 2009 avevano bocciato l’energia nucleare. Tuttavia, il governo attuale sostiene che il nucleare “sostenibile” rappresenti oggi una fonte sicura e pulita, diversa da quella oggetto del voto popolare passato.